[06/06/2011] News toscana

Con il voto anche l’ambiente torna in primo piano

Già con i Referendum previsti comunque vada con il nucleare non v'è dubbio che una serie di questioni estremamente delicate  erano e sono destinate a ricordarci che oggi con l'ambiente dobbiamo fare i conti senza manfrine o pretesti.

Ma è soprattutto il voto  destinato a imprimere anche a questi problemi  una carica  imprevista e ineludibile. Qualcuno ha già scritto che a Milano, ad esempio, è andata in crisi la cricca del cemento. E gli effetti non saranno certamente inferiori a Napoli e in tante altre realtà del paese. E il tutto non potrà non riverberarsi sul piano nazionale anche al di là dei temi referendari,

Nei giorni scorsi Repubblica ha dedicato nell'inserto economico un servizio dedicato alle 320 opere bloccate .-una vera mappa del non fare da Porto Tolle a Monselice- ostaggio dei Nimby. In Toscana in questi giorni tanto per non restare indietro qualcuno è tornato a chiedere il fermo dell'impianto Olt  di Livorno.

La mappa è più o meno nota e non risparmia nessun angolo d'Italia dagli inceneritori, all'alta velocità con le sue gallerie etc. Al blocco di tutta una serie di interventi e progetti in nome appunto del non fare si aggiungono le esigenze e proposte avanzate  dall'Ance perché  come avviene già in altri paesi  si ‘rifacciano le città sulla base di criteri antisismici, nuovi materiale etc così da far ripartire l'economia'.

La Confindustria in particolare denuncia  l'assenza di una politica che diventa a sua volta un freno alla realizzazione delle opere. La ricetta come l'ha spiegata di recente il vice presidente Cesare Trevisani sarebbe questa: «Bisogna riformare il titolo quinto della Costituzione in modo da eliminare i veti incrociati tra opere regionali e opere di interesse nazionale».

Insomma va messo nero su bianco che gli interessi nazionali superano quelli locali che poi tanto locali non sono in quanto anche regionali.

Trevisani considera  «giusto che ci siano i rappresentanti eletti negli enti locali che rappresentano l'intero territorio», mentre «non si capisce perché debbano esserci anche soggetti plurimi e intermedi come gli enti parco».

In soldoni non si pretende certo come  Berlusconi di fermare le ruspe contro le costruzione abusive ma di sgombrare il più possibile il campo da presenze istituzionali che possano dire la loro su interventi e progetti che sicuramente li riguardano perché la ricaduta di qualsiasi grande opera sulla dimensione locale è evidente.

La questione non è certo nuova solo se si pensa che quel titolo V della Costituzione che andrebbe secondo Confindustria rivisto è fermo al palo da un decennio. Insomma non è stato attuato e manco se ne parla nelle tante dispute sul federalismo che gira a vuoto ma lo si vorrebbe cambiare. E' singolare che non se ne chieda invece e finalmente la sua coerente attuazione proprio per superare anche taluni degli inconvenienti denunciati nell'articolo.

Ciò che oggi non funziona e alimenta soltanto o quasi la conflittualità istituzionale con crescente e paralizzante ricorso alla Corte Costituzionale è la leale collaborazione sul un piano di pari dignità tra stato, regioni ed enti locali; vale per centrali nucleari come per la gestione dell'acqua e non soltanto quelle dei rubinetti. E' rivelatore il riferimento -o meglio la sorpresa- di Trevisani che a dire la loro debbano essere anche i parchi, cioè i soggetti istituzionali espressione del sistema istituzionale che per legge debbono gestire e pianificare i territori più pregiati del paese.

Il punto di crisi infatti a cui si è giunti e che giustamente viene denunciato è dovuto proprio alla mancanza di una politica che non pretenda di affidare ad un solo soggetto centrale - spesso scombinato e costoso come si è rivelata la Protezione civile - che metta tutti gli altri in riga. Quella ricetta si è rivelata già rovinosa e riproporla non è saggio e non è neppure conveniente. Perché anziché pensare a modifiche sbagliate non si mette mano alla attuazione concreta di quel titolo V rimasto finora lettera morta?

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