[20/10/2011] News

Gli uragani “cluster” che riducono l'impatto sugli ecosistemi e le assicurazioni

Proceedings of the National Academy of Sciences Usa (Pnas) pubblica una nuova ricerca, "Temporal clustering of tropical cyclones and its ecosystem impacts" nella quale diversi studiosi dimostrano che l'attività degli uragani è  di tipo "cluster" a "gruppo", piuttosto che casuale, e che ha importanti implicazioni a lungo termine per gli ecosistemi costieri e la popolazione umana. 

I tre ricercatori - Peter Mumby, de Global change institute dell'università australiana del Queensland, David Stephenson e Renato Vitolo dell' Exeter climate systems research centre dell'università britannica di Exeter -  scrivono che «I cicloni tropicali hanno enormi impatti economici, sociali, ed ecologici, e modelli del loro verificarsi influenzano molte attività di pianificazione per la fissazione dei premi assicurativi e per pianificare la salvaguardia ambientale. I modelli di maggior impatto consentono aliquote geograficamente variabili per il singolo ciclone, ma hanno come assunto che le singole tempeste si verificano come eventi casuali,con un tasso costante nel tempo. Questo studio analizza le proprietà statistiche dei cicloni tropicali dell'Atlantico e dimostra che i numeri dei cicloni locali variano nel tempo, con periodi di attività elevata seguiti da relativa quiescenza. Tale raggruppamento temporale è particolarmente forte nel mar dei Caraibi, lungo le coste di Belize, Honduras, Costarica, Giamaica, il sud-ovest di Haiti, e nella principale regione lo sviluppo degli uragani nel Nord Atlantico tra l'Africa e i Caraibi. Se non si riesce  a riconoscere questa non stazionarietà naturale dei tassi ciclonici, si possono avere previsioni inesatte. Dimostriamo questo, esplorando l'impatto dei cicloni sulle barriere coralline. Per un dato tasso di cicloni, abbiamo trovato che gli eventi "cluster" hanno un impatto meno negativo rispetto ad eventi indipendenti casuali. Le previsioni fatte utilizzando uno "standard random hurricane model" erano eccessivamente pessimistiche, prevedendo un degrado della barriera corallina per più di un decennio oltre quello previsto con la "clustered disturbante". La presenza di "clustering" permette alle barriere coralline di avere più tempo per recuperare il loro stato di salute, ma gli effetti del "clustering" variano da un ecosistema all'altro».

I ricercatori spiegano più semplicemente che «Capire come varia la frequenza di cicloni è importante sia per le persone che ne fanno esperienza che per gli ecosistemi che ne subiscono l'impatto».

I risultati pubblicati su Pnas mappano la variabilità dei cicloni nelle Americhe con un "historical record" di  100 anni dei passaggi di cicloni e dimostrano che a brevi ed intensi periodi ciclonici seguono periodi di quiete relativamente lunghi. Questo tipo di eventi a "grappolo" sono stati rilevati soprattutto nel Mar dei Caraibi e il "clustering" è stato particolarmente forte in Florida, Bahamas, Belize, Honduras, Haiti e Giamaica.

L'analisi degli effetti sulle barriere coralline dei Caraibi ha scoperto che i cicloni "cluster" sono meno dannosi per la salute del reef degli eventi ciclonici casuali, perché il periodo prolungato senza cicloni che segue permette ai coralli di recuperare e di ripristinare un buono stato prima di essere colpito dalla successiva serie di tempeste. Mumby sottolinea che è importante considerare la natura "cluster" degli eventi ciclonici per la previsione degli impatti delle tempeste e dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi: «Nel caso delle barriere coralline, le previsioni di crollo dell'habitat sono state  storicamente troppo pessimiste e sono state previste   almeno 10 anni troppo presto, perché si è presunto che i cicloni si verifichino in modo casuale nel tempo. Se vogliamo prevedere il futuro delle barriere coralline, è davvero importante considerare il raggruppamento degli eventi ciclonici. Per un dato "long-term rate of ciclone", ad esempio una volta ogni decennio, gli eventi cluster sono meno dannosi. I cicloni sono sempre stati una componente naturale del ciclo di vita della barriera corallina, però, con gli altri stress che gli esseri umani hanno introdotto negli ecosistemi, come la pesca, l'inquinamento e i cambiamenti climatici, gli impatti dei cicloni permangono molto più a lungo di quanto non facessero in passato». 

Stephenson fa notare che il raggruppamento delle tempeste è un fenomeno globale che dovrebbe essere  meglio quantificato statisticamente nelle valutazioni del rischio. «In un primo momento non ci aspettavamo che il clustering potesse avere dei vantaggi, ma questo studio ha chiaramente dimostrato che può aiutare gli ecosistemi, dando più tempo per riprendersi dalle catastrofi naturali. La ricerca ha anche implicazioni più ampie per altri sistemi come la dinamica e la vitalità delle imprese di assicurazione e la fornitura di protezione di riassicurazione. Le compagnie di assicurazione sono un po' come gli ecosistemi e quindi hanno bisogno di tempo per recuperare dopo le maggiori perdite, così il clustering dei cicloni consente all'industria di realizzare i profitti prima che arrivi il successivo cluster di perdite delle tempeste. Questo è diverso da coralli, nel senso che effettivamente hanno bisogno di un paio di cicloni per essere in grado di crescere».

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