
[15/02/2012] News toscana
Legambiente: «Fare tutto il possibile per annullare e mitigare il rischio per l'ambiente»
La Minerva Uno, la nave da ricerca oceanografica della società Castalia, ha trovato i bidoni pieni di sostanze tossiche finiti nel mare in tempesta al largo dell'isola di Gorgona il 17 dicembre 2011, quando l'eurocargo Venezia della Grimaldi Lines, partito da Catania e diretto a Genova, già in difficoltà per una delle più forti mareggiate che si ricordino nell'Alto Tirreno, "perse" due bilici con 198 fusti contenenti di catalizzatori esausti, probabilmente a causa di una brusca virata di 30 gradi per evitare un'altra nave.
I fusti sarebbero stati individuati esattamente nell'area del presunto affondamento individuata da Capitaneria e Castalia: ad una profondità di circa 430 metri a 9 miglia nord-ovest di Gorgona (inizialmente si diceva 20 miglia) ed a circa 20 miglia dalla costa dello Scolmatore e secondo la Capitaneria di porto di Livorno il ritrovamento è sicuro al 99,9%.
I sonar della Minerva Uno hanno individuato sagome che sembrerebbero proprio i semirimorchi ed i bidoni caduti in mare dalla Venezia, ora bisognerà inviare sul fondale un Rov (Remotely operated vehicles) per capirne lo stato.
L'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat) sottolinea che le analisi condotte su campioni dei materiali rimasti a bordo della "Venezia"«Confermano la natura del prodotto esaminato quale catalizzatore Nichel-Molibdeno, come già appurato dalla Capitaneria di porto di Livorno sulla base dell'esame dei documenti di imbarco forniti. I risultati relativi ai contenuti metallici sono in accordo con i valori indicativi riportati sulla scheda di sicurezza del catalizzatore nichel-molibdeno, che indicano quantità variabili di Nichel tra 1,4 e 4.5% (ritrovato 2,5%) e Molibdeno tra 7,7 e 12,3% (ritrovato 8,1)».
L'Arpat ha sottoposto le sostanze a test di cessione a 24 ore sia in acqua dolce che in acqua di mare e ne sono risultate «Significative sono le quantità di nichel ritrovate sia in acqua (409mg/l), che in acqua di mare (716mg/l) ed, in minor quantità, di molibdeno. Ciò proverebbe una spiccata solubilità di alcuni componenti del materiale in acqua, valutabile per il Nichel in circa il 18%». L'Agenzia ricorda che «Il solfato di nichel è altamente tossico per gli organismi acquatici. Tuttavia come osservato dal Consulente chimico di Porto di Livorno nel verbale di consegna del materiale, "...il prodotto, a contatto con l'ossigeno dell'aria potrebbe avere modificato le sue caratteristiche rispetto a quelle che presentava al momento del confezionamento..." nel periodo intercorso dal loro prelievo. Per questo Arpat ha richiesto di poter disporre quanto prima di un campione del "catalizzatore Ni-Mo esausto", così come imballato all'origine dalla Ditta produttrice, nel rispetto delle modalità di confezionamento eventualmente adottate dalla stessa Ditta (atmosfera inerte, sotto vuoto ecc...). Tali modalità dovranno essere dichiarate dal produttore e comunicate assieme al campione onde poter verificare le reali condizioni del materiale caduto in mare».
Le preoccupazioni dell'Arpat sono condivise da Legambiente Arcipelago Toscano: «Ci complimentiamo con il ministero dell'ambiente, la Capitaneria di Porto e l'equipaggio della Minerva Uno per aver messo in atto tutte le misure e le attrezzature necessarie a ritrovare celermente i fusti tossici finiti nelle acque del Santuario internazionale dei mammiferi marini Pelagos a poche miglia dal mare protetto dal Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano a Gorgona. Ma il rischio resta alto, data la profondità alla quale sono stati individuati i semirimorchi e probabilmente i fusti sciolti. Dopo l'incidente, tenuto per troppo tempo inspiegabilmente "segreto" dalle istituzioni, diversi esperti dissero che i fusti non erano in grado di resistere alla pressione del mare a grandi profondità. Occorre immediatamente, continuando con l'efficienza tecnica-scientifica finora dimostrata, stabilire lo stato dei bidoni, provvedere al più presto al loro recupero e determinare i possibili danni all'ambiente già avvenuti e quelli che eventualmente potrebbe subire la catena alimentare marina. Il mare profondo, che fino a poco tempo fa veniva considerato un "deserto", si sta rivelando sempre più un habitat delicatissimo ed essenziale per la vita e la salute del mare, quei bidoni incredibilmente persi durante una tempesta rappresentano un rischio intollerabile ed occorre fare tutto il possibile per annullarlo e mitigarlo, tenendo sempre presente il principio "chi inquina paga!».