[01/09/2011] News

I mercanti di guerra e i 60 miliardi di dollari rubati agli americani in Iraq ed Afghanistan

Mentre Nicolas Sarkozy dopo la Libia ci ha preso gusto, e pensa anche ad una guerricciola in Siria e ad un bombardamento della centrale nucleare iraniana, qualcuno comincia a fare i conti dell'avventura militare americana in Iraq ed Afghanistan, e sono conti che non tornano: il più potente Paese del mondo potrebbe essere stato fregato da una banda di ricchi truffatori che seguivano ed accompagnavano le truppe degli invasori/liberatori e che venivano protetti dai derubati.

Secondo il comitato indipendente che indaga sulle spese di guerra Usa, «gli Stati Uniti potrebbero aver perso fino a 60 miliardi di dollari nella frode e nello spreco in Irak e in Afghanistan nel corso dell'ultimo decennio». Nel rapporto presentato al Congresso Usa, la Commissione sui contratti in tempo di guerra afferma che «Una buona parte  dello spreco  e delle frodi avrebbe potuto essere evitata con una migliore pianificazione ed una sorveglianza più stretta dei progetti conferiti ai contractor».

Il rapporto è l'esame più approfondito della dipendenza  degli Usa dai contractor privati e dell'incapacità del governo Usa di gestire le zone di combattimento, con una privatizzazione della guerra che è la naturale conseguenza dei conflitti per le risorse mascherati da guerre per la democrazia.

Guerre chesono costate (senza che stavolta i repubblicanio  che le hanno promosse non avessere nulla da eccepire) più di mille miliardi di dollari ai contribuenti Usa. Guerre che non hanno raggiunto gli obiettivi che gli Stati Uniti si prefiggevano ed hanno reso il mondo ancora più pericoloso e complicato, il petrolio più caro e l'intera Asia una polveriera.

Chi ha guidato la politica Usa negli ultimi anni sembrano essere stati quelli che vengono chiamati i "mercanti della guerra", un gruppo di compagnie private incistate nel potere politico, che fabbricano armi e forniscono sistemi e servizi di sicurezza. Mercenari e fornitori di mercenari che con le due guerre asiatiche (e probabilmente anche con quella libica) hanno guadagnatio cifre colossali.

Tra gli azionisti più grossi di questa economia della guerra ci sono multinazionali Usa come Lockheed e Boeing che ogni anno concludono con il Pentagono contratti per miliardi di dollari e tengono in piedi  la produzione di modelli sempre più sofisticati ed inumani di armi, prospettando una guerra chirurgica e "pulita" che non è servita a salvare la vita a migliaia di soldati americani e che ogni giorno continua a fare decine di dimenticate vittime civili.

Trafficanti di armi che  restano gli stessi anche se a Washington cambiano i presidenti Usa e che trovano al Pentagono gli stessi fedeli amici, sia che comandino i repubblicani che i democratici. Gli azionisti della guerra con George W, Bush erano addirittura diventati i decision maker degli Usa. Quindi che da questo intreccio di interessi privati, politica muscolare e guerra per le risorse e l'egemonia sia venuto fuori un furto di 60 miliardi di dollari non è poi una cosa così strana. Anzi è la naturale conseguenza dell'appalto dello Stato ai privati, fino alla guerra ed alla politica estera.

Le guerre irakena ed afghana sono nate come spreco per evitare che la crisi economica alle porte arrivasse prima di quanto si volesse, poi si sono trasformate in uno spreco di vite per sostenere l'industria bellica. Un piatto troppo appetitoso perchè i contractor e i mercanti della guerra non ci si buttassero sopra.

In Iraq ed Afghanistan si è assistito all'ultima fase, forse la più estrema, dell'esperimento iperliberista : la privatizzazione della guerra e della sicurezza, una "modernizzazione" che ha riportato il mondo indietro ai soldati di ventura medievali, un passo avanti rispetto alle bande di mercenari assoldati durante la guerra fredda per fare lavori sporchi e pilotare golpe nei Paesi nemici. Una guerra combattuta dai poveri provenienti spesso dalle minoranze etniche Usa e dall'immigrazione alla ricerca della carta verde, contro i miserabili dei deserti irakeni ed afghani.

Probabilmente la truffa ai danni dei contribuenti americani è ancora più grossa, visto che i fabbricanti di armi non hanno smesso di arricchirsio nemmeno durante la crisi economica e finanziaria non ancora finita. Almeno l'oligarchia putiniana in Russia gestisce il taffico di armi in proprio ed alla luce del sole, tagliando i nastri di expò internazionali aperti a premier democratici e a dittatori della peggiore specie. I cinesi fanno lo stesso ed utilizzano le armi come cadeau per i regimi che fanno affari con loro.

Negli Usa e in Occidente non siamo così sfacciati, preferiamo affidarci agli aettici azionisti della guerra che guadagnano facendo versare ad altri sangue umano. Nelle mine e nei droni, nei giubbotti antiproiettile investono anche i fondi pensione. La guerra non va mai in crisi: è la crisi. 

Ma se la guerra diventa, ancora più di prima, pretesto per fare affari e medicina economica, i conflitti si trasformano in un affare da far durare anni, in attes che si apra un altro sanguinante negozio in qualche sperduta parte del pianeta che nasconde risorse. Il furto, la corruzione, lo spreco e la miseria sono solo i sottoprodotti di questa economia del terrore. E più i guadagni sono vergognosi più sono facili e meno è interessante controllarli. Soprattutto se i politici si credono virtuosi e democratici mandanti di guerre volute e gestite da altri.

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