[21/02/2012] News

Legambiente e il CNBAC denunciano: un "mare" di ordigni chimici

L'ultima denuncia di Legambiente, fatta insieme al Coordinamento nazionale bonifica armi chimiche, non è di quelle destinate a passare inosservate. Secondo l'associazione sono oltre 30mila gli ordigni inabissati nel sud del mare Adriatico, di cui 10mila solo nel porto di Molfetta e di fronte a Torre Gavetone, a nord di Bari; 13mila i proiettili e 438 i barili contenenti pericolose sostanze tossiche inabissati invece nel golfo di Napoli; 4300 le bombe all'iprite e 84 tonnellate di testate all'arsenico nel mare antistante Pesaro. Inoltre ci sono i laboratori e i depositi di armi chimiche della Chemical City in provincia di Viterbo e l'industria bellica nella Valle del Sacco a Colleferro ed infine sono migliaia le bomblets, piccoli ordigni derivanti dall'apertura delle bombe a grappolo, sganciati dagli aerei Nato sui fondali marini del basso Adriatico durante la guerra in Kosovo.

Un vero arsenale che giace in fondo al mare, che è frutto dell'industria bellica italiana dagli anni ‘20 fino alla seconda guerra mondiale mantenuto "silente" fino ad aggi dal segreto di Stato, ma che ha continuato a rilasciare pericolose sostante tossiche che da più di ottant'anni causano gravi danni agli ecosistemi del Belpaese e alla salute delle popolazioni locali. I particolari di questo peculiare impatto ambientale sono stati presentati con il dossier "Armi chimiche: Un'eredità ancora pericolosa" nel corso di un convegno a Roma.

«Si tratta di cimiteri chimici che rilasciano sostanze killer dannosissime come arsenico, iprite, lewsite, fosgene e difosgene, acido cloro solfonico e cloropicerina - ha sottolineato Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente - Per richiedere la bonifica di questi siti e per denunciare queste situazioni, è nato il Coordinamento nazionale bonifica armi chimiche, al quale ha aderito l'associazione. L'obiettivo è di promuovere azioni per la difesa dell'ambiente e la protezione contro i rischi derivanti dall'esposizione a sostanze tossiche provenienti dalle armi chimiche e dalla mancata bonifica dei siti civili e militari a terra, nei laghi, nei fiumi e nel mare, in cui queste armi sono state fabbricate o abbandonate. Su questo ci aspettiamo un cambio di passo e un segnale di protagonismo e trasparenza da parte delle istituzioni, a partire dal ministero della difesa e dal Parlamento».

Tra i casi più eclatanti trattati nel dossier quelli del Lazio e della Puglia. Nel viterbese il mistero che per decenni ha avvolto la Chemical City, il centro di ricerca e produzione di armi chimiche voluto da Mussolini e attivo fino agli anni '70- hanno spiegato dall'associazione ambientalista- è stato scoperto solo nel 1996 quando un ciclista è rimasto intossicato da una fuga del gas asfissiante mentre erano in corso le operazioni segrete di svuotamento delle cisterne dell'impianto avviate proprio in quell'anno. Solo in quel momento la popolazione, fino allora ignara, ha scoperto la dimensione del problema. Nel 2000 le autorità militari hanno concluso le operazioni di bonifica dei serbatoi, ma le successive indagini condotte dall'Arpa sui sedimenti del lago hanno evidenziato in alcuni punti concentrazioni di arsenico superiori alla soglia di contaminazione. Per fronteggiare l'inquinamento ancora presente il ministero della Difesa ha stanziato 150mila euro per i primi interventi di bonifica del sito che stanno partendo in queste settimane. Poi c'è il caso dell'industria bellica di Colleferro, in provincia di Roma».

Quest'anno ricorre, il centesimo anno dell'industrializzazione dell'area che dal 1912 ospita anche produzioni belliche dedicate in particolare alla fornitura di tecnologie atte a trasformare armi convenzionali in armi chimiche. Una produzione sempre attiva anche negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, come dimostrano alcuni documenti che riportano una correlazione tra la produzione dell'industria bellica di Colleferro e le tecnologie fornite all'Iraq di Saddam Hussein negli anni ‘80. Ancora oggi nell'area continuano le produzioni belliche; mentre per quanto riguarda l'inquinamento sono ancora poche le informazioni pubbliche a causa del segreto militare in una situazione di contaminazione molto complessa dovuta alle tantissime attività che si sono succedute negli anni in tutta la Valle del Sacco. Recentemente l'area è diventata Sito di interesse nazionale da bonificare.

Dal Lazio alla Puglia. Nel mare pugliese sono stati i lavori di dragaggio del porto di Molfetta a far scoprire la presenza di alcuni ordigni bellici facendo così partire le operazioni di bonifica, che sono ancora in corso. C'è poi da aggiungere la situazione del basso adriatico dove, oltre agli arsenali chimici dispersi sui fondali durante la seconda guerra mondiale e negli anni successivi alla fine del conflitto, si sono aggiunti gli ordigni inesplosi sganciati nel 1999 dai caccia Nato durante il conflitto del Kosovo.

«Già nel 2001, in tutta la Puglia, Legambiente con la campagna "Via le bombe da un mare di pace" aveva chiesto la bonifica dei fondali per evitare che fossero i pescatori a fare, involontariamente, durante la loro attività la bonifica dell'area». L'area è stata oggetto di studio dall'allora Icram, oggi Ispra. Le indagini dell'Istituto hanno accertato la presenza sui fondali di almeno ventimila ordigni con caricamento chimico e le analisi hanno rilevato gravi conseguenze nei pesci causate da sostanze come l'iprite e concentrazioni d'arsenico superiori ai valori soglia nei sedimenti marini analizzati. 

Questo quadro, probabilmente sottostimato, mette in evidenza il pericolo per gli ecosistemi e per la salute dell'uomo. «Il Coordinamento - ha aggiunto Alessandro Lelli, presidente Coordinamento nazionale bonifica armi chimiche - riunisce associazioni e comitati locali di alcune delle zone più interessate dall'inquinamento causato dalla presenza di armi chimiche. L'obiettivo è di rafforzare la richiesta di un attento monitoraggio e successiva bonifica dei siti, costituendo un interlocutore nazionale che rappresenti le singole realtà locali. Tra le proposte presentate nell'iniziativa di oggi c'è l'istituzione di una commissione straordinaria che vigili sulle azioni di monitoraggio e bonifica dei siti contaminati da armi chimiche e che fornisca informazioni chiare ed esaustive ai cittadini che vivono nei luoghi interessati dal problema. Solo in questo modo si può avviare il percorso virtuoso che metta fine alla pericolosa eredità delle armi chimiche in Italia».

Al convegno oltre a varie istituzioni, esperti e parlamentari erano presenti, in rappresentanza del ministero della Difesa, anche gli ufficiali Magg. Gen. Giuseppe Capozzi, Vice Comandante Logistico e capo dipartimento tecnico, e Col. Antonello Massaro Direttore Centro Tecnico Logistico Interforze NBC Civitavecchia.

 

 

 

 

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