[07/09/2011] News

Il Sudafrica vuole diventare leader dei paesi Brics nel carbon capture and storage

Secondo il giornale Business Day, «Il Sudafrica si propone di assumere la guida del blocco Brics dei Paesi in sviluppo nella riduzione delle emissioni di carbonio attraverso un finanziamento quinquennale di 1 miliardo di dollari gestito dalla Norvegia per la tecnologia sperimentale carbon capture and storage» (Ccs).

Il presidente sudafricano Jacob Zuma la scorsa settimana è tornato dalla sua visita di Stato in Norvegia con l'impegno ad investire capitali e risorse umane nel Ccs, che secondo lui «Porta una speranza molto grande per Paesi come il Sudafrica, che utilizzano i depositi di carbone e questa particolare tecnologia potrebbe essere usata per sviluppare i Paesi senza creare emissioni che stanno influenzando il mondo».

Ma a quanto pare il viaggio in Norvegia è servito solo a ratificare quanto era già in atto in Sudafrica: nel 2010 l'impresa chimica sudafricana Sasol ha acquistato per 41 milioni di dollari il 2,2% del Mongstad technology centre (Mtc), il più grande impianto del mondo per testare e migliorare le tecnologie Ccs. Il Tcm è un'iniziativa statale norvegese realizzata nel distretto industriale di Mongstad, nell'area di Bergen, la seconda città della Norvegia.

Nolitha Fakude, direttore esecutivo di Sasol per la sostenibilità e la trasformazione, spiega su Business Day che «Come parte dell'accordo, Sasol ha distaccato diversi dei suoi ingegneri per una formazione nell'impianto» e Fakude faceva parte della delegazione che ha accompagnato il ministro dell'energia sudafricano Dipuo Peters in Norvegia per controllare i progressi dell'impianto Tcm.

Il carbonifero Sudafica vede nel Ccs una via di uscita tecnologica "miracolosa" per ripulire l'aria delle sue città e nascondere sotto terra le sue emissioni di CO2 che non riesce a ridurre, provenienti sia dalle centrali elettriche che da settori industriali ad alta intensità di emissioni, come la siderurgua, i cementifici e l gli impianti chimici come la Sasol. Gli industriali sudafricani del settore minerario/energetico dicono che se la tecnologia Ccs avrà successo potrebbe ridurre le emissioni di CO2 fino al 25% entro il 2030. Il sogno del "carbone pulito" e l'incubo della impossibilità di ridurre le emissioni risolti in un colpo solo.

Ma di sogno e speranza ancora si tratta: la prima fase dei test per il Ccs è prevista per l' inizio del 2012 e il progetto pilota dovrebbe essere completato nel 2016, dopo si vedrà se mandarlo avanti o meno.

Tore Amundsen, a capo del Tcm norvegese, ha detto alla delegazione sudafricana che «Le conoscenze acquisite con la tecnologia prepareranno il terreno per le iniziative carbon capture and storage per combattere il cambiamento climatico. La Ccs è destinata a svolgere un ruolo importante nella riduzione globale delle emissioni di gas serra e l'International energy agency ha stimato che nel 2050 ben un quinto delle riduzioni totali verrà dal Ccs».

Musica per le orecchie dei sudafricani che fra poco dovranno ospitare a Durban la conferenza Unfccc sui cambiamenti climatici e non hanno davvero da offrire molti esempi virtuosi. La tentazione sembra proprio di portare la discutibile e criticatissima tecnologia sperimentale Ccs al centro dei lavori di Durban.

Il Sudafrica si troverà nella scomoda situazione di dover mediare su un accordo vincolante per garantire la proroga del protocollo di Kyoto, voluta dai suoi alleati del Brics (Brasile India e Cina, ma non dalla Russia,e osteggiata da un bel gruppetto di Paesi ricchi. In questo, con il "trucco" del Ccs, può rinsaldare l'alleanza con un Paese ricchissimo, la Norvegia petrolifera e gasiera, che vuole forti riduzioni delle emissioni ma punta sul Ccs come una delle soluzioni

Erik Solheim, il ministro norvegese per l'ambiente e lo sviluppo internazionale, ha detto che «Le strutture principali del protocollo di Kyoto, come il cosiddetto clean development mechanism, devono continuare sottoforma di una delle componenti importanti del Protocollo. Il Sudafrica ha assunto impegni molto importanti per ridurre le emissioni di gas climatici e la difficoltà del Sudafrica, come per la Norvegia, è quella di fare in modo che alcuni di questi impegni siano realmente messi in pratica».

Il Ccs potrebbe essere la soluzione tecnologica per permetterà alle nazioni emergenti del Brics (Brasile, Ruissia, India, Cina, Sudafrica) di ridurre le emissioni di CO2 e di proseguire nella loro corsa all'industrializzazione ed ai Paesi anti-Kyoto come Usa, Giappone, Canada, o alla "tiepida" Europa, di accettare il proseguimento di un Protocollo di Kyoto che includa la tecnologia Ccs come possibile risposta miracolistica, con un taglio virtuale delle emissioni previste, in attesa di vedere se la tecnologia funzionerà davvero e se il sottosuolo (e il mare) del pianeta terra accetterà senza reagire di diventare il deposito delle emissioni industriali.

Domani il Sudafrica ospita una "riunione informale", al quale parteciperanno 40 ministri provenienti da tutto il mondo, che è considerata un tentativo dell'ultimo minuto per cercare di ottenere un secondo periodo di impegno per il Protocollo di Kyoto,

La partecipazione del Sudafrica al Tcm di Mongstad è il tentativo di diventare il leader dei Paesi Brics e dei mercati emergenti nella tecnologia Ccs, ma difficilmente a Durban potrà "vendersi" tutto questo, se non la speranza che nel 2016 tutto vada bene. La difficoltà , per l'emergente ed ancora poverissimo Sudafrica e per la ricchissima Norvegia rimane sempre quella: come mettere davvero in pratica gli impegni presi senza sperare (e basarsi) su tecnologie ancora in fase sperimentale.

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