[22/12/2011] News

I Parchi ripartono da Pollica

I venti anni di 394 che sono passati hanno contribuito a far maturare il dibattito sulle aree protette tant'è, che da tematica specialistica che riguardava prevalentemente le associazioni ambientaliste ed alcuni gruppi di interesse direttamente coinvolti, spesso contrapposti tra loro, è diventato un tema che coinvolge molte parti della società. L'allargamento della platea dei soggetti interessati, e la crescita delle istanze positive attorno alle aree protette, è uno dei tanti successi derivanti dall' esperienza di applicazione della 394 e la stessa discussione in atto sulla modifica  della legge tiene conto di questa mutata situazione.  Politici, ambientalisti, esperti, agricoltori, operatori economici, e persino i dipendenti delle aree protette, esprimono il loro punto di vista, avanzano proposte e si pronunciano ogni giorno sull'opportunità di modificare la legge. Da settimane tutti questi soggetti, legittimamente, si confrontano nelle sedi istituzionali o nelle iniziative pubbliche per individuare la proposta più condivisa, o si dichiarano contrari a prescindere utilizzando, prevalentemente, la rete virtuale.

Il 2011 non è solo la ricorrenza dei 150 anni dell'Unità d'Italia e dei venti anni di applicazione della 394/91, ma è anche il novantesimo della nascita della prima esperienza di conservazione della natura nel nostro Paese.  Sono, infatti, passati 90 anni da quel 25 novembre 1921, quando Erminio Sipari promosse, con la sua associazione culturale e sette comuni abruzzesi, la nascita della condotta forestale marsicana per la gestione dei pascoli e dei boschi di un territorio che portò, due anni dopo, alla nascita del Parco nazionale d'Abruzzo.  In questi momenti di accesa discussione sulle aree protette ci viene in aiuto la freschezza e l'attualità del pensiero di Sipari che, in quel particolare momento storico, pensa a un'area protetta  la cui finalità gli era, già da allora, molto chiara: conservare la selvaggina, promuovere il turismo e continuare le attività tradizionali.  Se ci rifacciamo all'esperienza di Sipari e dei sette sindaci marsicani, e se leggiamo con attenzione quanto è avvenuto negli ultimi decenni nel nostro Paese, troviamo anacronistico il ragionamento di chi continua a contrapporre la conservazione della natura allo sviluppo locale.  Come tutti sanno, sin dagli inizi del secolo scorso, l'esperienza delle nostre aree protette marine e terrestri, si fonda sullo sviluppo sostenibile locale che è tale perché intimamente connesso e permeato dalla conservazione dei beni naturali che quei territori preservano.  Sviluppo sostenibile del territorio che è essenziale anche ai fini della conservazione dei valori e dei beni naturalistici.

L'istituzione di un numero così significativo di aree protette, ed in così breve tempo, garantito dalla  applicazione della legge 394/91, va ben al di là della semplice necessità di conservazione della natura. Per comprendere adeguatamente questo successo occorre considerare l'alto valore simbolico che ha registrato nel nostro Paese l'istituzione dei parchi anche attraverso il recupero delle identità locali e dell'orgoglio di appartenere a un determinato territorio. Il risultato di avere oltre duemila comuni degli ottomila complessivi, per la gran parte piccoli o piccolissimi, coinvolti nelle strategie di gestione delle aree protette, non è stato il frutto della casualità o dell'aumentata consapevolezza di conservare la biodiversità da parte di alcune elite culturali e/o ambientaliste, ma  è anche e, soprattutto, il risultato dell'impegno diretto di tanti amministratori e il coinvolgimento di tante comunità locali che hanno saputo, prima accogliere l'esperienza innovativa dei parchi italiani e poi interpretare la missione del parco declinandola su scala locale: dalla legalità e la lotta contro il degrado ambientale sul Vesuvio, per esempio, alla ricerca di integrare il turismo con le altre politiche nel Cilento, fino alla salvaguardia dei terrazzamenti alle Cinque Terre.

Il rapporto fra aree protette e comunità locali è fondamentale per il futuro dei parchi, anche se, occorre sottolinearlo,  rappresenta uno degli aspetti  da migliorare notevolmente della legge 394/91.  Ci sono, sicuramente, ampi margini di crescita delle positive esperienze che si sono concretizzate in questi anni,  ma anche dinamiche conflittuali e paralizzanti nel rapporto parchi-enti locali. Per questo non va sottovalutata la necessità di aggiornare la 394 per migliorare il radicamento  dei parchi nelle realtà locali e, conseguentemente, per valorizzare l'importanza del ruolo dei Comuni all'interno dell'ente di gestione. La corretta applicazione della 394 nel nostro Paese, ha permesso di raggiungere un certo equilibrio nelle relazioni fra parchi e comunità locali. Tale equilibrio, indispensabile per definire un corretto rapporto tra conservazione della natura e sviluppo sostenibile locale, rappresenta ormai un modello di riferimento perfino in Europa. Equilibrio e rapporto che debbono ulteriormente migliorare attraverso la definizione di nuovi strumenti di partecipazione alla vita dei parchi delle comunità locali e dei cittadini.

La conservazione e lo sviluppo sostenibile partecipati che vedono la presenza delle istituzioni  locali negli organi di gestione, debbono prevedere, altresì,  la presenza anche delle rappresentanze sociali del territorio. Occorre far pesare di più il ruolo attivo delle comunità locali, in particolare dei Comuni, e prevedere, nel contempo, per il Ministero un ruolo  attivo nella fase di definizione delle indispensabili strategie nazionali e internazionali che debbono trovare nei territori dei Parchi le sedi privilegiate per l'attuazione di tali strategie. Nello stesso tempo il Ministero deve assolvere a una fondamentale funzione di garanzia tra i diversi soggetti  che intervengono nella vita del parco: un Ministero che esercita, in maniera  proficua e non verticistica, il coordinamento,  la sorveglianza e l'alta vigilanza sugli enti parco. L'attuale realtà italiana, ma soprattutto i profili di riforma istituzionale e perfino costituzionale,  in atto o annunciate e comunque non più rinviabili, dei diversi livelli istituzionali, ci fanno dire che i parchi del futuro potranno e dovranno  svolgere un ruolo ancora più forte nelle politiche territoriali per contrastare  la frammentazione comunale, favorire la coesione territoriale,  contribuire al mantenimento di alcuni servizi essenziali dei comuni stessi dentro ad una cornice di solidarietà nei confronti dei territori più deboli e più marginali.

Per questo nelle scorse settimane, insieme a un gruppo di amministratori e ambientalisti, ci siamo incontrati a Pollica  per un primo confronto sulle proposte di modifica alla legge 394/91 che sono state depositate in Commissione ambiente del Senato. La scelta di incontrarci a Pollica nel Parco del Cilento, è stata abbastanza naturale ed utile a sottolineare il ruolo che Angelo Vassallo ha svolto, da sindaco di un Comune della piccola grande Italia  e da  presidente della Comunità del parco, puntando sul ruolo attivo dei Comuni nella gestione delle aree protette senza mai perdere di vista il disegno generale e la filosofia del Parco. Uno dei tanti riconoscimenti postumi che si devono ad Angelo.

Quello che è emerso dall'incontro di Pollica è stata comunque la presa d'atto dell'assoluta mancanza di attenzioni verso il ruolo che svolgono le Comunità del parco delle quali non si fa alcun cenno negli emendamenti presentati o nella discussione in corso al Senato. Emerge perciò in maniera chiara che i Comuni sono fuori da una discussione che al contrario li deve interessare e vedere protagonisti come lo sono stati, nei fatti, in questi primi venti anni di applicazione della legge. E' pur vero che le Comunità del parco non sempre hanno brillato per attivismo,  ma appare del tutto fuori luogo la loro assenza in una discussione che invece dovrebbe coinvolgere di più sindaci e amministratori locali. Siamo convinti che la manutenzione di alcune parti della 394 sia un'opportunità offerta alle aree protette per migliorare i rapporti tra le Comunità del parco e gli Enti parco, e superare la separatezza che spesso ha segnato il limite della indispensabile azione condivisa tra questi due organi ai quali la 394/91 assegna un ruolo importante se non proprio paritario.

Intendiamo quindi ripartire da Pollica per allargare la discussione e il dibattito ad altri sindaci, amministratori locali, alle aree protette, agli ambientalisti, alle forze economiche e sociali, e a chiunque voglia partecipare ad una dibattito aperto e franco su come rilanciare il ruolo delle comunità locali nella nuova fase che si apre per le aree protette. Una fase che deve puntare sul rafforzamento del loro legame con le comunità locali e il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte strategiche.  Semplificando le norme che impattano sulla vita quotidiana dei cittadini, innovando e ammodernando la mentalità delle aree protette, potenziando le misure di partecipazione e la trasparenza delle scelte per fare dei nostri parchi i laboratori di una green economy incentrata sulla conservazione della natura e dei beni comuni e un loro intelligente, moderno, sostenibile uso che, nel contempo, orientino il complesso delle politiche di sviluppo anche al di fuori degli stretti confini dei Parchi.

*sindaco di Pollica (SA) - Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diamo e **sindaco di Villasimius (CA) - Area marina protetta di Capo Carbonara

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