[25/01/2012] News

Obama, lo stato dell’Unione, la green economy e la shock economy

Obama è sempre più l'unica alternativa decente all'imbarazzante congrega di candidati repubblicani che si contendono la nomination tra scandali, colpi bassi ed integralismo religioso esibito insieme ad un'elevata dose di negazionismo dell'evoluzione e del cambiamento climatico.

Anche secondo Michael Brune, direttore esecutivo di Sierra Club, la più grande e diffusa associazione ambientalista Usa, il discorso sullo stato dell'Unione che Obama ha tenuto ieri è un passo avanti: «Ha definito un modello per una nazione costruita per durare, evidenziando le priorità importanti per dare una scossa agli americani perché siano laboriosi e fieri, creare buoni posti di lavoro per i lavoratori americani e ripristinare il ruolo dell'America come leader globale nella produzione e nell'innovazione. Non c'è modo migliore per raggiungere questi obiettivi che con l'economia dell'energia pulita. Siamo particolarmente incoraggiati dall'impegno del Presidente a raddoppiare fonti energetiche pulite come l'eolico e il solare, gli incentivi per la crescita e la creazione di posti di lavoro nell'energia pulita. Sierra Club è d'accordo con il Presidente: non c'è nessuna buona ragione per continuare a mantenere i secolari tagli fiscali alle ricche compagnie petrolifere, mentre è in stallo il clean energy standard che avrebbe creato un mercato per l'innovazione e posti di lavoro americani. Che si tratti di mettere in strada auto a carburante più efficiente, migliorare le nostre infrastrutture di trasporto, investimenti in energia eolica e solare o semplicemente di risparmio energetico, c'è un forte sostegno nella popolazione americana per un'economia dell'energia pulita che protegga la nostra salute, l'aria e l'acqua. Ma non possiamo aspettare ancora a lungo per la rivoluzione energetica pulita. Ogni giorno corporation inquinanti mettono a rischio la salute dei nostri figli ed il futuro della nostra nazione, inquinando l'aria che respiriamo e l'acqua che beviamo con sostanze chimiche tossiche. Da sempre, hanno anche inquinato il nostro sistema politico e al lavoro per ripristinare le protezioni salvavita della salute pubblica. Abbiamo bisogno di ripulire l'industria impazzita dei combustibili fossili, assicurando tutele forti come la protezione dall'inquinamento da mercurio tossico e le garanzie per il gas naturale, che vadano ben oltre ciò che il presidente ha suggerito. Dobbiamo anche tenere fuori gli inquinatori da luoghi fragili e preziosi come l'Artico, per riuscire a proteggere la salute, la sicurezza e il futuro delle nostre famiglie».

Brune, con lo schietto pragmatismo Usa, ha messo sul piatto del "meno peggio" Obama la vera questione: le risorse, il loro utilizzo ed il modello di sviluppo del nuovo mercato democratico, del capitalismo attento alle questioni ambientali e sociali che dovrebbe uscire dalla crisi e non  ha nemmeno evitato di marcare una differenza sostanziale con Obama che ha incoraggiato il boom del gas shale e del fraking n egli Usa, cosa che Sierra Club, Greenpeace e le altre associazioni ambientaliste e di cittadinanza vedono come fumo negli occhi. Come scrive il New York Times, proprio sull'utilizzo massiccio del gas naturale Obama tenta di trovare una possibile area di compromesso energetico con i repubblicani che continuano ad appoggiare imperterriti Big Oil e King Carbon, che piangono perché lo stesso presidente ha inasprito le regole per perforare petrolio ed ha bocciato il gigantesco oleodotto Key Stone XL, che avrebbe dovuto portare il petrolio delle sabbie bituminose canadesi dell'Alberta fino alle coste texane del Golfo del Messico.

Comunque Obama ha deciso di attaccare, evidentemente pensando di raccogliere consensi a 9 mesi dalle elezioni, sul fatto che prendersi cura dell'ambiente e costruire un futuro ad energia pulita è un'altra forma di investimento nel futuro economico degli Stati Uniti.

Trasformare l'economia statunitense, investendo in innovazione ed energia pulita è uno dei temi centrali dell'attuale amministrazione da quando si è insediata nel 2009, gli investimenti federali sono raddoppiati, così come la produzione di energia pulita, ma l'ostruzionismo repubblicano ha impedito che andasse avanti davvero, perché secondo il partito dell'elefante i combustibili fossili sono essenziali per alimentare l'economia americana.

Ma gli Usa non possono permettersi di restare indietro rispetto ai progressi rapidissimi nelle energie rinnovabili di Cina ed India, mentre uno dei pochi vantaggi che la disastrata Europa ha ancora sugli Usa sono proprio le sue politiche energetiche e sul global warming (ed il tanto criticato Welfare State). Le elezioni di novembre saranno quindi probabilmente per Obama l'occasione per rilanciare l'impegno per l'indipendenza energetica degli Usa, battendo su due tasti potenti: l'orgoglio nazionale  (tanto caro ai repubblicani) e l'impegno per la salute e per un'America più "gentile" con l'ambiente, molto più cara ai democratici (non tutti) e alla gente che potò Obama alla Casa Bianca 4 anni fa. Della "materia" anche in Usa non si fa menzione, speriamo che invece in Europa la Commissione tenga la barra dritta e prosegue la sua strada sulla necessità di investire sul riciclo e sul risparmio delle materie prime.

Tornando in Usa, bisognerà capire se Obama, che probabilmente riuscirà ad ottenere un secondo mandato grazie al suicidio integralista dei repubblicani, sarà in grado poi di passare da questa autostrada di consensi che in Parlamento si trasforma in una stretta mulattiera disseminata di mine.

E' lo stesso pertugio tra continuazione del capitalismo da rapina e giustizia sociale ed ambientale e utilizzo parsimonioso delle risorse dal quale non è riuscito a passare il capitalismo europeo, sfiancato dalla "shock economy" brutalmente al lavoro in Grecia, in Irlanda, Spagna, Portogallo ed Italia, che dopo aver annichilito  spaventato a morte interi Paesi e impoverito la classe media, ora si prende una pausa di riflessione, leccandosi i baffi e contando le ferite (inferte), pronta a ripartire con nuove speculazioni, cosciente che una politica debole (come è stata anche quella di Obama) non è in grado di attuare i suoi progetti. La politica non è ormai più produttrice di realtà, ma adeguamento al mercato al quale guarda come ad un totem da cui ricevere profezie ed auspici. Un totem che però non ha le sua fondamenta piantate nella realtà fisica e sociale che evoca Sierra Club, nel futuro pulito e condiviso di Michael Brune, ma nel glaciale spazio delle transazioni finanziarie, in un clic di computer che sposta commodity e materie prime che sono alla base della produzione e della ricchezza reale e quindi anche del futuro e delle speranze umane di giustizia.

Non sappiamo se i prossimi 4 anni di Obama riusciranno a democratizzare il mercato e l'energia e le materie prime del più potente paese del mondo e quindi a ridare speranza ai popoli del mondo, sappiamo però che l'alternativa neoconservatrice e liberista dei candidati repubblicani andrebbe in tutt'altra direzione, trasformando quel che resta della speranza in ottusa difesa di un esistente che in realtà non c'è fisicamente già più, se non nel famelico proseguimento della shock economy.

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