[19/08/2011] News

W come Wish, Worry, Welfare: ci salverà l'istinto di sopravvivenza?

Vorremmo poter dire che aggiustando qui, tagliando di qua, ottimizzando questo e modificando quell'altro, farcendo il tutto con qualche poco comprensibile (ai più) parola inglese da economisti very smart, saremmo perfettamente in grado di risollevare l'economia mondiale e salvare pure l'ecosistema. Ma siamo solo giornalisti, niente effetti speciali a greenreport.it.

Molto modestamente osserviamo tra l'altro che anche quelli che sembrano aver fior fiore di argomenti, si stanno avvitando di fronte al crollo delle borse e più di loro i leader politici balbettino incapaci come sono di rispondere alla velocità e al livello di governance richiesti dai mercati.

Siamo talmente sommersi dall'economia finanziaria e dalle sue (non) regole che se i governi non intervengono, i default dei Piigs sono dietro l'angolo; se intervengono, non riescono ugualmente a convincere gli investitori; se poi tentato di metter regole, vedi la Tobin Tax, vedono crollare le borse - che da un certo punto di vista dovrebbe essere un segnale positivo... - ma siccome ci sono dentro fino al collo, rischiano di esser trascinati ugualmente nel baratro.

Ribadendo di non vedere come si possa trovare il bandolo della matassa senza fermare questo modello di sviluppo e cambiarlo radicalmente se non proprio fermandolo e cambiandolo, non ci resta che sperare nell'istinto di sopravvivenza dell'uomo.

Quello che fa dire, secondo il nostro punto di vista, persino al famoso Warren Buffett di far pagare i ricchi di più, con manovre più eque che non facciano perdere posti di lavoro alle classi meno agiate conducendoli sempre più verso la povertà. Ma non può essere tutto qui e non può essere abbastanza.

Perché quella W che rappresenta il double dip, lo dicevamo qualche giorno fa, deve essere anche l'iniziale di wish, il desiderio di un modello di sviluppo diverso che fonda la sua "crescita" tassativamente senza depauperare le risorse del pianeta. Per questo quella W è anche l'iniziale di worry (vedi Sole di oggi vignetta di Domenico Rosa) nel senso di "preoccupazione" verso quest'incapacità di reagire.

Ha ragione Jerome Bruner quando ieri a greenreport.it ha detto che «Il più grande mistero è perché si ignorino i pericoli del degrado dell'ecosistema». Ma di fatto questo è ciò che avviene almeno nelle stanze di quelli che a-democraticamente stanno scommettendo sul default dell'economia mondiale e se ne infischiano sia delle conseguenze sull'economia reale, sia del fatto che magari economicamente a loro sembrerà di averci guadagnato, ma ecologicamente pur loro stanno sul famoso ramo che stanno contribuendo alla grande a tagliare.

E questo albero potremmo chiamare welfare. La terza parola che ci ispira quella W. Il "benessere" cui vogliamo far tendere l'umanità. Un benessere che non può essere l'accumulo di merci come si è fatto in occidente. Questo modello è finito. Qui la crisi è sistemica. Siamo arrivati al limite possibile dello sviluppo. No way. Possiamo invece migliorare il "welfare" globalmente inteso. Attraverso lo spirito di sopravvivenza?

Può darsi, se è vero che molte delle menti ancora pensanti e più lucide sono persone che hanno abbondantemente superato gli 80 anni, fino al caso di Bruner, 96enne che usa internet meglio dei ragazzi, che ha visto due guerre mondiali e che si domanda appunto come si faccia ad ignorare il degrado dell'ecosistema.

Dalla ricostruzione del "welfare" allargandone le aspettative e i desideri, si può ripartire per un modello di sviluppo più sostenibile. Non solo pensioni, come qualcuno potrebbe credere, ma migliori servizi alle persone; equa distribuzione delle risorse specialmente quelle alimentari; riconversione dell'industria e della manifattura in chiave ecologica. Tutto questo significa più lavoro, non meno lavoro. Ma più lavoro per tutti, non sfruttamento e assurdità tipo quella di negozi aperti 24 ore su 24 con l'idea che sia questa la chiave per aumentare i profitti. Se questa classe politica non risponde a tali richieste, va cambiata. Se l'alternativa al momento non ha questi argomenti nelle sue corde, bisogna che si adegui.

Alla fine, per uscire da questa crisi sistemica, sarà una questione di politiche e di politici, di riuscire a riempire il vuoto creato dal crollo di muri ed ideologie per abbattere quelli impalpabili costruiti con un click di computer. Il migliore dei mondi possibili è ancora tutto da costruire e non è certo questo (come ci avevano raccontato) come i fatti ci stanno brutalmente raccontando. «E' facile sapere contro cosa si combatte. Più difficile è sapere in cosa davvero si crede..» (dal film Il vento che accarezza l'erba, Ken Loach).

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