[27/09/2011] News

Scoperto il segreto delle rane che sopravvivono al fungo killer: Dna ed evoluzione

Secondo uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas), un gruppo di ricercatori statunitensi  della Cornell University avrebbe fatto grandi passi avanti nella comprensione di come alcune rane riescano a sopravvivere alla chitridiomicosi, la malattia fungina che sta sterminando intere popolazioni e specie di anfibi in tutto il mondo.

I ricercatori avrebbero identificato i fattori genetici che sembrano rendere immuni alcune singoli esemplari di rane e questo potrebbe essere molto utile al miglioramento dei programmi di riproduzione in cattività che stanno cercando si salvare alcune specie di anfibi più a rischio o addirittura già estinte in natura a causa della chitridiomicosi. Solo da un paio dio anni i ricercatori hanno scoperto come la malattia uccide gli anfibi, danneggiando la pelle in modo da renderla impermeabile ad alcune sostanze essenziali che assorbe ed alla fine provocando un arresto cardiaco.

Di solito rane, rospi ed altri anfibi soccombono rapidamente al fungo, che ha completamente decimato intere popolazioni in poche settimane. Il mistero non ancora svelato era come alcune popolazioni ed intere specie di anfibi sopravvivessero intatte. Per esempio le salamandre e le cecilie sembrano molto più resistenti delle rane alla chitridiomicosi,

I ricercatori della  Cornell raccolto esemplari di rane leopardo di pianura (Lithobates yavapaiensis - nella foto) in cinque aree dell'Arizona.e in laboratorio le hanno infettate  con il fungo killer  Batratochytrium dendrobatidis (Bd) ed hanno scoperto che tutte le rane catturate in tre luoghi sono morte, ma alcune di quelle prelevate negli altri due siti sono sopravvissute ed hanno debellato completamente l'infezione entro due settimane, restando dopo in salute.

I ricercatori hanno analizzato le differenze tra le regioni del Dna che fanno parte del del sistema immunitario chiamato il complesso maggiore di istocompatibilità (Mhc) che negli anfibi, come negli esseri umani ha il ruolo di "presentare" al sistema immunitario invasori come funghi o batteri, che li identifica come elementi ostili da affrontare.

Anna Savage, che ha guidato il team di ricercatori, spiega su Bbc News che «tutti gli anfibi (e se è per questo, tutti gli animali vertebrati) hanno geni Mhc che svolgono lo stesso ruolo di "gatekeeper" per avviare la risposta immunitaria. Così la nostra scoperta che i genotipi Mhc contribuiscono  a contrastare la chitridiomicosi ha  potenziali ramificazioni per tutte le specie di anfibi attualmente minacciate dal Bd».

Sembrerebbe molto probabile che le due popolazioni nelle quali degli individui in laboratorio sono sopravvissuti all'infezione fossero state anche quelle più esposta al fungo in natura, che è arrivato in Arizona negli anni ‘70. Quindi la loro resistenza sarebbe il frutto della selezione naturale che ha permesso a questi gruppi di rane leopardo di sviluppare "geni resistenti".

La Savage sottolinea: «Significa che le rane possono avere il potenziale evolutivo per adattarsi. La selezione naturale non può che comportare l'adeguamento alla malattia, se la variazione genetica per quel tratto esiste, e abbiamo dimostrato che lo fa».

Ora i ricercatori cercheranno di capire se anche altre specie possono evolvere un'immunità alla chitridiomicosi e capire perché una specie intera, il terribile e  "invulnerabile" rospo delle canne che ha invaso l'Australia, sopravvivere alla Bd. Poi bisognerà capire come utilizzare queste informazioni senza creare squilibri tra le varie specie di anfibi.

La Savage evidenzia il ruolo essenziale svolto dai programmi di riproduzione in cattività, l'ultima risorsa per le specie che non possono rimanere nel loro habitat naturale, perché è infestato dal fungo . l'idea è quella di allevare girini con un Dna resistente alla malattia.

Reid Harris, uno specialista di anfibi della James Madison University della Virginia, che lavora proprio  a nuovi trattamenti anti-Bd è convinto che la scoperta dei suoi colleghi sia molto importante per la comprensione delle basi genetiche della resistenza degli al fungo killer, ma sottolinea che «Tuttavia, le difese degli anfibi sono multidimensionale e con componenti e difese immunitarie microbiche innate. E''probabile che anche una strategia di mitigazione di successo debba essere multidimensionale».

L'infezione fungina rischia però di far dimenticare l'altra grande minaccia che mette in pericolo gli anfibi: la  perdita di habitat provocata dalle attività antropiche. 

«Sebbene il nostro studio offra una nuova speranza che gli anfibi possono riprendersi dalla chitridiomicosi, non elimina la necessità degli sforzi di salvaguardia da parte dell'uomo -  sottolinea la Savage - La perdita di habitat, le specie invasive e il degrado dell'habitat sono le altre maggiori cause di declino degli anfibi, e se fossimo in grado di lavorare per fornire una buon habitat, in modo che le dimensioni della popolazione di anfibi e la diversità genetica possano aumentare, sarebbe molto più probabile avere la capacità genetica per adattarsi alla Bd». 

 

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