[28/09/2011] News
Qualche giorno fa il pastore Benjamín Cortés, rettore dell'Universidad Evangélica Nicaragüense ed esponente di spicco dell'Acción Conjunta de las Iglesias (Alianza-Act), intervenendo al congresso de "Nicaragua vulnerable, unida por la vida", ha inviato «Le agenzie di cooperazione, le chiese i movimenti sociali, campesinos indigeni, donne e giovani a dare il loro sostegno per affrontare e controllare i cambiamenti climatici».
Secondo Denis Meléndez, dell'Alianza Nacional del Cambio Climático (Anacc), «Il Centroamerica è la terza regione più vulnerabile a livello globale di fronte a questo fenomeno. E' urgente che la regione riceva lo stesso trattamento dei Paesi insulari». Le Ong nicaraguensi hanno illustrato questi dati anche alla conferenza sul cambiamento climatico che si è tenuta ad El Salvador il 22 e 23 settembre.
Lo studio "La economía del cambio climático en Centroamérica: Reporte técnico 2011", conferma che «Il Centroamerica produce una piccolissima parte dei gas serra globali, però è una delle regioni più vulnerabili al cambiamento climatico. Se non si prendono prontamente iniziative, la regione soffrirà siccità ed uragani più intensi».
Julie Lennox, del Punto Focal de Cambio Climático della sede subregional del Cepal, la Comisión Económica para América Latina dell'Onu, spiega: «Abbiamo accumulato sempre più evidenze dell'alta vulnerabilità del Centroamerica tanto per lo sviluppo socioeconomico che per la sua grande esposizione alle variazioni del clima negli eventi estremi».
La Lennox ha presentato le conclusioni dello studio Onu ad El Salvador, dove secondo la ricerca i costi di uragani e perdita di risorse idriche, agricole e biodiversità nel 2100 rappresenteranno l'equivalente del 54% del prodotto interno lordo del più piccolo Paese centroamericano. LO studio presenta diversi possibili scenari, nel meno ottimista, se le emissioni globali continueranno all'attuale ritmo, alla fine del secolo la temperatura in Centroamerica potrebbe aumentare in media di 4,2 gradi centigradi e le precipitazioni annue calare del 28%, questo significa che «Avremo maggiore intensità di eventi estremi come siccità ed uragani e che parte di questi impatti si evidenzieranno nelle economie. Mentre diminuirà la produzione agricola ed avremo una perdita significativa di ecosistemi e biodiversità».
Secondo la Lennox «E' urgente un'azione sostenibile. Lo studio sottolinea che la sfida per l'adattamento per il Centroamerica è altamente preoccupante perché esige di raddoppiare gli sfiorzi per ridurre la povertà, la disuguaglianza e la vulnerabilità socioeconomica e ambientale ed aumentare la resilienza e la capacita adattativa delle società».
Ma qualche speranza c'è, secondo lo studio: «La popolazione della regione, relativamente giovane e con le sue diversità culturali, etnica, linguistica e di stili di vita è un tesoro che richiede un maggior riconoscimento ed investimento per valorizzare e sviluppare le sue capacità di risposta». Il rapporto Onu raccomanda di «Esplorare politiche di adattamento con programmi di riduzione della povertà, gestione integrale delle risorse idriche, diminuzione della deforestazione, transizione ad un'economia low carbon e protezione degli ecosistemi naturali».
Evenor Jerez, coordinatore di Alianza Act-Nicaragua, ha detto che in Centroamerica è stato avviato un serio lavoro di formazione sul global warming e che il 29 e 30 settembre a Managua si terrà un workshop sul cambiamento climatico, organizzato da 40 leader comunitari e religiosi, membri del Foro Act. Mentre il 5 ottobre si terrà un altro incontro per insegnare le tecniche di difesa ed incidenza per contrastare il cambiamento climatico dedicato alla sensibilizzazione di produttori e contadini per la conservazione e la protezione delle risorse naturali.
Cortés ha sottolineato che «Bisogna contribuire alla salvaguardia dell'acqua» e che l'atra questione da affrontare urgentemente è quella di dare una soluzione «al grave problema dell'inquinamento prodotto dalle tonnellate di spazzatura quotidiane nelle città, le quali arrecano seri problemi di salute alla popolazione e conseguenze nefaste per l'ambiente».
Il pastore protestante ha ricordato che «I Paesi dell'America Latina e del Mesoamerica soffrono da 30 anni per la deforestazione perché gli impegni della moratoria forestale non vengono rispettati». Per questo ha esortato a promuovere «Un'etica di responsabilità sociale nelle scuole, nelle università, chiese ed istanze politiche, perché assumano questo tema nei loro programmi di sviluppo».
Cortés ha richiamato gli aderenti all' Alianza-Act «A sostenere l'approfondimento della cultura della pace che è vitale per la vita, perché la guerra distrugge la terra».
Mónica López, dell'Instituto de investigación de recursos biológicos Alexander von Humboldt della Colombia, ha invitato i nicaraguensi e gli altri Paesi centroamericani a prepararsi ai prossimi climate change talks che si terranno a Panama e che saranno l'ultima tappa negoziale prima della Conferenza delle parti dell'Unfccc di Durban, in sudafrica.
José Luis Flores della Campaña Mesoamericana de Justicia Climática, ha risposto che «Il modo più efficace per adattarsi al cambiamentio climatico e quella di adattarci al sistema ed allo sviluppo attuale, i negoziati siono stati un fallimento».
Non la pensa così Mónica López dell'Observatorio de la Sostenibilidad Red-Latinoamérica (SusWatch): «Come società civile , dobbiamo far aumentare la coscienza, avere un'incif denza effettiva, fare politiche di alleanza, si tratta di fare pressione sui governi, chedegli politiche efficaci»
Intanto Le organizzazioni aderenti a SusWatch, si dicono «Preoccupate per il lento progresso dei negoziati internazionali dell'Unfccc nei loro 17 anni di riunioni e coscienti dei gravi effetti danniosi che il cambiamentio climatico sta producendo nelle comunità impoverite e vulnerabili dell'America latina e del mondo, così come per i gravi rischi che rappresenta per il nostro futuro e benessere socioeconomico- ambientale e culturale».