[08/11/2011] News

I rinoceronti lanosi e la slitta di Babbo Natale

Uomini, cambiamenti climatici ed estinzione della mega-fauna dell'era glaciale

L'estinzione della megafauna avvenne cinquantamila anni fa. Non meno di 150 specie di animali di grossa taglia si aggiravano sul pianeta, compresi mammut, bradipi giganti e orsi delle caverne. Entro 40 mila anni i due terzi di loro erano estinti. Si pensava che gran parte di queste estinzioni dipendessero dalla "guerra lampo" condotta dai cacciatori umani contro la mega-fauna, mentre diversi ricercatori individuavano le cause nella fine dell'era glaciale e nei conseguenti cambiamenti climatici e degli habitat. Nature pubblica lo studio "Species-specific responses of Late Quaternary megafauna to climate and humans" nel quale un folto e qualificatissimo team internazionale di scienziati (provenienti da università ed Istituti scientifici di Argentina, Australia, Canada, Cina, Danimarca, Germania, Gran Bretagna, Norvegia, Olanda, Panama, Russia, Spagna, Svezia ed Usa), coordinato dall'università di Copenhagen, spiega che l'estinzione di alcune grandi specie di mammiferi negli ultimi 10.000 anni è stata causata non solo dal cambiamento climatico, ma anche dalle attività umane. Nello studio paleontologi, geologi, genetisti e realizzatori  di modelli climatici contribuiscono a chiarire quale sia il probabile destino delle specie di mammiferi nell'era del global warming e dell'Antropocene.

«Nonostante decenni di ricerca - scrivono i ricercatori su Nature - il ruolo svolto dal clima e dall'uomo  nella drammatica estinzioni dei mammiferi di grande taglia durante il periodo del tardo Quaternario rimangono controversi. Qui utilizziamo Dna antico, modelli di distribuzione delle specie e dati fossili umani per chiarire come il clima e l'uomo abbiano plasmato la storia demografica di rinoceronte lanoso, mammut lanoso, cavallo selvatico, renne, bisonti e bue muschiato. Abbiamo dimostrato che il clima è stato uno dei principali motori di cambiamento della popolazione negli ultimi 50.000 anni. Tuttavia, ogni specie reagisce in modo diverso agli effetti delle variazioni climatiche, della ridistribuzione degli habitat e all'invasione umana. Sebbene il cambiamento climatico da solo può spiegare l'estinzione di alcune specie, come il bue muschiato eurasiatico e i rinoceronti lanosi, una combinazione di effetti climatici e antropici sembra essere responsabile dell'estinzione di altre, inclusi i bisonti eurasiatici della steppa e i cavalli selvatici». 

Eske Willerslev del Centro di geogenetica dell'università di Copenhagen, spiega che «I nostri risultati escludono categoricamente le teorie secondo le quali queste estinzioni sono state causate da un singolo fattore. I nostri dati suggeriscono che bisognerebbe stare attenti a fare generalizzazioni riguardo l'estinzione di specie passate e presenti: gli impatti relativi dei cambiamenti climatici e l'avanzamento degli esseri umani sull'estinzione delle specie dipende in realtà da quali specie osserviamo».

Secondo la biologa Beth Shapiro, della Pennsylvania State University, «Le 6 specie (rinoceronti lanosi, mammut lanosi, cavalli selvatici, enne, i bisonti e il bue muschiato) erano all'apice durante l'Era pleistocenica, un periodo che è durato da 2 milioni a 12.000 anni fa. In questo periodo ci furono molti alti e bassi climatici, oscillazioni tra lunghi intervalli caldi chiamati periodi interglaciali, durante i quali il clima era simile a quello che abbiamo oggi, seguiti da lunghi intervalli freddi chiamati periodi o ere glaciali, Anche se questi animali abituati al freddo sicuramente stavano bene durante i periodi glaciali, riuscivano comunque a trovare luoghi dove il clima era adatto, rifugi, in modo da sopravvivere durante i più caldi periodo interglaciali. Poi, dopo il picco dell'ultima era glaciale circa 20.000 anni fa, il loro destino cominciò a cambiare. La domanda è: che cosa era cambiato? Perché questi mammiferi non erano più in grado di trovare rifugi sicuri dove poter sopravvivere in un clima più caldo?. Una delle fonti di informazioni che abbiamo usato è stato il Dna degli stessi animali. Con i dati genetici, è possibile fare una stima di quando e di quale percentuale delle popolazioni sono state in grado di crescere e diminuire man mano che il clima cambiava e il loro habitat cominciava a scomparire. Sono stati raccolti anche dati climatici dei periodi glaciali e interglaciali, in particolare la temperatura e gli schemi delle precipitazioni». Il team ha raccolto anche dati archeologici per valutare fino a che punto gli esseri umani che ci hanno receduto abbiano avuto un impatto sulla sopravvivenza o l'estinzione delle 6 specie di macro-fauna. «Per esempio - dice la Shapiro - sappiamo che gli esseri umani hanno vissuto nei luoghi dove le ossa degli animali erano state cotte o trasformate in lance e che utilizzavano gli animali come risorsa. Anche nei luoghi nei quali non troviamo prove che gli esseri umani utilizzavano questi animali, se gli esseri umani e gli animali vivevano nello stesso posto allo stesso tempo, gli esseri umani possono aver avuto una qualche influenza sulla sopravvivenza o meno degli animali».

I ricercatori hanno scoperto che, a parte i rinoceronti lanosi, il cui habitat non si è mai sovrapposto a quello degli esseri umani, l'attività antropica ha avuto forti conseguenze sulle altre 5 specie, in particolare i nostri antenati, con la crescita della popolazione umana, occupavano nuovi territori, impedendo a questi grandi animali di trovare rifugi alternativi di fronte al riscaldamento climatico. La Sahpiro sottolinea: «La conclusione è che durante il più recente evento di riscaldamento, quando l'ultima era glaciale si esaurì nel caldo intervallo che abbiamo oggi, qualcosa impedì a questi animali di fare quello che avevano sempre fatto, trovare rifugi alternativi, luoghi non ideali ma abbastanza buoni da mantenere le popolazioni ad una massa critica. Questo "qualcosa" eravamo probabilmente noi, gli esseri umani. I risultati indicano che mentre i periodi caldi hanno forzato queste specie a superare le difficoltà, sono stati gli eventi evolutivi ad avere su di esse l'impatto maggiore».

Eline Lorenzen, la ricercatrice dell'università di Copenhagen che ha guidato il gruppo di ricerca, evidenzia alcune  difficoltà incontrate: «Non siamo riusciti a indicare quali tendenze caratterizzano le specie estinte, nonostante le grandi quantità di dati diversi analizzati. Questo suggerisce che sarà difficile per gli esperti prevedere come i mammiferi esistenti risponderanno ai futuri cambiamenti climatici globali, per prevedere cioè quali specie si estingueranno e quali sopravvivranno». Gli esseri umani non sono colpevoli di alcune estinzioni ma lo sono sicuramente di altre. I resti di bue muschiato  si trovano  raramente nei luoghi abitati dall'uomo  perché l'areale della specie si sovrapponeva poco con il nostro e la sua restrizione suggerisce dopo l'era glaciale suggerisce che sia stato il cambiamento climatico ad estinguerlo nell'Eurasia. I cavalli selvaggi invece hanno vissuto in Europa e in Asia fino a poco tempo fa e due terzi dei siti archeologici europei e siberiani contengono le loro ossa, suggerendo un forte ruolo degli esseri umani nella loro scomparsa. Secondo Lorenz  «La biologia offre una spiegazione per queste differenze: per esempio,  i buoi muschiati affrontano male le temperature estive elevate ed ora si trovano solo nell'Artico nordamericano e in Groenlandia. I mammut si riproducevano lentamente, mentre le renne sono più feconde, quasi come un roditore».

Su Nature, Eske Willerslev, un paleo-genetista dell'università di Copenaghen, dice: «Sembra quasi come se ci sia stato un processo casuale Se avessimo fatto altre esperienze completamente diverse, avremmo avuto mammut lanosi e non renne, così la slitta di Babbo Natale sarebbe stata portata dai mammut lanosi. Se fossi stato in giro  da 20.000 a 35.000 anni fa avrei potuto prevedere che le renne si sarebbero estinte mentre per il bue muschiato sarebbe andato tutto bene. Questo potrebbe significare che sarà difficile stabilire quali specie moderne siano maggiormente a  rischio di estinzione» .

Anthony Barnosky, un palaeobiologo dell'University of California, Berkeley, concorda sul fatto che le estinzioni dell'era glaciale possono offrire un'anteprima delle estinzioni provocate dalla combinazione odierna di cambiamento climatico ed espansione umana e dice che «Uno sguardo più da vicino alla biologia ed all'ecologia delle singole specie dovrebbe offrire indizi utili a capire quali sono sotto una minaccia più grande». Altri, come Hendrik Poinar, un paleogenetista dell'università canadese McMaster di Hamilton, invita alla cautela: «La situazione della megafauna potrebbero essere fuorvianti se applicata alle estinzioni moderne di animali molto più piccoli, e persino alle piante. E 'interessante quello che è successo al mammut, ma quando pensiamo alle specie odierne la megafauna rappresenta solo una minima parte della fauna che abbiamo».

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