[29/09/2011] News

Rifiuti in Campania: cronaca di un richiamo annunciato. Nuovo sollecito dell'Ue a risolvere la situazione

Quel che era annunciato come certo è accaduto: con una nota ufficiale oggi la Commissione europea ha  detto che «Preme sull'Italia affinché trovi soluzioni efficaci a breve e lungo termine per la gestione dei rifiuti in Campania, regione che su questo fronte è stata al centro di ripetute crisi».

Il commissario per l'Ambiente Janez Potočnik ha chiesto che  venga  inviata una lettera di costituzione in mora, «In cui si ricordano all'Italia gli obblighi che le incombono e la necessità di conformarsi alla sentenza del 2010 della Corte di giustizia dell'Unione europea. Se l'Italia non eseguirà la sentenza, la Commissione potrà adire di nuovo la Corte e chiedere che vengano inflitte ammende - scrive la Commissione - Le emergenze rifiuti verificatesi a Napoli e nelle zone circostanti destano non poche preoccupazioni in quanto ormai da vari anni stanno mettendo in pericolo la salute umana e l'ambiente. Nonostante la situazione sia in qualche modo migliorata da quando la Corte si è pronunciata nel 2010, la regione Campania continua ad essere priva di una rete adeguata di impianti per la gestione dei rifiuti. A Napoli e in molti altri comuni campani sussistono problemi ricorrenti con la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. Alla produzione giornaliera vanno ad aggiungersi i circa 6 milioni di tonnellate di vecchie balle di rifiuti ancora depositate in discariche temporanee in attesa di un definitivo smaltimento o recupero. Tra gennaio e giugno 2011 le autorità italiane hanno presentato varie bozze di piani di gestione dei rifiuti, che dovevano delineare il quadro entro cui costruire gli impianti necessari per conformarsi alla sentenza. Dalla valutazione di tali piani risulta che una grande maggioranza delle istallazioni previste sono lungi dall'essere realizzate e che la tempistica indicata dalle autorità italiane è spesso troppo vaga. La Commissione si preoccupa nel constatare che apparentemente sono state prese ben poche misure, ivi comprese le spedizioni, per garantire una regolare gestione dei rifiuti in Campania fino a quando entreranno in funzione tutti gli impianti previsti».

L'Italia e la Campania sono accusate di scorretta applicazione della direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti, verificata anche da indagini della Commissione Ue e da delegazioni del Parlamento europeo. Nel 2010 la Corte di giustizia ha condannato l'Italia per non avere istituito nella regione Campania un adeguato sistema integrato per la gestione dei rifiuti. Nella sentenza si legge: «Nella regione Campania, i quantitativi ingenti di rifiuti ammassati nelle strade, nonostante l'assistenza di altre regioni italiane e delle autorità tedesche, dimostrano un deficit strutturale di impianti, cui non è stato possibile rimediare. L'Italia ha peraltro ammesso che, alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, gli impianti esistenti e in funzione nella regione erano ben lontani dal soddisfare le sue esigenze reali. Né l'opposizione della popolazione, né gli inadempimenti contrattuali e neppure l'esistenza di attività criminali costituiscono casi di forza maggiore che possono giustificare la violazione degli obblighi derivanti dalla direttiva e la mancata realizzazione effettiva e nei tempi previsti degli impianti».

Ma la sentenza della Corte affrontava anche il tema del pericolo per la salute umana e del  danno causato all'ambiente: «L'Italia ha affermato che la gestione dei rifiuti nella regione Campania non ha avuto conseguenze pregiudizievoli per l'ambiente e per la salute umana. La Corte rammenta che, se è vero che la direttiva fissa obiettivi di protezione dell'ambiente e di tutela della salute umana, essa non specifica il contenuto concreto delle misure che devono essere adottate e lascia agli Stati membri un certo potere discrezionale. Per quanto riguarda quest'ultimo obiettivo, la Corte precisa tuttavia che esso ha una funzione preventiva nel senso che gli Stati membri non devono esporre la salute umana a pericolo nel corso di operazioni di recupero e smaltimento dei rifiuti.  L'Italia non ha contestato la circostanza che, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, 55 000 tonnellate di rifiuti riempivano le strade, che vi erano fra le 110 000 e le 120 000 tonnellate di rifiuti in attesa di trattamento presso i siti comunali di stoccaggio e che le popolazioni esasperate avevano provocato incendi nei cumuli di spazzatura. In tali circostanze i rifiuti hanno provocato inconvenienti da odori ed hanno danneggiato il paesaggio, rappresentando così un pericolo per l'ambiente. D'altra parte, l'Italia stessa ha ammesso la pericolosità della situazione per la salute umana, esposta ad un rischio certo».

Per questo la Corte concludeva che «L'Italia, non avendo creato una rete adeguata ed integrata di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti nelle vicinanze del luogo di produzione e non avendo adottato tutte le misure necessarie per evitare di mettere in pericolo la salute umana e di danneggiare l'ambiente nella regione Campania, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della direttiva "rifiuti"».

La Commissione oggi ricorda che «Con gli attuali 3 miliardi di tonnellate all'anno, la quantità di rifiuti prodotti nell'Ue è in costante aumento. La direttiva quadro sui rifiuti mira a scindere la crescita economica dalla produzione dei rifiuti e fissa un quadro giuridico per il trattamento dei rifiuti all'interno dell'Ue, allo scopo di proteggere l'ambiente e la salute umana cercando di prevenire gli effetti nocivi derivanti dalla generazione e dalla gestione dei rifiuti».

 

Torna all'archivio