
[23/08/2011] News
Quello che si temeva sta accadendo: il più giovane Stato del mondo, il Sud Sudan è in preda agli scontri etnici a poche settimane dalla dichiarazione della sua indipendenza a Juba. La rappresentante speciale del segretario generale dell'Onu per il Sud Sudan, Hilde Johnson, ha chiesto «la fine del ciclo di violenza» nel quale è precipitata la provincia di Jonglei, dove scontri etnici contrappongono Murle e Lou Nuer, due popoli da sempre ostili.
Secondo l'Un Mission in South Sudan (Unmiss) gli scontri tribali, combattuti a colpi di kalashnikov, mortai, lance e machete, fino a ieri avevano già fatto almeno 600 morti e circa 1.000 feriti. Gli scontri innescheranno probabilmente vendette e faide, visto che sono state razziate tra le 26mila e le 30mila mucche, il vero misuratore di ricchezza e prestigio per i Murle e i Lou Nuer. I furti di bestiame hanno esacerbato gli scontri e a molti villaggi e case sono state bruciate dalle etnie contrapposte.
Le autorità di Jonglei hanno detto all'Unmiss che ci sono già oltre 250mila profughi a causa dei combattimenti villaggio per villaggio a Pieri, Motat e Pulchol e che circa 200 persone sono state rapite.
La Johnson ha detto rivolta alle fazioni che combattono ed al governo di Juba (ma forse anche a quello di Khartoum): «Questo ciclo di violenza deve essere arrestato. E' inaccettabile che così tante persone vengano di nuovo uccise o ferrite in una frenesia distruttiva priva di senso. Esorto le due parti di questo tragico conflitto a dar prova di calma. Sfrozi per la riconciliazione sono urgenti subito. L'Unmiss ha la volontà di erssere pronto ad aiutare in questo senso». Difficile compito in un'area dove anche i bambini hanno un kalashnikov e che conosce da tempo immemorabile la guerriglia contro il Sudan ed i massacri etnici.
Una missiione di valutazione e verifica dell'Unmiss ha visitato le aree nelle quali sono in corso gli scontri e si metterà a disposizione delle autorità locali e della debole infrastruttura di governo del nuovo Stato federale per facilitare la riconciliazione e per prevenire una nuova eruzione di violenza.
La Johnson sottolinea che «la sicurezza dei cittadini del Sud Sudan è la prima priorità. L'Unmiss opererà per prevenire il risorgere della violenza che fa soffrire gli abitanti senza che sia necessario. La missione è anche pronta ad utilizzare la sua forza militare per evitare un aumento della violenza. Condanno gli attacchi contro le installazioni umanitarie che sono state saccheggiate e distrutte. L'imparzialità umanitaria deve essere rispettata da tutti».
Le cose non vanno meglio in Sudan. Il 15 luglio, all'indomani dell'ammissione del Sud Sudan all'Onu Ivan Šimonović, vicesegretario dell'ufficio di New York dell'alto Commissariato per i diritti umani, aveva fatto un preoccupato punto sulla situazione del 193esimo Stato membro della Nazioni Unite. Documenti forniti dal Consiglio di sicurezza dell'Onu per preparare un rapporto che analizzerà il periodo 4 giugno 31 agosto, rivelavano l'esistenza di fosse comuni nel Kordofan meridionale, uno stato petrolifero situato alla frontiera fra Sud e Nord Sudan. Secondo Šimonović il rapporto contiene anche dati su numerosi assassini e sequestri di persona extragiudiziari accaduti nella stessa area e almeno 8 membri del personale Onu sono stati rapiti.
Dopo la ritirata dell'Unmiss da Kordofan meridionale verso il Sud Sudan, il Sudan ha continuato a bombardare lo Stato e i combattimenti proseguirebbero, mentre l'accesso umanitario è bloccato. La situazione sarebbe particolarmente grave nell'est e nel sud della regione dei Monti Nuba ma anche nella regione contesa di Abyei, rivendicata da Khartoum e Juba.
La facile profezia dell'instabilità del Sud Sudan, con il Sudan che attizza scontri tribali e guerriglie per mantenere sotto il suo controllo le abbondanti risorse petrolifere ai confini fra i due Stati si è avverata fin troppo rapidamente. Che poi in questa guerra per le risorse che fanno funzionare il mondo industrializzato l'oggetto del contendere siano le mandrie di mucche ed ancestrali odi etnici tra popoli bellicosi e analfabeti è un altro tragico mistero della globalizzazione.