
[15/06/2011] News toscana
Ora che la maggioranza assoluta degli italiani ha deciso per "l'acqua pubblica" forse si può aprire una riflessione sui limiti della situazione attuale. L'esperienza fatta come ultimo direttore dell'azienda pubblica delle acque nella Val di Cornia (CIGRI) mi consente, forse, uno sguardo "lungo".
Il CIGRI aveva, come mandato imperativo, quello di gestire il servizio gravando al minimo sulle tariffe.
Fu questo a spingerci alla ricerca di finanziamenti esterni. Ricordo che l'acqua potabile a Piombino e a San Vincenzo fu portata con l'acquedotto "anello" e che, come lo scarico a mare di Salivoli ed il raddoppio del depuratore di Piombino, furono realizzati con finanziamenti Ue e quindi senza gravare sulle bollette dei cittadini.
Per i cittadini e per l'azienda pubblica fu una fortuna. Con la legge appena abrogata che consente al gestore un profitto sicuro sugli investimenti, sarebbe stata una disgrazia.
Per la stessa necessità di contenimento delle spese e di attenzione all'ambiente divenimmo gelosi custodi del sistema idrico. Per la prima volta in Italia si realizzò il modello matematico per la gestione delle falde e fu il CIGRI a denunciare gli abusi delle escavazioni di ghiaie, i danni al sistema di ravvenamento naturale ecc. Questo perché solo un sistema idrico sano ci permetteva di avere acque a basso costo per i cittadini.
Dall'ambiente si hanno le risorse naturali a più basso costo. Vale per l'acqua ma anche per il sole ed il vento.
Ed anche la realizzazione del progetto Fenice che utilizzava le acque reflue per venderle alle acciaierie era un modo per alleggerire le bollette, oltre che per risparmiare acqua pregiata e per fare di Piombino l'unica città al mondo che non scarica a mare neppure un litro di acqua depurata.
Quella esperienza fu interrotta, e sul perché non ho ancora sentito motivazioni convincenti. Ho visto solo, con piacere, che le stesse persone che affossarono quella esperienza facevano propaganda per il "SI". Bene.
Fu inaugurato, dopo quell'esperienza, il sistema della cosiddetta "privatizzazione" che invece ha separato la gestione degli impianti da quella della risorsa idrica.
E' venuta meno la necessità di contenere le tariffe, tanto è vero che gli aumenti dell'acqua sono stati ben più alti di quelli del costo medio della vita.
Infatti il meccanismo appena bocciato dai cittadini consentiva al gestore di effettuare investimenti, scaricando il costo in bolletta, maggiorato del 7% come "lecito profitto".
Quindi più nessuna necessità di salvaguardare le falde idriche, anzi ogni disastro ambientale era una manna per il gestore, perché giustificava nuovi investimenti con profitto garantito.
E' calata l'attenzione alla ricerca delle perdite della rete, finito ogni controllo sul sistema idrico, messo da parte il modello matematico.
Tanto al disservizio si rispondeva con nuove opere, con nuovi investimenti e quindi con automatici aumenti delle bollette ai cittadini sottostanti.
Per esempio le soluzioni tecniche, già suggerite dal CIGRI, necessarie per trovare acque a basso tenore di boro ed arsenico utilizzando l'acqua corrente del Cornia non sono state realizzate in attesa di giganteschi dissalatori, di tuboni per importare acque da altre province ecc. Insomma va bene tutto purché costi molto. Questa è stata la logica che ha prevalso.
Non perché i gestori italiani siano il demonio, ma perché il "peccato" era dentro il sistema. Un sistema, diciamolo, da capitalismo brezneviano, perché il profitto garantito poteva venire in mente solo ai neofiti del mercato in odor di wodka.
Come uscirne? Il presidente Rossi ha fatto proposte che condivido pienamente ma che vorrei impostare in altro modo.
Occorrono soluzioni "ambientali" perché il problema dell'acqua è troppo serio per lasciarlo nelle mani degli ingegneri.
E' un problema complesso, che deve vedere un intreccio di competenze e soprattutto che si basi sull'interesse pubblico inteso come interesse dei cittadini.
Quindi contenere i costi, proteggere l'ambiente e lavorare in una prospettiva di ingegneria ambientale per rinnovare il rapporto con il territorio, senza sprechi di energia e di denaro.
I cittadini, lo dicono anche gli esiti del referendum, vogliono contare e non hanno nulla in contrario a finanziare gli investimenti, purché siano controllati in modo trasparente e non siano un modo per fare la "cresta" tra i tassi bancari e quelli garantiti per legge.
Al CIGRI avevamo iniziato a far misurare la custumer satisfation cioè il gradimento del servizio da parte dei cittadini. Poi l'esperienza è stata interrotta, ma credo che vada ripresa perché i cittadini non hanno più voglia di delegare alla "politica" il giudizio sui loro interessi vitali.
Insomma ambientalismo e partecipazione. Mi sembrerebbero due belle parole di sinistra.
Ora, con questo bel voto, ci sono le condizioni per rinsavire.