[21/10/2011] News

Le foto di Gheddafi e quelle che non abbiamo mai visto

I giornali e le televisioni sono occupate dal macabro dibattito se sia stato giusto o meno pubblicare le foto del cadavere vilipeso di Muammar Gheddafi, trascinato nella polvere dai suoi giovani esecutori, in un feroce sabba liberatorio comune a molte fini di dittature. Qualcuno ha scomodato addirittura piazzale Loreto, dove le foto del Duce vennero in verità tenute a lungo nascoste dal Comitato di Liberazione Nazionale che impedì che la folla facesse ulteriore scempio dei corpi dei fascisti.

Chi vive ferocemente alla fine trova un giovane lupo che mette fine alla sua vita in maniera altrettanto feroce e impietosa e vedere nell'inclemente destino di un dittatore il segno che i Paesi arabi non potranno che avere un futuro di violenza e divisione è l'ulteriore riflesso neocolonialista di europei che hanno fatto rivoluzioni altrettanto sanguinarie, che hanno impiccato plaudenti re e regine e fatto due guerre mondiali, spinti da autocrazie e dal nazifascismo, che fanno sembrare la breve guerra di "liberazione" libica un pranzo di gala.

Ancora una volta si guarda alla sponda sud del Mediterraneo con i vecchi occhiali ideologici ed è sorprendente come certe analisi di giornali di destra e di sinistra coincidano fin nelle parole. Il problema è che quel che crediamo immutabile è cambiato mentre noi non sappiamo nemmeno distinguere tra la guerra tribale libica, vinta solo grazie al massiccio intervento della Nato, e le vere lotte di popolo, quelle che hanno portato alla caduta di Ben Ali in Tunisia e di Mubarak in Egitto e che ancora, affogate nel sangue da armi e carri armati occidentali e russi, cercano di portare la democrazia nello Yemen, in Siria e Bahrein. Il problema è che non capiamo che quella massa di giovani che cerca di scardinare le porte immutabili dell'autoritarismo e dell'integralismo guardano alla democrazia come una speranza, ma ai nostri governi e Paesi come a complici dei regimi che li hanno oppressi e li opprimono.

Quei giovani, quelle ragazze, quelle masse sterminate di poveri, sanno bene che Gheddafi e gli altri facevano affari con le cancellerie occidentali, che continuano a farli con le multinazionali e le imprese europee e americane, sanno di essere stati merce di scambio, per un barile in più di petrolio e un metro cubo di gas, sanno che i dittatori erano utili per tenerli "buoni", per non perturbare con i loro desideri il totem della "stabilità" dei mercati.

Continuare a credere che dopo le dittature che abbiamo sostenuto, corteggiato ed omaggiato tutto tornerà come prima è un errore gravissimo e gravido di nefaste conseguenze. A lungo termine riuscirà a conquistare la fiducia e l'amicizia del nord Africa e del Medio Oriente solo chi tratterà alla pari con il fermento nuovo che ha provocato lo sconvolgimento che avrà ancora molte forti scosse di assestamento, fino a che i popoli non otterranno libertà e giustizia. Fino a che rimarranno attaccate al  muro la foto dell'ingiustizia che vive il popolo palestinese. 

Per questo, non sono solo le foto del povero cadavere di Gheddafi utilizzato come trofeo a fare orrore, sono le foto che mancano o quelle che si vorrebbero far sparire. Sono le foto mai pubblicate delle centinaia di oppositori finiti sotto la sabbia delle spiagge di Tripoli o la sabbia del deserto egiziana, sono le foto delle tombe senza nome sulle quali famiglie distrutte non possono piangere, sono le foto delle mille camere di tortura mediorientali nelle quali continuano ad operare i volenterosi scolari dei servizi segreti occidentali e "sovietici", sono le foto dei lager nei quali Gheddafi per conto del governo italiano imprigionava e torturava i neri africani, sono le foto dei giustiziati nel deserto per raggiungere il sogno europeo, degli sterminati dai kalashnikov e dalla sete in fuga dalle dittature, sono le foto di quell'umanità dolente e coraggiosa che cerca la salvezza e la speranza senza trovarle, mentre in altri luoghi freschi e ben protetti si scattano altre foto, con divise e bandiere, con Capi di Stato e imprenditori che stringono mani che grondano sangue e vendono armi in cambio di petrolio, materie prime, terre e mercati.

Forse, fra 40 anni, mentre la televisione ci mostrerà un altro Gheddafi sbranato dalla rabbia e dal dolore di un popolo, ci accorgeremo ancora una volta che quelle foto imbarazzanti, quei baciamano, quegli abbracci, quelle bustarelle che passano sotto i tavoli delle cene ufficiali o le partecipazioni in aziende e squadre di calcio di dittatori e monarchi assoluti, vanno fatte sparire e che anche l'immagine di un dittatore morto è pur sempre l'immagine di una nostra vergogna, della complicità che diventa improvvisamente inconfessabile. «Sic tansit gloria mundi», ha detto qualcuno, ma non si pensi che sia solo la gloria di Gheddafi.

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