[06/12/2011] News

Durban, prosegue l'incertezza: Cina disponibile, ma Canada si tira fuori

Siamo all'inizio della seconda settimana di Conferenza delle parti sui mutamenti climatici numero 17, che nella tradizione è anche quella decisiva. E' durante questa settimana che normalmente si inizia a fare sul serio, ma come un po' drammaticamente preannunciato prosegue l'incertezza con qualche pesante preoccupazione in più. Infatti la notizia di oggi sembra quella che la Cina sarebbe disponibile ad impegnarsi mentre il Canada si tira fuori. Si rischia quindi una politica al ribasso con un futuro dove gli impegni a prendersi cura del pianeta saranno pochi e mal distribuiti, e a pagarla come sempre saranno i più poveri, che siano al Sud o nella marginalità delle grandi città del Nord. Ma il Canada, in sintonia con altri Paesi come il Giappone o gli Stati Uniti che pure non hanno sottoscritto il Protocollo di Kyoto ed i suoi impegni vincolanti, sembra aver fatto la sua scelta. Un costo troppo alto hanno affermano, e senza il contributo di Paesi come Cina, Stati Uniti e India di nuovi impegni non se ne parla. Anche se proprio la Cina stavolta un passo avanti lo aveva fatto, affermando ieri la propria disponibilità ad accettare imposizioni vincolanti sull'emissioni dal 2020, anno di scadenza degli impegni volontari che Pechino si è data.

La Conferenza di Durban è iniziata la scorsa settimana sotto una pioggia battente, a tratti torrenziale, che ha addirittura causato delle vittime, quasi a mostrare fisicamente quanta urgenza ci sia e quanto dovrebbe essere un vero imperativo quello enunciato dal primo ministro sudafricano in apertura di seduta: «We are in Durban with one purpose: to find a common solution that will secure a future to generations to come», e cioè «Ci troviamo a Durban con un solo scopo: trovare una soluzione comune che garantisca un futuro per le generazioni a venire».

 Il documento dall'inquietante nome "Amalgamation document", che ha dato il via all'appuntamento, ha tentato lo sforzo di tenere tutto insieme, ma diversi a cominciare dall'Unione Europea hanno lamentato la scarsa ambizione di un atto che dovrebbe pianificare gli sforzi dei prossimi anni per la lotta al climate change, e al tempo stesso rimane piuttosto cristallizzato lo scenario all'interno del gruppo di lavoro sul Protocollo di Kyoto. E il Protocollo, ormai in scadenza, rischia di finire in soffitta con tutte le speranze di un nuovo periodo di impegni vincolanti a cui i Paesi industrializzati dovrebbero attenersi.

Molto incerte quindi le previsioni sulla possibilità di un vero accordo entro questo venerdì, con una situazione in evoluzione, ma un braccio di ferro sempre più forte ed il rischio concreto di un ulteriore spostamento alla prossima COP18, prevista in Qatar nel 2012.

Il problema è che diversi Paesi, soprattutto Cina e G77 assieme ai Paesi dell'ALBA, l'Alleanza Boliviariana delle Americhe (Ecuador, Bolivia, Venezuela per dirne alcuni) sono molto chiari: senza un secondo periodo di impegni sotto Kyoto, il rischio è che salti tutto. Anche perché alcuni meccanismi di mercato, come i Clean Development Mechanism che assicurano ai Paesi con obblighi di riduzione di scambiare diritti di emissione con progetti di sviluppo pulito nei Paesi del Sud, sono previsti dal Protocollo di Kyoto. La posizione dei Paesi emergenti è chiara ed è quella che se si rifiuta Kyoto, lo si rifiuta in toto.

Torna all'archivio