
[29/09/2011] News
«L'erosione calcolata sui monumenti di Roma è compresa tra 5,7 e 6,3 micron (un millesimo di millimetro)/anno, anche se ci vogliono 1000 anni per avere un riduzione di spessore che va dai 5 ai 6 millimetri; in particolare, nelle zone in cui è collocato il maggiore numero di monumenti (centro storico), la perdita di materiale è invece compresa in un intervallo più piccolo di 6 - 6,2 micron/anno quindi risulta essere al di sotto dell'"acceptable deterioration rate" (valore accettabile di erosione) che, per un materiale calcareo, secondo quanto stabilito in sede europea, risulta pari a una perdita di 8 micron/anno. I monumenti maggiormente sottoposti agli effetti dell'inquinamento, tra i 77 analizzati, sono le chiese di S. Marco, S. Martino ai Monti, S. Tommaso in Parione, S. Filippo Neri e S. Cecilia in Trastevere, situate nel centro della città nei pressi del fiume Tevere».
Sono i dati preoccupanti che emergono dallo studio condotto dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e dall'Istituto superiore per la conservazione ed il restauro (Iscr),
L'Ispra spiega che «Il lavoro riguarda la valutazione degli effetti dell'inquinamento atmosferico sui beni culturali lapidei di Roma che, come tutti i materiali a contatto con l'ambiente che li circonda, sono sottoposti ad un lento e progressivo deterioramento, accelerato dal contributo dei fattori climatici e dell'inquinamento atmosferico. Lo studio del fenomeno, finalizzato principalmente a suggerire idonee azioni di prevenzione, è reso complesso dalle difficoltà nel separare gli effetti dei vari agenti di degrado, poiché nessun fattore agisce singolarmente. Inoltre la quantità e la qualità degli inquinanti in una determinata zona non dipendono solo dal tipo delle sorgenti, ma anche dalle caratteristiche topografiche e dalle condizioni meteorologiche e meteoclimatiche. L'effetto osservato è quindi il frutto di una sinergia di più fattori».
Lo studio evidenzia che le tipologie di degrado sui beni culturali dipendono soprattutto dalla composizione e dalla natura dei loro materiali: «I monumenti calcarei (il cui componente principale è il carbonato di calcio) quali le innumerevoli Chiese presenti nella capitale e tutti i beni archeologici come il Colosseo, sono più soggetti ai fenomeni di erosione, di annerimento, ai processi di gelo e disgelo, cristallizzazione e dissoluzione dei sali e al biodeterioramento, mentre quelli bronzei, ad esempio le varie statue equestri, sono maggiormente soggetti a corrosione».
Ispara e Iscr analizzano l'erosione in termini di perdita di materiale, calcolata con l'elaborazione dei dati climatici ed ambientali misurati nel 2009, di alcuni beni architettonici di Roma, in un'area di circa 105 km2 compresa all'interno del Grande Raccordo Anulare. «I risultati del calcolo dell'erosione sono stati successivamente correlati ai dati relativi allo stato di conservazione dei beni, mediante la sovrapposizione delle mappe di erosione con le mappe relative alla distribuzione dei monumenti - spiegano i due istituti governativi - Questo metodo ha consentito di valutare non solo quali siano attualmente i monumenti maggiormente esposti all'aggressione territoriale ma anche quelli potenzialmente soggetti ad un rischio di degrado (rischio individuale) più elevato a causa dello stato di conservazione più precario».
L'impatto sui diversi monumenti è fortemente diverso anche secondo il loro stato di conservazione «Ossia della loro vulnerabilità che, nel caso dei monumenti, dipende soprattutto dalle condizioni di conservazione degli stessi; monumenti diversi presenti in aree caratterizzate dalla stessa erosione (pericolosità territoriale), presenteranno un diverso rischio individuale in funzione di una maggiore o minore vulnerabilità - sottolinea il rapporto - Il rischio individuale è stato calcolato per quei beni architettonici romani per i quali erano disponibili informazioni sul loro stato di conservazione. In questo studio sperimentale viene quindi descritto il potenziale rischio di degrado solo di una parte del cospicuo patrimonio culturale della città. Il metodo applicato consente di ottenere informazioni che possono essere utilizzate per individuare i beni caratterizzati da uno stato di conservazione più critico e sottoposti ad una maggiore aggressione ambientale, per intervenire nella riduzione dell'impatto e pianificare interventi di restauro e/o manutenzione preventiva».