
[27/09/2011] News
Il presidente della Bolivia, Evo Morales, ha finalmente deciso di sospendere la costruzione dell'autostrada attraverso il Territorio Indígena y Parque Nacional Isiboro Sécure (Tipnis).
Oggi con un comunicato stampa non ha però chiarito se ha congelato tutto il progetto autostradale tra Villa Tunari e San Ignacio de Moxos o solo il tratto II che attraversa la riserva Tipnis dalla quale è partita la marcia degli indios che ha messo in crisi il suo mito di presidente indigeno che difende l'ambiente e i diritti ancestrali dei popoli autoctoni.
Firmando la resa alla rivolta di quegli stessi indios che lo avevano portato per due volte al comando a La Paz, Morales ha chiesto «che ci sia un dibattito nazionale, un dibattito del popolo o boliviano perché decidano e specialmente dei due dipartimenti che ne beneficiano o ne sono coinvolti. Mentre si avrà questo dibattito nazionale perché i dipartimenti decidano, chiedo la sospensione del progetto di strada nel Parque Indígena o Territorio Indígena del Parque Isiboro Sécure».
Morales è sembrato fin da subito spiazzato dalla protesta india ed ha attribuito la decisione di costruire la strada ai governi precedenti, ma, diversamente da quanto fatto nel passato, quella decisioni dei governi di destra non l'ha messa in discussione, forse perché l'autostrada è frutto di un accordo con il Brasile. Ora Evo, dopo aver cercato in tutti i modi di fermare la marcia degli indio, dice: «Era nostro obbligo ascoltare il popolo ed ascoltare il popolo giustamente e le norme approvate, fortunatamente non lo sono state dal nostro governo, in questa amministrazione di governo, ma prima, tanti anni fa».
Infatti la legge è stata approvata nel 1984 dal governo di Hernán Siles Suazo, che dichiarò prioritaria la costruzione di un'autostrada tra Cochabamba e Trinidad. Nel 1990 il governo di Jaime Paz Zamora chiese di finanziare gli studi di fattibilità del progetto finale dell'autostrada era Villa Tunari-San Ignacio de Moxos. Poi nel 2003 un Decreto Supremo dell'ex presidente Carlos Mesa Gisbert approvò definitivamente l'autostrada come elemento fondamentale della rete stradale boliviana.
Ora Morales, dopo aver detto che il progetto era essenziale per la Biolivia e che chi lo contrastava si opponeva al progresso del Paese, cambia registro: «Ci chiedono di attuare tale decreto, la costruzione del "camino Cochabamba - Beni" e basato sulle norme che prevedono l'obbligo di costruire la strada». Nei giorni scorsi per contrastare i "marciatori" Morales aveva fatto notare che almeno 15 comunità del Tipnis gli stavano chiedendo di attuare quella vecchia legge, ma non ha mai spiegato quale norma della legge obbligasse l'autostrada a passare nel bel mezzo dell'area protetta.
Intanto i boliviani hanno scoperto che la Policía Nacional "soicialista" di Morales non ha perso le brutte abitudini di quando era la polizia dello stato nazional-fascista liberista: domenica la "marcha indígena" è stata brutalmente respinta a San Lorenzo, nel Beni, e ora lo stesso Morales denuncia gli abusi commessi dalla polizia contro i manifestanti ed ha chiesto l'istituzione di una commissione di inchiesta di alto livello che indaghi sui responsabili delle violenze.
Morales ha detto che «E' imperdonabile quello che è successo nell'intervento alla marcha indígena, ma è anche necessario investigare su quello che è accaduto sabato scorsoi al ministro degli esteri David Choquehuanca, che è stato obbligato a marciare con gli indigeni per attraversare il cordone di polizia che impediva il passo ai marciatori verso Yucumo».
L'impressione è che gli indios abbiano vinto ancora una volta ma che il mito di Morales sia fortemente compromesso e che le divisioni tra le forze progressiste possano, come nel tragico passato della Bolivia, riaprire le porta alla destra. Che questa rottura sia avvenuta sul tema simbolo dell'ambiente e dei diritti indigeni, compresi nella costituzione socialista boliviana, è un'altro segno preoccupante dei tempi.
Ora tutti ripudiano la repressione poliziesca contro i marciatori, anche loe organizzazioni che sostengono Moreales: Elvio Díaz, segretario della Federación de Campesinos de Tarija, has chiesto che la Policía Boliviana abbandoni le strade e che si ritorni al dialogo, ma ha detto che contro Morales esisterebbe una cospirazione, ma che niente giustifica la violenza, che va respinta da ovunque venga, anche se la destra sta cercando di cavalcare in maniera cinica le rivendicazioni degli indigeni delle quali le è mai importato niente.
Anche il Mas, il partito di Morales ha chiesto che cessi ogni violenza, ma molte Ong e sindacati si sono schierati decisamente contro la brutalità della Polizia e il governo e chiedono che intervenga la Feración Interamericana de Derechos Humanos che aveva già condannato le violenze dei governi di destra e che tutti i leader indigeni arrestati vengano rilasciati subito.
La Brigada Parlamentaria del Mas di Tarija chiede a Morales di aprire un dialogo con gli indios ribelli e la senatrice del Dora Burgos dice: «Siamo preoccupati per questa attitudine del Governo che non solo preoccupa il Paese, ma il mondo, perché gli occhi di tutti erano puntati sulla marcia che ha giuste richieste, gli indigeni sono preoccupati perché vogliono difendere l'ambiente, più che un parco i loro stessi polmoni».
Gli stessi polmoni politici che hanno fatto respirare fino ad ora la rivoluzione democratica socialista e indigena di Evo Morales.