[25/10/2011] News

Beppe Croce a greenreport.it sulla proposta Coldiretti: «I terreni agricoli del demanio? Affittiamoli ai giovani»

Il problema dell’agricoltura non è certo il fotovoltaico a terra ma la cementificazione, con Pac e comuni che non ci aiutano

L'Italia ha «un drammatico bisogno di terra per uso agricolo poiché negli ultimi 40 anni sono andati persi quasi 5 milioni di ettari di superficie coltivata, pari a due volte la regione Lombardia. Un processo dovuto alla sottrazione per usi industriali, residenziali, civili ed infrastrutturali, oltre che all'abbandono delle zone marginali che mette a rischio la sicurezza del territorio».

Della proposta lanciata dalla Coldiretti nell'occasione dell'XI Forum internazionale dell'agricoltura e dell'alimentazione, recentemente svoltosi a Cernobbio, è necessario focalizzare anzitutto questo dato critico che sottolinea uno stato delle cose, in Italia, indegno per quel settore dell'economia che in tutti i sensi merita l'appellativo di "primario", e dal quale dipendiamo non solo per quanto riguarda l'alimentazione, ma ormai sempre più anche per ricavare biomateriali e biocarburanti.

Per il resto, il presidente della Coldiretti, Sergio Marini - riprendendo i dati raccolti nel corso dell'ultimo censimento dell'agricoltura - ha affermato come lo Stato italiano sia proprietario di «338mila ettari di terreni agricoli, gestiti attraverso amministrazioni ed enti pubblici, per un valore stimato di oltre 6 miliardi di euro, che potrebbero essere venduti agli agricoltori per sostenere le misure necessarie al decreto sviluppo del Governo sollecitato dall'Unione europea». In questo modo, sempre a detta di Coldiretti, sarebbe possibile riuscire a calmierare i prezzi folli raggiunti dalla terra sul mercato.

In un momento storico nel quale è cosa comune declamare le virtù della privatizzazione, non si sono fatti attendere gli applausi in merito da parte di Saverio Romano, ministro dell'Agricoltura, che ha dichiarato di voler raccogliere immediatamente la proposta della Coldiretti. Nonostante (o, forse, proprio per) tale illustre e subitanea presa di posizione, lo scetticismo in merito rimane grande.

Greenreport.it, per un punto di vista critico, ha intervistato il responsabile "agricoltura non food" di Legambiente, Beppe Croce (Nella foto), che si è detto «molto perplesso. Intanto, 338mila ettari rimangono una frazione pari ad attorno il 2% soltanto della Sau (superfice agricola utilizzata, ndr) italiana, che ammonta a circa 15 milioni di ettari. È ben difficile, dunque, che la vendita di un solo 2% possa riuscire nell'impresa di calmierare i prezzi della terra; inoltre, in questo 2% sono inclusi molti territori come quello del Parco di San Rossore, che per gran parte della sua estensione è composto da territorio non utilizzabile per usi agricoli, e quel semplice 2% va dunque ridotto ulteriormente».

«Anche dalla parte delle entrate statali, tale intervento non avrebbe impatti rilevanti, almeno per lo scopo di contribuire a tappare il buco del debito italiano - continua Croce. Può esser corretto pensare di vendere alcuni specifici terreni del demanio pubblico, ma è assolutamente fuorviante pensare che questo possa contribuire significativamente a ridurre l'ammontare del debito. Se lo scopo è invece quello di tornare a dare la possibilità ai giovani di coltivare la terra - un'esigenza che la stessa Coldiretti ha evidenziato - meglio sarebbe pensare di offrire loro appezzamenti ad un canone agevolato, ed indirizzarli verso pratiche agroecologiche, con la proprietà dei terreni comunque ancora in mano al demanio».

C'è di più. All'interno dello stesso Forum, Coldiretti si è detta preoccupata «dall'occupazione dei terreni da parte dei grandi impianti fotovoltaici e dal cambio di destinazione spinto dal boom del biogas a cui sono oggi destinati ben 70mila ettari coltivati». Come riportato dall'Agi, secondo uno studio della Coldiretti gli impianti a terra per il fotovoltaico coprono in Italia una superficie di 33,2 milioni di metri quadrati (3316 ettari) per una potenza installata di 1.465,5 Megawatt (Mw), pari al 42,4 per cento del fotovoltaico totale.

«3316 ettari rappresentano circa lo 0,02% della Sau: un'inezia - spiega ancora Beppe Croce. Quasi sempre, inoltre, tali terreni non sono rubati all'agricoltura, ma all'abbandono totale: a tutt'oggi sono molte le coltivazioni agricole che non sono in grado di dare una retribuzione adeguata agli agricoltori. Ciò non toglie che siamo e rimaniamo totalmente d'accordo nel cercare di limitare il più possibile il fotovoltaico a terra, ma la distribuzione degli incentivi e la presenza di normative vincolanti persegue già questa linea, e la stessa Regione Toscana ne è un esempio.

Anche per quanto riguarda il biogas, tutto dipende da dove e come è prodotto. Osteggiamo gli impianti di biogas messi in piedi da furbetti che non hanno terra o allevamenti, ma lo fanno solo per prendere incentivi - acquistando poi granella di mais sul mercato, col risultato di farne lievitare il prezzo. Invece, se il biogas viene prodotto da aziende agricole e zootecniche è bene, poiché permette il riutilizzo di materie altrimenti inquinanti (ricordando come i liquami provenienti dalle città, insieme a quelli che originano da allevamenti animali ed in special modo di maiali, costituiscono uno dei principali fattori d'inquinamento del Po e di parte del mare Adriatico).

Il vero problema dell'agricoltura italiana è che mentre noi perdiamo superficie agricola utile a causa di un'urbanizzazione ed una cementificazione che non si ferma neanche in tempo di crisi, il nostro settore primario versa ormai da parecchi anni in una crisi grave e preoccupante. Non ci aiuta la Pac (politica agricola comune, ndr) e non ci aiutano i comuni italiani e toscani, che da questo punto di vista fanno schifo, dimostrandosi vessatori nei confronti di agricoltori che si vogliono fare una stalla in legno, quando poi permettono la posa di colate di cemento a scopo commerciale su zone dichiarate ex agricole. Purtroppo, continuiamo a sottovalutare il ruolo che l'agricoltura riveste nel nostro Paese, mentre l'attenzione verso questo settore fondamentale dell'economia dovrebbe sempre rimanere molto alto».

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