[29/07/2011] News

Consumo di suolo nelle aree costiere: il 58 per cento dei paesaggi costieri marchigiani cancellato dal cemento

Secondo il primo dossier sul consumo di suolo nelle aree costiere italiane,presentato oggi da Legambiente «il 58 per cento della costa marchigiana è sparito sotto il cemento». Lo studio, a partire dalle Marche andrà a approfondire la condizione dell'urbanizzazione in tutte le aree costiere italiane.

Edoardo Zanchini, responsabile urbanistica di Legambiente, spiega che «le aree costiere sono un patrimonio italiano a rischio, ma anche una straordinaria opportunità di valorizzazione ambientale, turistica e economica. Per questo motivo abbiamo deciso di avviare un monitoraggio delle trasformazioni che stanno avvenendo lunga tutta la Penisola, a partire dalle Marche, che continuerà nei prossimi anni. Siamo infatti convinti che sia nell'interesse di tutti tutelare le aree ancora libere dall'edificato e, al contempo, avviare una diffusa e incisiva riqualificazione di un edilizia urbana e turistica spesso costruita con ottica speculativa, senza qualità e futuro nello scenario turistico internazionale».

I dati del consumo di suolo della costa marchigiana mettono in luce la gravità della trasformazione del paesaggio costiero negli ultimi decenni: «Dei suoi 169 chilometri di lunghezza, da Gabicce Mare a San Benedetto del Tronto, le Marche contano ben 98 chilometri di costa oramai trasformati a usi urbani e infrastrutturali».

Nel dettaglio lo studio ha suddiviso il paesaggio costiero marchigiano in cinque tipologie: industriali e portuali; i centri urbani ad alta densità; i paesaggi urbani a bassa densità; i paesaggi ancora agricoli e naturali.  Legambiente sottolinea: «Le  opere infrastrutturali e industrie occupano 13 chilometri della costa mentre sono 51 i chilometri di paesaggio urbano molto denso, 33 chilometri di litorale sono occupati da insediamenti abitati con bassa densità che si susseguono quasi ininterrottamente lungo la linea di costa. Restano 33 chilometri costieri che possono considerarsi ancora paesaggi agricoli e 39 chilometri di paesaggi naturali».

Luigino Quarchioni, presidente di Legambiente Marche ha detto presentando il dossier: «Questi numeri parlano chiaro, il paesaggio costiero della Regione Marche è fortemente a rischio. Le coste sono un bene finito e non rinnovabile che non possiamo permetterci di sperperare. È nel paesaggio che risiede la nostra identità e la ricchezza su cui scommettere per il futuro di tutto il territorio. Uno dei motivi che ha portato a questa situazione è la mancanza di tutela di queste aree, ed è per questo, quindi, che chiediamo alla Regione di tutelare questo enorme patrimonio, rivedendo il Piano Paesaggistico e fissando un vincolo d'inedificabilità assoluta, com'è stato fatto nel 2006 in Sardegna dalla Giunta Soru».

Sono, solo 26 i chilometri di costa delle Marche liberi dal cemento e intoccabili perché ricadenti nelle due grandi aree protette, formate dal Parco Regionale del Monte Conero e il Parco Regionale del Monte San Bartolo. Secondo Legambiente, «Per gli altri 28 chilometri di aree agricole e 14 di aree ancora naturali il rischio è che finiscano cancellati dalla continua crescita del cemento. Anche perché sono gli ultimi lembi rimasti liberi nel continuum di case che caratterizza oggi il paesaggio costiero marchigiano».

Lo studio rivela che, solo tra il 1988 e il 2006, «nelle Marche sono stati cancellati 7 km di costa, e negli ultimi cinque anni il processo è andato ancora avanti. Questo fenomeno di ulteriore occupazione di suolo è stato reso possibile da Piani regolatori comunali e in gran parte a favore di nuove case, per l'espansione di alcuni agglomerati che si susseguono lungo la costa, ma soprattutto, per la saldatura di altri insediamenti causati dall'aumento di densità dell'urbano costiero. Questo significa che il 64 per cento di questo consumo, cioè 4,5 chilometri, è avvenuto per usi prettamente urbani (residenziali e servizi annessi); il restante 36 per cento, quindi 2,5 chilometri, consiste in opere infrastrutturali e industriali. Ne sono esempio l'area industriale di Fano e l'ampliamento del suo porto, ma anche l'area industriale di Senigallia e la crescita di Pedaso».

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