[21/07/2011] News

La natura dell’economia e la natura dell’uomo: corsi e ricorsi di approcci teorici contrastanti

Che cos'è l'economia? Scienza triste, per alcuni. Disciplina che neanche ha il diritto di ambire al ricercato status di "scienza", per altri. Gestione razionale delle risorse scarse al fine di soddisfare i bisogni umani, vorrebbe una definizione accademica. E non manca chi sostiene che le leggi dell'economia, quelle propugnate dalle teorie neoclassiche - delle quali si può ancora leggere aprendo un libro a caso di una matricola della più vicina Facoltà di Economia - non sono altro che l'espressione matematica di linee comportamentali predefinite, come fossero impresse a fuoco nel nostro codice genetico.

Teorie che disegnano un Homo sapiens sapiens che si muove nell'ambiente e nella società che lo circonda guidato esclusivamente da un puro istinto utilitarista, ridefinendo la sua natura in quella di homo oeconomicus, l'essere razionale che si intravede, sommerso, nel mare magnum delle equazioni che descrivono una realtà economica di tipo assoluto (realtà assoluta che - beninteso - cambia a piacere a seconda della teoria privilegiata del momento).

Quella dell'homo oeconomicus rimane ancora il filtro prevalente attraverso cui interpretare la natura umana, negli ambiti accademici come nei preconcetti di molti. I padri della teoria economica classica, da Adam Smith a Léon Walras, hanno contribuito fortemente a sviluppare e diffondere l'immagine degli uomini come esseri perfettamente razionali, guidati dall'egoismo, ed in grado di contribuire all'armonia sociale nella misura in cui i vari interessi dei singoli - tra loro contrastanti - controbilanciandosi a vicenda porterebbero all'equilibrio sociale, guidati dalla metafora più famosa dell'economia, quella della "mano invisibile".

È toccato anche ad alcuni tra i più grandi dei giganti tra i teorici della filosofia, della sociologia o dell'economia (J. M. Keynes, per citarne uno), cercare di offrire un'alternativa a questa teoria, che offre una visione tanto negativa della natura umana. I colpi che da più parti sono stati inferti a questa narrazione cominciano finalmente a far scricchiolare la sua presa sulla realtà: un decisivo apporto, negli ultimissimi decenni, lo hanno offerto gli psicologi ed i neuroscienziati che, con le loro scoperte (come quella, italiana, dei neuroni specchio), hanno dato il vigore dell'empiricità in appoggio a quanti da sempre sostengono che l'essere umano sia "l'animale più sociale", ed abbia una natura fondamentalmente empatica e propensa a costruire rapporti comunitari basati sul reciproco accudimento.

Quale il motivo di tanto accanimento e convinzione nella descrizione egoistica della natura umana? Riprendendo ed ampliando filosofie come quella di Hobbes e Mandeville, si sarebbe costruita una narrazione che, insinuatasi nel pensiero comune come nelle sale dei bottoni avrebbe posto le basi, come avviene di continuo, di una "profezia auto-avveratasi": se si accettano e condividono le premesse della teoria, formando istituzioni e consuetudini sociali basate su di essa, inevitabilmente la teoria forma la realtà, anziché essere il contrario. Un po' una rivisitazione del concetto per cui la vita imita l'arte: un classico, insomma.

La recente comparsa sulla scena di discipline come la neuroeconomia e l'economia cognitiva o la finanza comportamentale sono da più parti viste come il piede di porco che permetterà di scardinare finalmente l'etichetta che l'homo oeconomicus perfettamente razionale ha imposto a un po' tutto l'insieme delle scienze economiche.

Si tratta di discipline che integrano le teorie classiche con gli ambiti di studio delle neuroscienze, osservando in diretta la dinamica neuronale che si dipana all'interno del nostro cervello mentre operiamo scelte di tipo economico, facendo uso strumenti come la risonanza magnetica funzionale, tecniche di neuroimmagine o lo studio dell'attività dei neuroni e delle scelte che ne conseguono all'interno di simulazioni controllate in laboratorio.

Potendo contare sull'arma in più rappresentata da un pragmatico empirismo tanto caro al mondo della scienza, la nuova teoria economica e comportamentale che sembra poter sbocciare da questo innovativo percorso scientifico porta con se la premessa decisiva della presenza di un imprescindibile lato emozionale ed irrazionale del comportamento umano, promettendo - finalmente - di colmare le falle lasciate aperte dalle teorie neoclassiche.

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