[19/08/2011] News

Amazzonia peruviana: via libera ad un oleodotto di 200 chilometri in territorio indio

La compagnia anglo-francese Perenco ha ottenuto il via libera per la costruzione di un oleodotto lungo 200 chilometri nell'Amazzonia peruviana, al confine conteso con l'Equador che è stato teatro anche di una sanguinosa guerra, e la polemica è subito esplosa, perché la compagnia proprietaria dell'impianto avrebbe nascosto le prove della presenza di Indiani incontattati nella regione.

La Perenco vuole costruire nel nord del  Perù, una delle aree con la maggiore biodiversità del Sudamerica, un oleodotto del c osto di 350 milioni, destinato a trasportare petrolio per un 35 miliardi di dollari dal "blocco 67" nella jungla peruviana fino alla costa del Pacifico. All'area che nel 1995 era stata inizialmente concessa alla statuinitense Advantage, sono interessate anche il gigante petrolifero ispano-argentino Repsol-Ypf che la multinazionale Usa ConocoPhillips, e l'oleodotto potrebbe essere la testa di ponte per penetrare nella regione ed appropriarsi delle terre indigene.

Il 31 luglio il giornale Usa Truth Out ha rivelato la cosa pubblicando un articolo intitolato "$35 Billion of Oil Plus an "Uncontacted" Tribe Equals Coverup", nel quale sostiene che i che i funzionari governativi del Perù, i consulenti ambientali e le compagnie petrolifere sarebbero  implicati in manovre per nascondere l'esistenza di tribù incontattate lungo il percorso dell'oleodotto.

Nonostante numerose istituzioni del governo peruviano abbiano riconosciuto la presenza di "no contactados" nella regione, incluso i ministeri della salute e dell'energia, l'Istituto per le risorse naturali,  l'Istituto per gli affari indigeni Indepa e il Difensore civico nazionale e che l'Endepa in una lettera inviata al ministro dell'energia nel 2007 scriveva: «Ci sono le prove che dei popoli indigeni isolati vivano in questa zona», la Perenco ha respinto ogni accusa e nega che l'oleodotto possa mettere a rischio la vita delle piccole tribù indiane isolate. Secondo la multinazionale «nel blocco 67 non c'è alcun segno di presenza antropologica» e questa convinzione è sostenuta dal rapporto di consulenza ambientale "Daimi".

Ma il giornalista indipendente David Hill, ha scritto l'inchiesta pubblicata da Truth Out, ha rintracciato e intervistato i ricercatori che hanno lavorato al "Daimi" e sostiene, come riporta il sito di Survival, di aver «Scoperto una serie di contraddizioni che lasciano pensare che il dossier, finanziato da Perenco, sia non solo in accurato ma che sia anche stato sottoposto a censure. Dalla relazione finale sarebbero "state escluse" una grande quantità di prove, tra cui testimonianze giurate di avvistamenti, sentieri, orme e lance incrociate» (come quelle che si possono vedere nella foto di Survival che pubblichiamo).

Un ingegnere forestale coinvolto nell'indagine ha detto riguardo al Daimi: «Oltre a minimizzare i danni a flora e fauna, hanno detto che non c'erano gruppi isolati. Ma c'erano impronte e segni di insediamenti... Perenco ha avuto esattamente quel che voleva».

Stephen Corry, direttore generale di Survival International, sottolinea che «il governo peruviano ha il dovere di commissionare indagini indipendenti sull'esistenza di questi indiani e non deve ritenersi soddisfatto della consulenza di società che lavorano per le compagnie petrolifere».

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