[13/02/2012] News

Africa e rifiuti elettronici: il consumo interno è diventato il principale fattore di crescita

A rischio la salute dei bambini e lavoratori informali della raccolta e riciclaggio

Basel Convention ed E-waste Africa Programme hanno pubblicato il rapporto "Where are WEee in Africa?" dal quale emerge che «l'Africa occidentale deve far fronte ad un flusso crescente di rifiuti prodotti dal consumo interno di apparecchiature elettriche ed elettroniche nuove ed usate», 

Il rapporto, al quale hanno contribuito Basel Convention regional coordinating centre for the african region (Bccc-Nigeria), Centre régional de la Convention de Bâle pour l'Afrique francophone (Crcb-Sénégal), Laboratoire fédéral suisse d'essai des matériaux et de recherche (Empa), Institute for applied ecology (Öko-Institut), il network dell'Ue Implementation and enforcement of environmental law (Impel) ed i governi di Benin, Costa d'Avorio, Egitto, Ghana, Liberia, Nigeria e Tunisia, affronta i problemi e la diffusione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee - e-waste o WEeee, in inglese).

Dal documento viene fuori una cosa in parte sorprendente: «il consumo interno è all'origine della maggioranza (fino all'85%) dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) nuovi o di occasione prodotti nella regione. Il problema dei rifiuti elettronici in Africa Occidentale è il sovra-costo aggravato da un flusso costante di apparecchiature usate provenienti dai Paesi industrializzati, dei quali importanti volumi si dimostrano non riutilizzabili e vengono ad aumentare la quantità di rifiuti elettronici prodotta localmente».

Il rapporto si basa sulle conclusioni delle valutazioni nazionali dei Raee realizzate tra il 2009 e il 2011 nei cinque Paesi dell'Africa Occidentale (Benin, Costa d'Avorio, Ghana, Liberia e Nigeria) che producono ogni anno tra 650.000 e un milione di tonnellate di e-waste da consumo interno, che devono essere gestite per proteggere ambiente e salute; il documento fornisce informazioni sulle pratiche di riciclaggio in atto e sulle caratteristiche socio economiche del settore ovest-africano dei Raee, anche con dati quantitativi sull'uso, le importazioni e l'eliminazione dei Raee.

Rispetto ad altri continenti, l'utilizzo di apparecchiature elettriche ed elettroniche è ancora poco esteso in Africa, «ma si estende ad un ritmo stupefacente - avverte la Basel Convention. Per esempio, il tasso di penetrazione dei personal computer in Africa si è moltiplicato per 10 nel corso dell'ultimo decennio, mentre il numero di abbonati alla telefonia mobile è centuplicato».

Quindi il problema delle sostanze pericolose contenute nei Raee, come metalli pesanti, piombo, mercurio, i ritardanti di fiamma, si aggrava sempre di più: «delle sostanze pericolose vengono scaricate durante diverse operazioni di smontaggio e di eliminazione - spiega E-waste Africa Programme - e le emissioni sono particolarmente considerevoli durante il bruciamento dei cavi per estrarne il rame e delle plastiche per ridurre il volume dei rifiuti. L'abbruciamento dei cavi all'aria aperta è una grande fonte di emissioni di diossina, un inquinante organico persistente, trasportato sulle lunghe distanze nell'ambiente e che si bioaccumula negli organismi, risalendo la catena alimentare globale».

Ma i Raee contengono anche materie prime strategiche e preziose e, come l'indio ed il palladio, l'oro, il rame e l'argento, che possono essere recuperate e riciclate, diventando così una fonte di materie prime secondarie che potrebbero permettere ai Paesi africani di ridurre la pressione sulle loro risorse naturali rare e minimizzare l'impronta ecologica globale. Infatti, "Where are WEee in Africa?"  contiene anche informazioni sul potenziale economico ed ambientale della realizzazione di un sistema razionale di recupero delle risorse e della gestione dei Raee, così come sui rischi che si corrono proseguendo nell'attuale deregulation.

Jim Willis, segretario esecutivo delle convenzioni di Basilea, Rotterdam e Stoccolma, sottolinea che «i rifiuti elettronici rappresentano il flusso di rifiuti che conosce la più forte crescita in tutto il mondo ed un flusso di importanza capitale riguardo alla Basel Convention. La gestione corretta delle apparecchiature elettriche ed elettroniche rappresenta per numerosi Paesi una seria sfida in materia di salute e di ambiente, ma offre anche delle possibilità potenzialmente importanti di creare eco-imprese e lavori verdi».

Il rapporto esamina il flusso di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Eee) e di Raee tra l'Europa e l'Africa Occidentale e ne viene fuori che «in Ghana, nel 2009, i ricercatori hanno constatato che circa il 70% di tutte le importazioni di Eee era composta da Eee usate: il 30% di apparecchiature di occasione importate erano considerate non funzionanti (ed erano conseguentemente rifiuti elettronici), cioè una produzione di circa 40.000 tonnellate di Raee nel 2010. Delle indagini condotte sul territorio in Benin ed in Costa d'Avorio  hanno rivelato che circa la metà degli Eee usati importati non sono in realtà in grado di  funzionare e non sono riparabili, il che è considerato come un'importazione di Raee. L'analisi realizzata tra il marzo e il luglio  2010, di 176 container di due categorie di apparecchiature elettriche ed elettroniche usate importati in Nigeria ha rivelato che più del 75% di tutti i container  veniva dall'Europa, circa il 15% dall'Asia, il 5% da porti africani  (principalmente dal Marocco) e il 5% dall'America del nord. Una distribuzione simile è stata constatata in  Ghana, dove l'85% delle importazioni di Eee usate proveniva dall'Europa, il  4% dall'Asia, l'8% dal nord America ed il 3% da altri Paesi. La Gran Bretagna è il principale Paese esportatore di Eee, seguita a grande distanza da Francia e Germania. La Nigeria è il principale Paese africano importatore di Eee nuovi ed usati, seguito dal Ghana.

L'esposizione alle sostanze pericolose nei siti di smontaggio dei Raee e nei loro dintorni pone molteplici rischi per la salute e la sicurezza delle persone che raccolgono e riciclano i rifiuti e per le popolazioni vicine. Il rapporto  sottolinea le preoccupazioni per la salute dei bambini. L'indagine ha constatato che «l'impiego di bambini è normale nelle imprese di recupero di ferraglie nell'Africa Occidentale. Le attività di raccolta e di smontaggio sono effettuate di bambini di età minore di 12 anni, ma perfino bambini di solo 5 anni vengono reclutati per lavori leggeri, compreso lo smontaggio di piccoli pezzi e la cernita dei materiali.

A differenza del settore informale del riciclaggio, dove la raccolta ed il riciclaggio dei rifiuti elettronici sono effettuati quasi esclusivamente da persone che sono in maggior parte lavoratori migranti, che spesso vengono considerati con riprovazione dalle società africane come persone che vivono del recupero dei rifiuti, la riparazione è percepita come un'opportunità economica relativamente attraente dalla popolazione attiva istruita, semiprofessionale. Àd Accra (Ghana) e a Lagos (Nigeria), il settore delle riparazioni assicura un reddito a più di 30.000 persone».

Uno degli autori del rapporto, Oladele Osibanjo, direttore del Basel Convention regional coordinating center for Africa Sottolinea che «le soluzioni sostenibili in materia di gestione dei rifiuti elettronici in Africa esigono la presa di iniziative basate sul controllo delle importazioni e delle esportazioni, sulla raccolta ed il riciclo, così come l'elaborazione di politiche e leggi che incorporino la responsabilità allargata dei produttori, riconoscano il ruolo importante del settore informale, rafforzino la sensibilizzazione e l'educazione e vigilino sulla sorveglianza del rispetto delle disposizioni e sulla loro applicazione. Si dovrà assicurare la messa in opera di misure adeguate di salute e sicurezza per coloro che intervengono nel riciclaggio, così come pratiche ecologicamente razionali».

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