[06/02/2012] News

Il difficile adattamento di Cuba al complesso scenario dei cambiamenti climatici

Nel 2008 gli uragani devastarono la costa sud di Cuba, senza però provocare le vittime che ci furono in un uragano simile nel 1944, visto che la popolazione è stata evacuata prima dell'arrivo della tempesta. Di quegli uragani restano però le coste erose e montagne di sabbia che vengono portate via dai camion.

Il governo castrista di Cuba ha sicuramente molti difetti ed il Paese è soffocato da un'elefantiaca burocrazia "sovietica", ma a volte sembra un'oasi di efficienza rispetto ai suoi vicini caraibici e dell'America centrale: i piani di emergenza messi in atto prima della stagione degli uragani, che dura da giugno a novembre, evitano le perdite di vite umane o le riducono al minimo, cosa impensabile nella disastrata Haiti, ma anche nella democratica Repubblica Dominicana.

Ma i piani del regime castrista non sono efficaci contro i danni economici. Gli uragani Gustav, Ike e Paloma, che hanno sferzato Cuba in soli tre mesi nel 2008, hanno causato danni "ufficiali" per 10 miliardi di dollari, un colpo quasi mortale per un Paese povero e sotto embargo Usa. Naturalmente la prevenzione per evitare perdite di vite umane è una buona cosa, ma Cuba deve cominciare ad adattarsi alle conseguenze del cambiamento climatico, tra le quali l'aumento del livello dell'oceano sarà la più terribile per l'isola socialista. Ma questa consapevolezza non sembra molto diffusa tra la popolazione, tutt'al più, dopo che gli uragani spazzano via le case, si costruisce in terreni più elevati. 

Eppure studi condotti proprio da scienziati cubani sulla vulnerabilità degli ecosistemi costieri nella regione dei Caraibi avvertono che il livello del mare salirà di 27 a 85 centimetri tra il 2050 e 2100, con un impatto geografico molto vasto, ma anche con impressionanti conseguenze demografiche ed economiche per gli Stati insulari dell'area.

Gli ecosistemi costieri rappresentano il 5% della superficie totale di Cuba, che ha 588 km di spiagge che rappresentano una grossa attrazione turistica. Circa 250 km di coste sono urbanizzati e 1,4 milioni di persone vivono in 244 insediamenti, 63 dei quali urbani e 181 rurali. Stime del governo dell'Avana dicono che il 2,32% del territorio cubano potrebbe finire definitivamente sott'acqua entro il 2050 e che, se non verranno adottate le necessarie (e costose) misure di adattamento, il fenomeno riguarderà ben 79 insediamenti, 15 dei quali scompariranno totalmente tra le onde del Mar dei Caraibi e dell'Oceano Atlantico. 

Gisela Alonso, a capo dell'agenzia dell'ambiente di Cuba, ha detto all'agenzia Ips: «soprattutto, la gente deve sapere ciò che necessario per l'adattamento e perché. Stiamo avviando studi sul clima a Cuba, e abbiamo le nostre valutazioni e nostri modelli per prevedere i livelli di impatto che dovremo affrontare. Sono necessarie risorse finanziarie, conoscenze, tecnologia e un'infrastruttura nazionale di materiali e risorse umane per combattere problemi che sono primari per le nazioni in via di sviluppo. Come possono farsi carico  dell'adattamento climatico quando mancano l'educazione, la salute e la sicurezza alimentare?». 

Il Caribbean catastrophe risk insurance facility nel 2010 ha presentato uno studio condotto in 8 nazioni insulari dei Caraibi, da cui viene fuori che quei Paesi potrebbero perdere fino al 9% del Pil annuo a causa di tempeste e alluvioni causati dal cambiamento climatico. Cuba è in prima linea, «soprattutto, aumenta la frequenza e dell'intensità degli eventi meteorologici estremi, legati soprattutto alla circolazione dell'acqua nell'atmosfera, sulla superficie terrestre e sotto terra, tra i quali non ci sono solo gli uragani tropicali, ma anche siccità, inondazioni gravi, alte temperature e, per noi come un arcipelago, uno dei maggiori pericoli:  l'aumento del livello del mare - sottolinea la Alonso.

Tuttavia Cuba ha un certo vantaggio, perché ha sviluppato il suo potenziale scientifico, con il risultato che ormai da molti anni è in grado di valutare e offrire misure sociali alternative, essenziali per i problemi sanitari, e per quelli economici e ambientali. Cuba ha un programma sui cambiamenti climatici che si riferisce a precedenti studi sui rischi e vulnerabilità ai rischi, compresi gli eventuali impatti dei livelli dei mari, così come azioni che dovrebbero essere adottate da ogni settore».

Cuba ha già pronto un piano di utilizzo dei suoli, non ancora approvato, che stabilisce quanto lontano dalle coste dovranno essere realizzati gli investimenti turistici e le nuove zone urbane, ma anche il reimpianto e il recupero delle foreste di mangrovie che, insieme alle barriere coralline, rappresentano le più importanti difese naturali per le coste dell'arcipelago cubano. 

La Alonso assicura che sul fronte agricolo ci sarà un attento monitoraggio delle acque utilizzate per l'irrigazione: «l'isola di Cuba si basa su uno strato carsico (rocce disciolte dalle acque sotterranee che formano grotte interconnesse), e il livello di innalzamento del mare aumenterà l'infiltrazione salina. L'acqua contaminata dall'acqua di mare aumenterà la salinità del suolo, danneggiando la produzione agricola. Dal punto di vista educativo e sociale, la comunità deve sapere a cosa si và incontro, perché i cambiamenti climatici aggiunti al degrado del suolo, all'inquinamento idrico, alla carenza di acqua per il consumo umano e ad altri problemi ambientali stanno creando uno scenario globale complesso». 

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