[05/12/2011] News

La crisi dell'Europa, Tricarico a greenreport.it: «Superato punto di non ritorno»

Giorni di fuoco per l'Italia e per l'Europa, ma solo verso la fine dell'anno si potrà davvero capire quale piano  verrà tentato per uscire da questa crisi che sembra senza fine. Già consci del fatto che il 2012 sarà un anno come minimo peggiore del 2011. Le parole d'ordine sembrano ora salvare il salvabile e riformare l'Europa, ma la dichiarazione di intenti - ammesso che sia condivisibile - va declinata sul come.

Ne abbiamo parlato con Antonio Tricarico, membro della steering committee del network internazionale "Focus on Finance".

«Credo che quella che viviamo sia sempre una crisi bancaria più che di debito sovrano, crisi bancaria che ovviamente si scarica su altro. Poi a questa si aggiunge l'esasperazione della bizzarra e folle costruzione di una moneta comune senza politiche economiche e fiscali comuni. In breve l'euro ha accelerato i divari interni e la finanziarizzazione del sistema bancario. Questi interventi nel lungo termine necessitano di ricostruire politiche europee di stampo profondamente diverso in ambito economico e bancario. Questo vuol dire rivedere profondamente il modello economico tedesco (centrato sull'idea di export globale). Per inciso penso che in questo i tedeschi abbiano principalmente torto, non tanto nel non dare soldi per salvare gli altri».

E le politiche di austerità serviranno?

«Non serviranno affatto, anzi acuiranno il problema nel medio termine, cioè andremo in profonda recessione e vivremo maggiore deindustrializzazione e crisi bancaria (vedi il modello greco). Credo che la modifica dei trattati per mettere il pareggio di bilancio sia una follia ancora più grande. E non basterà lo stesso».

Che fare dunque?

«Nel breve termine ovviamente vi sono questioni di liquidità sovrana e bancaria da affrontare. Gli Eurobond e lo stesso fondo di stabilità arrivano tardi e sono troppo  piccoli per il loro compito, servono almeno 2 trilioni e passa sicuri. L'unica soluzione è che la BCE diventi prestatore di ultima istanza, ossia garantisca  governi e banche all'infinito, Con questo impegno la speculazione si calmerà. Ma questo serve di fronte all'incendio, non nel ricostruire la casa, anzi genererebbe azzardo morale permanente nel sistema bancario e per altro sposterebbe la speculazione altrove (i paesi emergenti e le commodity). Perciò la vera domanda è un'altra».

Quale?

«La politica monetaria e la gestione del debito, pubblico o privato che sia. Purtroppo oggi l'euro non rappresenta la vera forza dei paesi della periferia e questo è un problema economico enorme.
Un'integrazione europea economica vera richiede enormi trasferimenti  di ricchezza interna nell'Unione, ma questo non è politicamente fattibile. E' finita l'era della solidarietà interna».

E' la fine dell'Europa come la intendiamo oggi?
«Io sono profondamente europeista (Europa della solidarietà dei popoli), ma sono realista oramai e penso che abbiamo già superato un punto di non ritorno e la trasformazione dell'area euro è inevitabile a questo punto».

Pensa a un'uscita dell'Euro da parte dei paesi periferici in difficoltà?

«I paesi della periferia devono riacquistare una sovranità monetaria, strumento economico centrale e fondamentale. Sennò soccomberanno ancora di più. La domanda è come gestire una lunga transizione, ristrutturazione di debiti (sì default anche), uscite controllate dall'euro ed entrate in qualcos'altro.
E il problema non è tanto che abbiamo vissuto sopra i nostri mezzi (i ricchi di sicuro certo), ma l'Europa ha accampato pretese ed ambizioni naive politicamente ed economicamente. Per reiniziare una vera integrazione europea, anche fiscale se si vuole, è necessario forse fare prima dei passi indietro per aggiustare gli errori fatti. Certo la gestione politica di questo è un problema, ma va trovato il modo».

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