
[09/06/2011] News
Tra poco i parchi italiani terranno la loro assemblea nazionale e tutto si può dire tranne che la cosa stia interessando o stimolando chi ha responsabilità istituzionali a qualche riflessione e impegno di cui pure c'è urgente bisogno. Non certo il ministero e il ministro dell'ambiente Prestigiacomo che dei parchi se ne stanno infischiando alla grande tanto che suscitano proteste dei francesi per l'abbandono del santuario dei cetacei. E non si dica che qua e là si nomina un commissario o un direttore o ci si felicita per la nascita di qualche pulcino di falco pescatore o il salvataggio di qualche colibrì perché ciò semmai conferma se ce ne fosse bisogno che i nostri parchi sono appunto da tempo orfani di una seria politica ed entrano in partita solo quando si devono fare i tagli finanziari o piazzare magari un amico.
Questa situazione è tuttavia rivelatrice di una crisi istituzionale più generale che fatica ad emergere anche tra gli addetti ai lavori.
Non è singolare che mentre a parole si dovrebbe addirittura riformare lo stato e il suo assetto in senso federalista ossia in grado di mettere in rete su un piano di pari dignità stato, regioni ed enti locali da cui dipendono - o dovrebbero dipendere- sempre più le politiche ambientali- proprio queste sono ignorate o strapazzate? Non è bastato infatti sbaraccare i consigli di quartiere mentre a chiacchere la dimensione locale va per la maggiore. Non è bastato togliere di mezzo le comunità montane mentre le aree metropolitane restano argomenti da bar. Non basta che per le province ci sia sempre qualcuno pronto a dire che sarebbe meglio mandarle in pensione. E non sono bastate neppure alluvioni catastrofiche e tragiche a ricordare a qualcuno da Roma in giù che le autorità di bacino sono tra color che son sospese e non solo per i soldi, perché poi si può scoprire che da qualche parte non si è riusciti a spendere neppure quei pochi a disposizione. Stessa cosa per certi fondi europei specie al sud.
Per i parchi è la stessa musica se non peggiore perché proprio nel momento in cui si dedicano giornate mondiali all'ambiente, alle foreste, alla biodiversità terrestre e marina i parchi finiscono in un angolo e non solo per la cattiveria di Tremonti, ma soprattutto per la latitanza del ministro e l'incompetenza di un ministero clandestino come non mai. Possibile che per sapere come stanno le cose in tutta una serie di situazioni ambientali ci si debba affidare ora all'ISPRA, ora a qualche associazione ambientalista o a quella dei coltivatori diretti, ma mai ad un documento o una relazione ministeriale previsti peraltro per legge ma da anni non predisposti e neppure richiesti dal parlamento. Parlamento dove in commissione ambiente del Senato si sta scodellando una legge che tagli del tutto fuori dalla gestione delle aree protette marine le regioni che al massimo possono essere sentire dal ministero. Ma su questo bisognerà tornare tanto è l'assurdità.
Come stupirsi perciò che sui parchi si sia detto di tutto e di più quasi senza colpo ferire; che sono poltronifici, spreconi, che l'anno prossimo sarà anche peggio, che si tolgano dalla testa di contare insomma sullo stato e se proprio vogliono far qualcosa vendano biglietti e se la vedano con i privati, insomma come per l'acqua o Pompei.
Anche da questi pochi accenni si può cogliere che tutto ciò avviene a 10 anni dal nuovo titolo V della Costituzione che imponeva appunto di ridelineare un nuovo governo del territorio non affidato unicamente allo stato centrale ma su un piano di pari dignità a stato, regioni, enti locali.
Ecco dopo un decennio di inadempienze e mentre si annaspa in vicende come quelle referendarie la Confindustria pensa che se vogliamo ripartire specialmente con le grandi opere quel titolo V va modificato così da sgombrare il campo da tutta una serie di coinvolgimenti regionali e locali con i loro pareri che fanno perdere tempo e ridare mano libera allo stato. La confindustria trova persino sorprendente che su certe cose si debba chiedere il parere del parco. E non mancano certamente anche amministratori locali e regionali -non parliamo del ministero- che vedrebbero di buon occhio la cosa; meno rogne ci sono meglio è. Ma è proprio qui che casca l'asino perché mai come in questo momento i beni comuni sono tornati alla ribalta specialmente dei giovani viola o arancioni che siano i quali non hanno nessuna intenzione di riaffidare la gestione dell'ambiente per le grandi come per le piccole opere ai Bertolaso di turno che passano sopra anche ai terremoti.
I parchi checché pensi confindustria ma anche qualche legislatore che dovrebbe aggiornarsi non solo vanno sentiti ma debbono operare, pianificare, programmare l'ambiente con le istituzioni che in più d'un caso devono darsi una mossa.
L'assemblea dei parchi sono certo che non mancherà di far sentire la sua autorevole voce e rispedire al mittente certe idee che non hanno neppure il pregio della novità visti i danni che hanno già fatto.