
[28/06/2011] News
La giunta regionale del Molise ha approvato ieri una delibera per impugnare il decreto di concessione per trivellazioni al largo delle Diomedee emesso dal ministero dell'ambiente alla multinazionale irlandese Petroceltic. La Prestigiacomo, nonostante le proteste arrivate dal Molise, ha opposto solo il silenzio.
Di fronte alla scadenza dei termini per presentare il ricorso la Regione ha accelerato i tempi: «Siamo perfettamente nei termini - ha detto l'assessore all'ambiente del Molise, Salvatore Muccilli - Abbiamo fatto tutto quanto potevamo. Avevamo già contattato i nostri legali. Ora abbiamo impugnato il decreto, visto che dal ministero non è arrivata risposta. Abbiamo approvato la delibera di Giunta perfettamente nei tempi. Fiduciosi? Beh, non resta che aspettare e sperare. Noi abbiamo fatto tutto ciò che potevamo». Il Molise raggiunge così la Puglia e diversi Comuni, tra i quali anche Termoli (nello stesso Molise) e Vasto (in Abruzzo), che avevano già presentato ricorso al Tar.
Anche diverse associazioni ambientaliste hanno presentato ricorso al Tar del Lazio contro il programma di indagini della Petroceltic, impugnando il decreto del ministero dell'ambiente 126/2011 che valuta positivamente, sotto il profilo della compatibilità ambientale, un programma d'indagini sismiche proposto da Petroceltic Italia srl per l'individuazione e lo sfruttamento di giacimenti petroliferi sottomarini al largo delle coste abruzzesi, molisane e pugliesi.
Le associazioni ravvisano nel procedimento del ministero «numerosi vizi formali e sostanziali che inducono a dubitare della corretta individuazione e valutazione degli impatti ambientali che verrebbero arrecati all'ambiente marino» e sottolineano «il mancato coinvolgimento della Regione Puglia nella procedura, nonostante le isole Tremiti siano più vicine all'area di ricerca della Petroceltic dei comuni costieri di Abruzzo e Molise. Probabilmente per evitare un ennesimo parere sfavorevole da parte della Regione, che già l'anno scorso si era opposta a un altro progetto di ricerca alle Tremiti proposto dalla medesima società».
Gli ambientalisti sottolineano che «il permesso di ricerca è solo una frazione di un più ampio programma industriale che include 11 aree di indagine petrolifera, tutte confinanti tra loro, per un totale di 4mila chilometri quadrati di mare territoriale. Ciononostante questa autorizzazione ha formato oggetto di una Via singola, senza alcuna valutazione delle interferenze e degli impatti cumulativi riferiti alla iniziativa nella sua globalità. Così facendo il ministero dell'ambiente ha evidentemente violato i principi affermati solo un anno fa dal giudice amministrativo in relazione a un analogo progetto di ricerca frazionato in lotti della società Northern Petroleum (cfr. sentenza Tar Puglia - Bari, n. 2602/2010)».
Le associazioni chiedono al Tar del Lazio «di voler disporre, anche in via cautelare, la rinnovazione del procedimento nel rispetto dei principi di pubblicità e partecipazione, evidenziando il grave pregiudizio che l'utilizzo della tecnica air-gun può provocare in particolare sui mammiferi marini, come attestato dalle perizie necroscopiche eseguite nel dicembre 2009 sui capodogli che si spiaggiarono sulle coste garganiche in seguito a fenomeni di embolia gassosa».
Secondo Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente, una delle associazioni che hanno presentato il ricorso, «è partita una "lottizzazione" senza scrupoli del mare italiano che non risparmia nemmeno le 'Aree marine protette'. Una ricerca forsennata per individuare ed estrarre i 129 milioni di tonnellate che, secondo le stime del ministero dello sviluppo economico, sono recuperabili dal mare e dalla terra italiani. Ma il gioco non vale la candela. Agli attuali ritmi di consumo, queste riserve consentirebbero all'Italia di tagliare le importazioni per soli 20 mesi, col serio rischio di ipotecare, invece, per sempre il futuro di intere aree di importante valenza naturalistica e turistica».