[23/11/2011] News

La Cina ai Paesi ricchi: «La crisi non è una scusa per non mantenere gli impegni sul clima»

La Commissione nazionale ha presentato il programma pilota di mercato di emissioni

La Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme (il governo cinese) ha approvato l'avvio di un progetto pilota per il mercato delle emissioni di gas serra, in 7 tra municipalità e province, «Al fine di incoraggiare la riduzione delle emissioni di CO2». Le metropoli interessate sono la capitale Pechino, Tianjin, Shanghai, Chongqing, Shenzhen, il progetto pilota comprende le intere province di Hubei e Guangdong.

Lo ha rivelato a Xinhua una fonte anonima governativa, che però si è rifiutata di fornire dettagli su chi dovrà attuare il progetto pilota: «I dettagli, come la durata del programma e la maniera in cui sarà messo in opera, restano sconosciuti», scrive l'agenzia ufficiale cinese in questo strano gioco delle parti che probabilmente fa parte della strategia di avvicinamento alla Cop17 Unfccc che inizierà a Durban il 28 novembre.

Sul sito internet del governo municipale di Chongqing si legge che «Il programma è un mezzo importante per realizzare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, minimizzando allo stesso  tempo i costi».  

Xinhua ricorda che «La Cina si è impegnata a ridurre le emissioni di CO2 per unità di Pil dal  40 al 45% nel 2020 in rapporto al 2005, più o meno le emissioni di gas serra annue in Gran Bretagnia». Secondo un Libro bianco pubblicato martedì, «il governo cinese farà del cambiamento climatico mondiale una priorità del suo XII piano quinquennale»,

Intanto il vice direttore della Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme, Xie Zhenhua, manda a dire ai delegati dei quasi 200 Paesi che si riuniranno fino al 9 dicembre a Durban, in particolare a quelli dei Paesi sviluppati perché sentano anche quelli dei Paesi in via di sviluppo,  che  «In  seguito alla crisi finanziaria, ogni Paese ha avuto i suoi problemi, ma questi problemi sono solo temporanei». I cinesi sanno che la crisi economica in Europa e le rivoluzioni ed i disordini politici in Nord Africa e Medio Oriente hanno spinto i cambiamenti climatici in fondo alla lista delle priorità globali, facendo passare in secondo piano il summit climatico di Durban e le promesse ed i piani per fornire supporto tecnologico e finanziamenti per adattarsi al global warming ai Paesi in via di sviluppo.

Durante una conferenza stampa a Pechino Xie ha spiegato che «Il cambiamento climatico non è meno importante in questa fase, ma non è così saliente». Riferendosi al rapporto "Review of nations' emissions reduction pledges and a major 2013-14"  dell'Ipcc, l'alto funzionario cinese ha detto: «Penso che richiamerà ancora una volta l'attenzione della comunità globale nel 2015, dopo che sarà effettuata una nuova serie di valutazioni scientifiche».

Il problema sono i 30 miliardi di dollari di fast-start funding promessi nel 2010 alla Cop16 Unfccc dai Paesi ricchi (entro il 2012) per aiutare i Paesi più poveri ad adattarsi agli effetti dell'aumento delle temperature ed alle mutate condizioni meteorologiche, con l'impegno ad aumentare gli stanziamenti fino a 100 miliardi di dollari l'anno entro il 2020. Xie ha detto che «E' ormai improbabile che l'impegno dei  30 miliardi di dollari venga soddisfatto», ma ha detto di sperare che a Durban possano essere approvati i meccanismi del Green climate fund.

«Comprendiamo le difficoltà dei Paesi occidentali, ma il problema di cui stiamo parlando oggi è un meccanismo di finanziamento a lungo termine, mentre le difficoltà economiche sono temporanee». Xie ha ribadito il sostegno della Cina ad un prolungamento del Protocollo di Kyoto oltre il suo primo "periodo di impegno" che termina nel 2012, nonostante l'opposizione degli Usa e di altri Paesi sviluppati e petroliferi: «Come risolvere questo problema è in realtà veramente centrale, sarà davvero il problema chiave durante il meeting di Durban». Russia, Canada e Giappone hanno già detto che non approveranno una seconda fase del  Protocollo di Kyoto se Usa e Cina, i due più grandi emettitori di gas serra del pianeta, non firmeranno accordi vincolanti di riduzione delle emissioni.

Qualche problema di credibilità i cinesi ce l'hanno: la Cina è il Paese ad aver tratto maggiore vantaggio dal Clean development mechanism (Cdm) del Protocollo di Kyoto, che consente ai paesi industrializzati di acquisire corbon credit  investendo in progetti "puliti" nei Paesi in via di sviluppo. La Cina ha il maggior numero di progetti Cdm finanziati e sono venute fuori diverse truffe, tanto che l'Unione europea, il più grande mercato dei crediti di carbonio, ha chiesto, per approvare una nuova fase del Protocollo di Kyoto, modifiche al Cdm, dicendo che attualmente manca l'integrità ambientale. Ma Xie risponde che L' integrità ambientale è stata utilizzata come scusa. Dai climate talks  del 2009 di Copenhagen, il 57%  tutti i tagli promessi sono venuti dalle nazioni più povere».

Xie, dopo aver ricordato l'impegno a ridurre la CO2 per unità di Pil ha detto che «La Cina attuerà inoltre un risparmio energetico pari a 670 milioni di tonnellate di carbone standard e imporrà un tetto "appropriato" al consumo energetico complessivo nel periodo 2011-2015». Poi, guardando a Durban, ha aggiunto che «La Cina spera ancora di sbloccare la situazione tra Paesi ricchi e poveri», esortando «Le nazioni industrializzate che non vogliono  firmare il protocollo di Kyoto a compiere sforzi paragonabili ai nostri ed a ridurre le loro emissioni», ma anche invitando «le nazioni più povere a fare loro tagli volontari in cambio di un sostegno tecnologico e finanziario. Se tutto questo avvenisse, ogni parte avrebbe preso provvedimenti per ridurre il riscaldamento, il problema dell'integrità ambientale sarebbe risolto ... e sarebbero anche soddisfatti i requisiti per un secondo periodo di adempimento stabilito nel meeting di Cancun».

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