
[22/08/2011] News
Oggi il sito in italiano della radio ufficiale iraniana Irib fa un riassunto perfidamente sintetico della posizione in cui si è cacciato il nostro governo dopo la caduta del regime di Gheddafi in Libia: «Per Franco Frattini, ministro degli Esteri italiano, l'ormai ex-rais libico, Muammar Gheddafi, ''si arrenda e abbandoni il potere, non ci sono assolutamente alternative''. Secondo il ministro la resa del colonnello libico e' ''l'unica possibilità''' per evitare una situazione che ''puo' trasformarsi in un bagno di sangue''.
E' la presa di posizione dell'Italia dopo la caduta del regime Gheddafi. E' da ricordare il fatto che i governi italiani di centro-destra e centro-sinistra hanno avuto in Gheddafi in tutto questi anni un buon amico e un fedele alleato, soprattutto nelle politiche economiche. Ma dopo la dichiarazione di guerra da parte della Nato - o meglio dire degli Usa - contro Gheddafi, l'Italia ha deciso di partecipare alla campagna militare attaccando l'ex alleato.
Non passa neanche un anno da quando il presidente del consiglio Berlusconi in una conferenza stampa del 23 dicembre 2010 diceva: «Sono legato da un'amicizia vera con tutti i leader dei Paesi nordafricani, con Mubarak e la sua famiglia, con Bouteflika, con Gheddafi e Ben Ali"».
Gli iraniani sono impietosi fino ad essere irridenti verso il nostro Paese (uno sport ormai molto diffuso a livello internazionale) e ne hanno purtroppo tutte le ragioni, primo perché non hanno mai nascosto la loro reciproca antipatia per il regime di Gheddafi, secondo perché un Paese come il nostro, che passa dal baciamano del suo premier al dittatore, dalle reciproche visite di affari e sollazzo, con tanto di amazzoni (chissà dove saranno finite le invincibili guardia del corpo di Gheddafi che facevano fremere di ammirazione il TG1 e il TG5?), cavalli bianchi, conversioni di hostess ed escort e tende beduine piantate a pochi passi dal Quirinale e dal Vaticano... ai bombardamenti (negati), poi alle richieste di ritiro leghiste e infine alle intimazioni di resa di Frattini a dittatore abbattuto, non è granché credibile a livello internazionale e ancor meno lo sarà, nonostante le buone parole, per il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) che ha preso il potere a tripoli con le armi ed i dollari forniti da francesi, britannici e americani.
La tentennante guerra italiana contro l'amico arabo Gheddafi, che doveva salvarci dall'invasione di immigrati arabi e neri imprigionandoli e torturandoli nel deserto, gli sporchi affari con la dittatura di Tripoli mentre gli altri Paesi occidentali la boicottavano accusandola di terrorismo, la farsa calcistica juventina e perugina della famiglia Gheddafi, le partecipazioni azionarie in Fiat e i lucrosi affari dell'Eni, le concessioni petrolifere in cambio di danni di guerra ed autostrade litoranee e ferrovie, si ammucchieranno come imbarazzanti prove di complicità al tavolo della pace, nelle quali le potenze vincitrici si spartiranno il bottino del petrolio e del gas libico.
L'adesione di controvoglia, e perché spinti dall'ex comunista Giorgio Napolitano in nome della solidarietà atlantica, di Berlusconi e dei sempre più recalcitranti leghisti alla guerra di liberazione contro l'amico Gheddafi sarebbe una delle più miserevoli pagine di complicità e poi di voltafaccia politico internazionale, se il nostro governo fosse ancora in grado di vergognarsi per le sue brutte figure.
Invece alla fine, mentre il nostro ministro della guerra Ignazio La Russa fremeva per gli aerei che si levavano dagli aeroporti siciliani, mentre ci inventavamo i bombardamenti non bombardanti e le bombe non uccidenti, mentre Berlusconi piangeva per aver dovuto rompere l'amicizia con un dittatore le cui mani grondano di sangue e petrolio, la nostra credibilità in Libia è scesa a zero.
Molto probabilmente il realismo alla fine prevarrà e i contratti italiani in atto in Libia, messo da parte il trasporto amorioso per un regime indecente di una grande democrazia, saranno temporaneamente rispettati per necessità, probabilmente verrà rivisto il trattato di amicizia con Gheddafi, ma il sospetto verso questo governo e la sua doppiezza resterà fino a che l'amico miliardario del rais inventore del bunga bunga, il suo ministro degli esteri, la falange leghista anti-musulmana che puntava tutto sul dittatore islamico per tener lontani gli immigrati dalla Padania, rimarranno al governo.
Intanto, mentre l'ennesimo fallimento dell'eterna furbizia italiana mostra tutti i suoi limiti nelle strade liberate di Tripoli, i veri vincitori della guerra petrolifera, Francia e Gran Bretagna, le cui bandiere sventolano già a Bengasi insieme a quella tricolore della nuova Libia, si divideranno le risorse petrolifere insieme agli americani, pronti a reclamare la ricompensa in greggio dei 30 anni di guerra fredda e calda al regime di Gheddafi.
Anche l'irridente Iran farebbe bene a preoccuparsi, visto che probabilmente i mirage francesi, le cannoniere inglesi e i missili Nato ora punteranno su Damasco, contro il regime amico di Teheran che sta soffocando nel sangue una rivolta politica e sociale, ma anche confessionale e tribale, che somiglia molto a quella libica, anche se gli iraniani in Siria dicono che la lotta contro il regime nazional-socialista degli Assad è un complotto internazionale. Misteri della geopolitica, dell'ideologia che governa il mondo post-ideologico e del petrolio.