
[29/02/2012] News
C'è un aspetto che emerge dalla spinosa vicenda della Tav Torino Lione che sta rischiando in questi giorni di far esplodere la polveriera che cova sotto il paese e di cui gli episodi drammatici che sta assumendo la protesta potrebbero essere solo un'anticipazione.
L'aspetto che si vuole evidenziare, senza entrare stavolta - visto che lo abbiamo già fatto - nel merito delle questioni di chi è a favore e di chi è contro questo progetto che dovrebbe realizzare uno dei dieci corridoi europei previsti dalla Commissione, sta nel modo in cui si è portato avanti e di come si vorrebbe risolvere la faccenda.
Le modalità con cui la vicenda si sta delineando, da ormai oltre un decennio, è storia contemporanea e i vari tentativi di trovare una sintesi condivisa tra i territori che si oppongono, con i sindaci in testa, e il governo che vuole andare avanti, è piuttosto evidente che hanno portato a null'altro che ad esacerbare gli animi.
Per responsabilità forse da ricercare ancora una volta nella politica «distratta o forse troppo preoccupata di assumere posizioni troppo impegnative» per dirla con le parole di Stefano Folli sul Sole 24 ore di oggi. O forse per l'incapacità di prendere decisioni, fare i progetti, individuare le risorse e poi operare di conseguenza; che è poi un approccio che si ritrova in molte questioni che riguardano le opere previste nel nostro paese, sia che si tratti di infrastrutture sia che si tratti di impianti energetici o per la gestione dei rifiuti, per fare solo qualche esempio.
Tanto che poi si arriva, per cercare di risolvere le questioni, alla fase dell' "ormaismo", cedendo alla facilità di usare un neologismo molto poco canonico per riassumere l'atteggiamento, che anche in questa vicenda sta prendendo piede, di andare cioè avanti perché "ormai ci siamo impegnati" .
Ma in cosa e per fare cosa è ancora decisamente poco chiaro, stando alla lettura dei fatti.
Si legge ancora sul Sole 24 ore, che sulla Torino Lione, la «parte del leone, nell'uso delle risorse, finora l'ha fatta la Francia». Il motivo lo spiega Rainer Masera, presidente della Conferenza Intergovernativa, che parlando della discenderia di St. Martin Le Porte, la descrive come «un'opera dalla valenza fondamentale, non solo per l'investimento degli scavi che valgono mezzo miliardo e cui l'Europa partecipa al 50%, ma soprattutto perché l'infrastruttura pur essendo un tunnel geognostico, utile ad utilizzare gli eventuali rischi e le problematiche sull'esecuzione dei lavori, potrà essere integrata nell'assetto definitivo del collegamento».
Fin qui la Francia. Veniamo all'Italia. Il tunnel di Maddalena di Chiaromonte, teatro dei tragici scontri di questi giorni, «è uno scavo - dice il sole24 ore- della lunghezza di 7,5 chilometri, anche in questo caso utile a sondare la natura delle rocce, ma non ancora indicata nel progetto come discenderia di servizio per il tunnel di base», al contrario di quanto si sta facendo in Francia. «Al punto che le stesse occupazioni dei terreni, finchè non si chiarirà l'utilità dell'opera, saranno occupazioni temporanee e non espropri». Da cui l'esposto che i NoTav hanno deciso di presentare per l'invasione di terreni privati e su cui era già stata presentata una diffida la settimana scorsa.
Quindi le parole del ministro Passera «Andiamo avanti» suonano davvero di ormaismo. Andiamo avanti per fare cosa? Quando lo stesso Masera ammette che «abbiamo un tracciato chiaro per il tunnel Italia-Francia e per la tratta transnazionale. Certo ci dovrà essere un ulteriore passaggio in Cipe, per l'approvazione della realizzazione per fasi e del relativo conto economico per i prossimi anni, rimasto in sospeso».
Se le parole hanno un peso e un senso, sembra evidente che: il tunnel della Maddalena non si sa a cosa serve; il tracciato è chiaro, ma ancora non approvato e le risorse per i prossimi anni sono rimaste sospese.
La nuova prova di maturità per il governo e i partiti, per dirla ancora con le parole di Stefano Folli, potrebbe dunque essere cercata nel monito lanciato dalla collega di Corrado Passera, il ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri, che in maniera molto più saggia (sarà perché è una donna?) ha affermato che «ci vuole dialogo». Che nulla ha a che fare con l'ormaismo.