[06/07/2011] News toscana

Riforma delle legge urbanistica, finalmente si punta sul recupero

Un passo avanti, ma bisogna rendere strutturale la manovra
Così si può commentare la proposta di modifica della LRT.1/2005 che la Giunta regionale ha trasmesso al Consiglio. Tralasciando la parte relativa alla SCIA che sostituisce la DIA recependo il "decreto sviluppo", il cuore della proposta è la definizione degli articoli da 74 bis a 74 sexies.

Si può definire sinteticamente la normativa come l'inizio di una nuova stagione del recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente. Però stavolta non si tratta di recuperare centri storici o altri insediamenti abbandonati e in degrado come avvenne alla soglia degli anni 80, ma di riqualificare gli insediamenti esistenti, la sterminata periferia degli ultimi 50 anni, dove il degrado è diverso, funzionale e paesaggistico prima ancora che socioeconomico o di grave decadenza edilizia, per quanto questo patrimonio sembri decadere, e decadrà molto prima di quello ormai antico.

E' giusto prevedere incentivi, ma proprio per questo la manovra non può essere a scadenza come indicato. Va bene l'atto di consiglio comunale che individua l'area di degrado urbanistico e socieconomico, va bene l'incentivazione fino al 35% della superficie lorda esistente; meno si comprende la modalità di acquisizione del piano d'intervento, del progetto preliminare di rigenerazione urbana, tramite concorso, avvio pubblico, non meglio specificato, anche se potrebbe essere invito all'aggregazione delle proprietà e/o imprese per dare corso ad un piano di recupero; ancor meno si capisce il senso dell'acquisizione di un progetto invitando tre professionisti.

C'è infine da fare una riflessione in merito agli interventi in favore delle attività ed insediamenti produttivi. Non esistono solo grandi o medie imprese, c'è un frazionamento ed una dispersione tipica del tessuto toscano delle PMI e allora si deve verificare se all'incremento di SLP possa corrispondere anche il frazionamento in più unità immobiliari dell'edificio produttivo per favorire la ricollocazione di imprese altrimenti disperse nel territorio e spesso in situazioni di incompatibilità ambientale ed urbanistica, di imprese che con 300 mq. di SLP possono traguardare sviluppo e contribuire ad una qualificazione territoriale.

Come dire che forse la riforma legislativa deve consentire dei margini di manovra ai comuni in relazione alle specifiche caratteristiche del tessuto di imprese locali fermi restando i limiti massimi di incremento della SLP stabiliti dalla proposta legislativa.

Tuttavia il segnale appare forte e chiaro, si cambia e non poco, perché negli ultimi anni si è molto costruito ex novo e poco recuperato in profondità i tessuti urbani esistenti, e forse per questo non deve stupire il relativo silenzio sulla proposta. Si cambia, ma si deve essere consapevoli che c'è necessità di continuare ed approfondire il tema, perché ci sono ancora resistenze: dalla facilità della costruzione ex novo, all'incasso degli oneri di urbanizzazione come linfa vitale per i comuni, dai guai della frammentazione della proprietà immobiliare alla storica e sostanzialmente speculativa gestione del credito immobiliare e alla mancanza di strumenti finanziari idonei, dalla cultura della conservazione passiva e funzionale alla stanca riproposizione di stilemi del passato che accomuna spesso frange estese di cittadini, associazioni e istituti culturali come le Soprintendenze, alla mancanza di una forte spinta all'innovazione di progetto, di processo produttivo e prodotto anche in architettura.

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