[10/11/2011] News toscana

La Lav interviene sullo spinoso caso dei cinghiali dell'Isola d'Elba

Gentili giornalisti, ci riferiamo alla vicenda dei cinghiali dell'Isola d'Elba e delle varie prese di posizioni intorno alla loro eradicazione mentre pensiamo che l'Isola d'Elba abbia altri, veri problemi da affrontare, soprattutto quelli relativi alla terribile inondazione subìta durante i giorni scorsi.

Già  negli anni passati il problema dei cinghiali dell'Isola  (che non erano mai stati presenti e che non sono certo arrivati fin lì nè a nuoto nè con il traghetto), si è cercato di "risolverlo" con numerose cacciate (braccate con cani da seguita), svolte da cacciatori più o meno "selecontrollori" con risultati modesti (e ci venga perdonato questo termine quando si parla di uccisione di esseri viventi).

Gli animali abbattuti sono risultati in numero relativamente limitato e siamo certi che l'impegno profuso nell'eradicazione da parte dei cacciatori non sia stato di poco conto considerato l'utilizzo di numerose squadre per le "azioni" in un territorio che, sia dal  punto di vista della vegetazione che dell'estensione, è davvero facilmente controllabile (almeno che i cinghiali, per evitare la fucilazione,  non si siano salvati ai tavolini dei bar sul lungomare di Portoferraio).

E' quindi facile dedurre che:

Non condividiamo l'approccio ambiguo a questa tematica da parte di alcune associazioni ambientaliste e ci stupisce che da parte loro si  ritenga assolutamente necessaria l'eradicazione del cinghiale il quale, seppure non autoctono (vecchia storia...di immissioni....mai controllate......mai fermate......mai condannate nonostante la legge vieti l'inquinamento genetico) è pur sempre un essere vivente.

Ammettendone l'eradicazione tramite l'uccisione, vengono platealmente meno tutti i principi portanti di associazioni che sì, mirano alla preservazione della biodiversità ma anche, come spesso viene esplicitamente dichiarato,  guardano alla salvezza dell'individuo sostenendo "con forza il principio del rispetto per ciascuna entità vivente". Ci sembra che i due concetti si contraddicano l'un l'altro e quindi non possano convivere, annullandosi a vicenda.

Perchè sterminare se le soluzioni incruente esistono, sancite dall'art. 19  della legge 157/92 ?

Anche se, purtroppo, disattese, queste norme prevedono che  il controllo della fauna selvatica debba essere "praticato di norma mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica INFS (ora ISPRA)"; il TAR Friuli Venezia Giulia con sentenza 22 novembre 2007, n. 732, ha ribadito che  "I piani di abbattimento devono dar conto del previo esperimento di metodi ecologici e dell'inefficacia di detti metodi incruenti certificata dall'INFS" .

Anche la nota che leggiamo nel comunicato del WWF, sottolinea peraltro quanto sopra, sostenendo (incomprensibilmente) che, comunque, gli animali eventualmente catturati "non possono essere indirizzati a programmi di traslocazione verso altri siti naturali" (?). Eppure nel nostro Paese ci sono aree delimitate  dove in passato i cinghiali sono già stati "traslocati"!

La biodiversità, in Italia,  è compromessa ormai da secoli, anzi da millenni (in fondo anche il pomodoro e la patata in Europa, il cipresso in Toscana, sono specie vegetali aliene così come il muflone, l'istrice, il daino, il coniglio... ). I nuovi alieni sono figli della globalizzazione. Vogliamo eradicare i cipressi? Il coniglio? La scelta, evidentemente, non sempre è figlia della salvaguardia della biodiversità ma di alcuni specifici interessi. E, considerando che si decide di sopprimere esseri viventi che non hanno colpa della loro introduzione o reintroduzione, perchè non agire sui veri colpevoli, perchè non agire sulle cause?  

Sul problema dei danni alle colture agricole è d'obbligo la cautela in quanto non è sufficiente la loro declamazione emotiva o interessata,  ma  devono essere accertati da personale tecnico altamente specializzato (agronomi, dottori forestali , ecc.). La stima della perdita di raccolto in seguito ai danni causati dal cinghiale, è un'operazione complessa, affatto semplificabile.

Secondo quanto riportato da uno studio dell'A.R.S.I.A. (agenzia-regionale-sviluppo-innovazione-agricola forestale) dal titolo "i danni causati dal cinghiale e da altri ungulati alle colture agricole - stima e prevenzione"-(1999)  la stima dei danni alle coltivazioni è lavoro molto difficile ...e non si può "escludere con sicurezza la possibilità che i danni siano causati, in tutto o in parte, da animali domestici o inselvatichiti..." e ancora:..."una corretta determinazione della specie è cruciale per l'impostazione di un piano di prevenzione e per l'eventuale adozione di piani di abbattimento..."

Per quanto riguarda i censimenti, ribadiamo quanto detto e ridetto  dalla nostra Associazione: devono essere eseguiti da personale accreditato afferente alle Università toscane, in ottemperanza all'art. 2 comma 3 della legge regionale 3/2010 (che modifica la legge regionale 3/1994) e recita: " la Regione, per la realizzazione degli scopi definiti dalla presente legge, si avvale del supporto scientifico delle Università toscane, nonché istituti scientifici e organismi di studio...",  mancando tale dato scientifico, gli abbattimenti avverranno a "casaccio", senza un riferimento determinante.

Ci lascia inoltre molto perplessi  la proposta relativa al fatto che: " il  ricavato dai prodotti derivati dalle spoglie degli animali, qualora soppressi... ecc. ecc. .... dovrà essere destinato ad esclusivo sostegno del programma di controllo e delle attività di conservazione realizzate dal Parco"; ci sembrerebbe pratica molto crudele e una specie di autofinanziamento del Parco davvero assurdo  e a dir poco paradossale. Da una parte si istituisce il Parco per salvaguardare la vita degli animali, dall'altra questi animali si uccidono per mantenere quel Parco che deve salvaguardare la loro vita (a meno che si accetti " l'etica" delle scelte di antica memoria: questo sì, questo no; questo è bianco, questo è nero, questo è alloctono, questo è autoctono.....).

Comprendiamo che l'equilibrio della biodiversità nel Parco sia molto labile e precario (così come lo è peraltro in altre zone della Toscana e dell'Italia), anche alla nostra Associazione sta molto a cuore questa splendida realtà, non crediamo peraltro che la presenza dei cinghiali possa inficiare tale equilibrio  e ci sembra esagerato e contestabile  negare ogni altra soluzione che non sia l'abbattimento. Senza dati scientifici e sicuri riguardo agli effettivi  danni alle colture, all'intera biodiversità insulare,  al censimento effettivo della popolazione, ogni dichiarazione che richieda interventi di eradicazione appare abnorme e non fa altro che dare linfa e "virtù" all'attività venatoria e creare aspettative negative e fuorvianti nei confronti della popolazione locale.

Confidiamo in una riflessione.

Risponde la redazione:

Una sola semplice osservazione: perché se l'eradicazione favorirebbe i cacciatori (che hanno reintrodotto i cinghiali all'Elba dopo 150 anni dalla loro eradicazione precedente ad opera dei contadini) i cacciatori sono contrari all'eradicazione dei cinghiali? E perché spesso utilizzano le stesse motivazioni della Lav?

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