
[13/07/2011] News
Il Wwf, dopo che oggi la Commissione Europea ha reso nota la proposta di riforma della politica comunitaria della pesca (Pcp), «chiede al Parlamento Europeo e agli Stati membri di prendere a questo punto il "toro per le corna". La riforma non è ambiziosa come si pensava e ciò richiede da parte di tutti gli attori in gioco uno sforzo preciso e costante se vogliamo che si instauri a partire dal 2013 una gestione della pesca sostenibile».
Marco Costantini, responsabile del programma mare del Wwf Italia sottolinea che «cresce la preoccupazione tra la società civile, l'imprenditoria di settore e i consumatori per la gestione fallimentare della pesca in Europa degli anni passati. La politica comunitaria della pesca viene riformata ogni dieci anni. E', quindi, questa un'occasione unica per affrontare con serietà un processo di riforma che ristabilisca una logica nel come si pesca, che permetta il recupero degli stock e che riporti fiducia ed opportunità in un settore economico disastrato. Sebbene ci sia qualche elemento positivo, troppo poco si è fatto per promuovere un radicale cambiamento. E' ora il tutto passa in mano al Parlamento Europeo e agli Stati membri, a cui si chiede un atto di responsabilità, coerenza e coscienza».
Il Wwf non ritiene sufficientemente ambiziosa la proposta Ue perché «nelle acque europee, di fatto, il 70 per cento degli stock ittici sono sovrasfruttati. Si pescano più pesci di quanti ne nascono. Specie simbolo come il tonno rosso del Mediterraneo o il baccalà dell'Atlantico sono stati enormemente sfruttati per decenni. L'Europa ha purtroppo sempre mal gestito la pesca. Abbiamo, quindi, bisogno di una vera e propria riforma radicale e coraggiosa della politica comunitaria della pesca». Per questo il Panda ha lanciato una petizione indirizzata al Presidente e ai deputati del Parlamento Europeo che può essere firmata su wwf.it/petizionepesca.
L'associazione ambientalista spiega quali sarebbero i punti deboli della 'Pcp': «La proposta della Commissione Europea è carente di una chiara visione per ridurre quello che è il problema centrale della pesca in Europa, la cosiddetta "overcapacity": abbiamo troppe barche per troppi pochi pesci. Mette al bando in maniera inefficace i "rigetti a mare", l'insulsa pratica di rigettare in mare specie commestibili ma di scarso valore commerciale assieme alla biodiversità distrutta dalle reti, non commestibile e non commercializzabile. E', poi, carente nel rispondere alle aspettative degli attori in gioco che chiedono una maggiore regionalizzazione e una cogestione nel settore. Inoltre, pare che l'Europa non voglia assumersi quel ruolo di leader che potrebbe avere, per responsabilità e cultura, nell'arena della gestione della pesca in ambito internazionale».
Inoltre c'è un altro problema globale: «I pescatori europei non pescano solo in Europa e oltre il 60 per cento del pesce che consumiamo noi europei proviene da acque non europee. Ciononostante nella proposta della Commissione compaiono poche e vaghe frasi, povere di obiettivi precisi e scadenze responsabili. L'Europa paia non voglia assumersi una posizione di indirizzo e di leadership nel promuovere a livello globale una pesca sostenibile».
Sulla proposta di 'Pcp' interviene anche l'ong internazionale Oceana che evidenzia che la proposta di riforma «segna l'inizio di un processo di quasi 20 mesi che, tra gli altri, coinvolgerà i parlamentari europei e i ministri dei 27 Stati Membri dell'Ue. La proposta ha preso però alcuni provvedimenti positivi per raggiungere il Rendimento massimo sostenibile (Msy) entro il 2015 e prende anche in considerazione sia l'approccio basato sull'ecosistema che l'approccio basato sulla prevenzione nel contesto dei principi guida per la gestione dei risorse ittiche». Tuttavia Oceana «considera questa proposta come un lavoro incompleto che non fornisce le urgenti e importanti soluzioni necessarie per risanare i mari europei e per garantire la sostenibilità a lungo termine delle attività della pesca. Il tiepido testo è anche carente di piani d'azione per mettere in atto gli impegni vincolanti esistenti che consentano di raggiungere questi obiettivi».
Per Xavier Pastor, direttore esecutivo di Oceana in Europa, «in senso positivo, questa proposta dimostra una chiara intenzione di indirizzare la gestione della pesca verso una prospettiva a lungo termine dal modello insostenibile adottato nel decennio precedente. Ciò nonostante, dopo le veementi dichiarazioni dei mesi scorsi della Commissione, riguardanti il suo impegno nei confronti dell'ambiente marino e nel ripristinare gli stock ittici europei sovrasfruttati, questa proposta non rappresenta per niente la tanto sperata e necessaria soluzione per i nostri oceani. Spetta ora al Parlamento e agli Stati membri garantire che la riforma guidi l'Europa sulla strada giusta per una pesca sostenibile».
Anche secondo Oceana mette in evidenza le seguenti aree a rischio nel testo della Commissione:
«Approccio basato sull'ecosistema e approccio basato sulla prevenzione: la proposta solleva giustamente questi approcci a livello di principi guida della gestione della pesca, in modo coerente con la direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino (Msfd), collocando quindi la Pcp su un percorso indirizzato verso la gestione sostenibile della pesca. Purtroppo però il testo è carente dell'elemento chiave del requisito richiesto dalla direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino, che è l'obbligo di conseguire un buono stato ecologico entro il 2020 e dei meccanismi che garantiscano la corretta applicazione di una gestione basata sugli ecosistemi, mostrando un impegno scadente nei confronti di una direttiva alla quale l'Ue è vincolata.
Rigetti: considerando il forte impegno del Commissario Damanaki di porre fine a questa pratica così dannosa, la cosa probabilmente più scioccante è che la soluzione avanzata dalla proposta nei confronti del problema dei rigetti è piena di lacune. Il divieto indicato si applica solo ad un numero limitato di stock ittici, ignorando completamente tutte le specie attualmente sfruttate e mancano dei piani di gestione . La proposta della Commissione non stabilisce inoltre nessun meccanismo per affrontare le catture accessorie sbarcate: Oceana ritiene che questo tipo di catture non dovrebbe arrivare sui mercati e la commercializzazione delle stesse non dovrebbe rappresentare in nessun modo un incentivo economico per i pescatori.
Gestione delle specie: una politica comune della pesca che ignora un grande numero di specie attualmente sfruttate dalle flotte europee, senza nessuna misura di gestione, non può in nessun modo chiamarsi una politica globale. Per affrontare realmente la pesca eccessiva e garantire lo sfruttamento sostenibile della pesca, la proposta ha bisogno di piani di gestione per tutte le specie commerciali.
Concessioni di pesca trasferibili: l'attuale capacità della flotta da pesca dell'UE è da 2 a 3 volte superiore a quella che permetterebbe alle nostre acque di fornire del pesce in modo sostenibile. La soluzione proposta dalla Commissione è di creare un mercato per i diritti di pesca concessi ai pescatori per 15 anni senza peraltro imporre nessun tipo di restrizione. Oceana crede che questo piano risponde solo alla necessità di fornire delle soluzioni economiche al settore, senza discriminare tra le pratiche più sostenibili, mentre toglie responsabilità all'Amministrazione e ripone le sue speranze (e il futuro degli stock ittici) nelle mani del mercato».