
[03/10/2011] News
Deludente il Manifesto presentato da Marcegaglia, persa un'occasione
Il documento sottoscritto dalle principali organizzazioni imprenditoriali italiane e presentato a Roma lo scorso 30 settembre segna un passaggio importante nella politica italiana. Si sancisce un distacco, che maturava da tempo, tra gli imprenditori italiani e Silvio Berlusconi, il politico che era e rimane "uno di loro", ma che è ormai giudicato del tutto incapace di realizzare il mandato "modernizzatore" così chiaramente ricevuto dalla borghesia imprenditoriale italiana.
La confusione e l'impotenza mostrata dal governo di fronte alla crisi finanziaria hanno fatto il resto. Come molti altri "pezzi" del sistema, anche gli industriali sembrano aver fretta di dissociarsi dalle responsabilità dei vertici politici nei confronti di una situazione che potrebbe deteriorare rapidamente e definitivamente. La contemporanea invettiva di Diego della Valle verso l'intera classe politica nazionale, per quanti dubbi sollevi, va anch'essa letta con attenzione, come conferma di questi sentimenti diffusi e crescenti.
Quanto al documento degli imprenditori, se lo si confronta con lo sbandamento tattico e strategico delle forze politiche, esso ha il tono di un programma di governo e, per molti aspetti, lo è davvero, quasi offerto bell'e pronto per essere raccolto da qualcuno. Ma da chi? Ci si guarda attorno e proprio non si vede da dove possa venire il ricambio di una classe dirigente in fase terminale. In realtà la fine della vicenda politica di Berlusconi è, piaccia o non piaccia, anche un duro colpo alla credibilità dei vari ingressi di imprenditori in politica, annunciati o sussurrati in questi ultimi tempi. Con Berlusconi è (o dovrebbe essere) finita l'illusione che la cultura dell'impresa possa in quanto tale salvare questo Paese da un declino, che è giunto ormai ad uno stato avanzato. Se qualcuno dei potenziali imprenditori leader (Marcegaglia, Montezemolo, Della Valle, Marchionne...) verrà tentato dall'agone politico avrà bisogno di elaborare una sintesi ben più ampia che non un semplice richiamo a stili di efficienza e di pragmatismo.
Quanto ai contenuti, il documento alterna concretezza e genericità. Quella più grave riguarda la politica industriale. Salvo errore, questa espressione compare una sola volta, in termini assai distratti. E' un po' come se gli imprenditori italiani richiedessero carburante per provare a riaccendere il motore industriale del Paese, ma senza idee nuove su dove andare. Si parla di innovazione e di sostenibilità, ma, anche dopo questo documento, il Paese rimane senza un accenno di progettazione collettiva. Hanno perso davvero una buona occasione.