
[29/07/2011] News
Moody's, Fitch e Standard&Poor's accusate di non essere imparziali
Riprende vigore ad ondate alterne il fuoco di copertura degli Stati europei, che cercano di difendersi dai colpi a suon di declassamenti che le agenzie di rating stanno portando avanti infierendo sui Paesi in difficoltà della zona euro: gli ultimi affondi si sono verificati con il giudizio sui titoli di stato di Grecia e Cipro che sono stati nuovamente rivisti verso il basso e con l'ennesimo avvertimento alla Spagna.
In Europa sale la tensione in campo con le tre sorelle statunitensi, le ormai famose Moody's, Fitch e Standard&Poor's, accusate di non essere affatto dei giudici imparziali, di pesare diversamente la spada di Damocle che pende sulla crisi del debito europea con quella altrettanto affilata che minaccia gli Usa. Per ultimo, il j'accuse si espande tanto da giungere a criticare la qualità dei giudizi espressi dal gotha del rating - fradicio di conflitti d'interessi - che ricomprende nelle sue valutazioni circa il 95% dei titoli mondiali sotto osservazione, inciampando regolarmente in accecanti abbagli.
Tutto bene, dunque. Se non fosse che quest'inasprimento verso i giudici del mercato giunge dopo un lunghissimo periodo di fede cieca nei loro diktat. Quando questi venivano emessi verso Stati fuori dall'orbita europea, dove invece fioccavano le note di merito, sembra di ricordare che il rumore dei fischi fosse subissato dal fragore degli applausi. È stata una catena di colpevoli leggerezze e deleghe di potere da parte delle istituzioni democratiche a permettere alle agenzie ora stigmatizzate di assumere quella posizione di potere sulla quali sono state precedentemente incensate.
Solo ora che questi oracoli tutt'altro che infallibili sembrano aver girato le spalle verso il Vecchio Continente partono le iniziative per contrastarne il potere, ancora ai massimi livelli. L'ultimo, magro tentativo risulta essere quello della commissione finanza della Camera italiana, che ha indirizzato verso le Big Three l'accusa di aggiotaggio e destabilizzazione del mercato dei titoli di Stato, con una risoluzione approvata all'unanimità, con la quale si chiede anche al governo di caldeggiare con forza nelle sedi Ue per l'istituzione di un'agenzia di rating made in Europe.
L'iniziativa sembra seguire la scia delle inchieste aperte dalle procure di Roma e Trani ai danni delle agenzie di rating. Quest'ultima è partita sulla base di una denuncia di Adusbef e Federconsumatori dello scorso anno (e recentemente ampliata dal sostituto della Procura pugliese Michele Ruggero), mentre la prima è fondata su un rapporto della Consob. Evidentemente, quando si parla di "strane coincidenze e collegamenti", si sospetta che dietro i giudizi espressi sulla tenuta dei conti pubblici italiani, che hanno aperto alla speculazione selvaggia che ha investito Piazza Affari, possano nascondersi interessi specifici provenienti dal labirinto che si trova alle spalle delle agenzie di rating.
Queste mosse sulla scacchiera, nonostante manifestino una presa di coscienza - per quanto anch'essa dalle tempistiche più che sospette, come si è detto - indubbiamente positiva, nonché un desiderio di contenere il ruolo delle agenzie di rating (e conseguentemente dei mercati), ormai innalzate ad un livello di potere tale da condizionare la politica di mezzo mondo, rischiano di rimanere poco più che denunce verso uno stato delle cose ingiusto.
Più interessante appare l'azione della Sec (la Security and Exchange Commission statunitense), che ha recentemente approvato la prima fase di un sistema di controlli per una più efficace supervisione sul fenomeno dilagante dell'high frequency trading, la finanza computerizzata ad altissima velocità che divora e destabilizza i mercati con sempre più frequenti flash crash, a colpi di miliardi di dollari spazzati via in pochi click. Varie tipologie di traders dovranno ora appositamente registrarsi prima di accedere al mercato degli scambi, e le loro transazioni potranno essere successivamente esaminate.
Se l'utilità di una nuova agenzia di rating potrebbe risultare alquanto modesta, aggiungendo solo un concorrente in più sul campo di battaglia (e con quale credibilità?), iniziative come quella della Sec potranno risultare più utili per tarpare le ali alla speculazione. L'implementazione prevista nell'ambito "Basilea 3" della normativa che punta a sganciare le banche (almeno parzialmente) dalle valutazione espresse dalle agenzie andrebbe ugualmente sollecitata.
È comunque indubbio che per allentare la morsa delle agenzie di rating sia fondamentale riprendersi quella grossa fetta di potere imprudentemente consegnata nelle loro mani. Si presenta la necessità di un'azione molto più incisiva e coordinata, dove anche la politica europea ed internazionale dovrà offrire il proprio contributo, esigendo trasparenza da parte delle agenzie di rating tanto quanto la possibilità di riavere in mano le redini del gioco, che le spetta di diritto.