[22/03/2012] News

Il "valore" del mare

Entro il 2100 danni per 2 trilioni di dollari l'anno ai servizi eco-sistemici oceanici

Lo Stockholm Environment Institute (Sei), conosciuto per le rigorose e oggettive analisi scientifiche che ha prodotto in materia di ambiente e sviluppo, ha presentato il preview summary  di "Valuing the Ocean", un ampio lavoro condotto da un team multidisciplinare che verrà pubblicato come un libro di peer-review entro la fine dell'anno. La sintesi è stata pubblicata come documento preparativo per il summit mondiale sullo sviluppo sostenibile, Rio+20, che si terrà a giugno.

Le notizie comunque non sono buone, secondo il Sei «Fattori di stress multipli minacciano gli ecosistemi oceanici e riducono al limite i mezzi di sussistenza» e il nuovo studio «Dimostra che gli effetti del solo cambiamento climatico potrebbero ridurre il valore economico dei servizi chiave degli oceani fino a 2 trilioni di dollari l'anno entro il 2100, ma troppe, e tutte insieme, sono le minacce che incombono sugli oceani, ed è assolutamente necessario un approccio globale e integrato».

Lo studio presenta un'analisi innovativa sulle economie degli oceani, «Elaborata per quantificare i costi del degrado degli oceani, spesso ignorati nelle analisi costi-benefici che influenzano la politica». L'analisi calcola il costo delle perdite, per i prossimi 50 e 100 anni, attraverso 5 categorie di valori: pesca, turismo, livello dei mari, tempeste, e carbon sink oceanico, ed arriva alla conclusione che «Sulla base di scenari di previsione ad alte e basse emissioni entro il 2100, i danni derivanti dallo scenario di emissioni 'business as usual ", che prevede un aumento della temperatura media di 4°C, si stima equivalgano a 1.98 miliardi di dollari, pari allo 0,37% del futuro Pil mondiale. Una rapida strategia di riduzione delle emissioni limiterebbe l'aumento della temperatura a 2,2°C, e ci consentirebbe di ‘risparmiare' (cioè eviterebbe) quasi 1.4 miliardi di danni».

Frank Ackerman, direttore del Climate economics group del Sei sottolinea che «Queste cifre riflettono solo in parte la situazione ma danno un'indicazione del costo evitabile di un futuro danno ambientale sul mare - la distanza, in effetti, tra le nostre speranze e le nostre paure. Il costo della mancata azione aumenta notevolmente con il passare del tempo, un fattore che deve essere assolutamente considerato nella contabilizzazione dei cambiamenti climatici».

Il Sei spiega che «Le conclusioni e le cifre monetarie che presenta il rapporto non sono definitive,  troppo è ancora sconosciuto e incerto per far questo, ma sono destinate a contribuire ad un nuovo approccio alla governance degli oceani, che sia completamente integrato e prioritario all'interno di un più ampio quadro sociale, ambientale e di politica economica. Abbiamo assolutamente bisogno di andare oltre l'attuale approccio che affrontare (o ignora!) un problema alla volta. Dobbiamo creare strategie di gestione che mirano a ottimizzare i benefici sostenibili che possiamo ottenere dalle risorse marine attraverso scale che vanno dal locale al globale, di fronte a diverse minacce crescenti e interagenti. I fondamenti chimici, termodinamici e biologici del mare vengono compromessi dalle attività umane, mettendo a rischio gli ecosistemi marini ed i servizi dai quali l'umanità dipende in modo essenziale. Dobbiamo essere consapevoli di ciò che abbiamo da perdere se continuiamo a trascurare l'oceano e non riusciamo ad affrontare adeguatamente cambiamenti ambientali globali».

 "Valuing the Ocean" esorta i leader politici «A valutare seriamente le minacce ai servizi oceanici e a considerarle nei più ampi piani economici e di sviluppo anche valorizzando l'enorme capacità di assorbimento, da parte degli ecosistemi marini, del "blue carbon"». Gli autori chiedono anche misure locali, come «L'istituzione di  Aree marine protette (Amp), per aumentare la resilienza degli ecosistemi marini ed assicurarsi contro il rischio crescente di eventi estremi come lo sbiancamento di massa del corallo e le tempeste tropicali più intense». Ma data la particolare gravità della minaccia climatica, "Valuing the Ocean" sottolinea che «L'unico modo per evitare enormi costi aggiuntivi e conseguenze disastrose per il futuro, è quello di ridurre fortemente le emissioni di CO2».

Ma il cambiamento climatico purtroppo non è l'unica grande minaccia per gli oceani del nostro pianeta: al centro delle preoccupazioni di "Valuing the Ocean"  c'è «La convergenza di molteplici fattori di stress: acidificazione, riscaldamento degli oceani, ipossia, innalzamento del livello dei mari, inquinamento e sfruttamento eccessivo delle risorse marine, potrebbe portare a danni ben più gravi rispetto a quelli derivanti da ogni singola minaccia». Lo studio, finanziato dalla Fondazione Okeanos e realizzato in  partnership con la Foundation for design & sustainable enterprise, non attribuisce un valore monetario a tutti i danni previsti «Poiché molti di questi riguardano perdite che non possono essere quantificate, come la scomparsa delle specie, ma visto che si è a conoscenza dei potenziali costi, i leader mondiali dovrebbero adottare un approccio precauzionale e agire in maniera decisa per proteggere gli oceani, anche in assenza di dati economici completi».

Due degli autori, Kevin Noone, direttore dello Swedish secretariat for environmental earth system sciences della  Royal swedish academy of sciences,  e Julie Hall, del New Zealand National institute of water and atmospheric research, Il 26 marzo presiederanno una sessione di "Planet Under Pressure", un'importante conferenza internazionale incentrata sulle soluzioni alla sfida della sostenibilità  globale, dove presenteranno  i principali risultati dello studio, e concentreranno l'attenzione «Su una visione olistica delle minacce agli oceani del mondo e si raccomanderanno strategie  trasversali di gestione e di governance che consentono di collegare il processo decisionale locale ad effetti globali».

Noone ribadisce: «Dobbiamo sviluppare una visione integrata di come le nostre azioni impattano sugli oceani e minacciano i servizi vitali che essi forniscono, dal cibo al turismo, alla protezione dalle tempeste. L'oceano è il maggiore contribuente alle economie nazionali, ha un ruolo chiave nell'evolversi della storia della terra e del cambiamento ambientale globale, ma regolarmente ignorato nelle attuali strategie economiche e in quelle riguardanti gli effetti del cambiamento climatico, a livello nazionale e globale. Noi vogliamo colmare queste lacune e dare una visione olistica del valore dell'oceano».

Lo studio conferma che le diverse componenti dell'oceano sono state colpite da molteplici fattori di stress, come l'acidificazione, il riscaldamento e l'ipossia «Il che significa che il danno previsto, ed il suo costo, è maggiore di quello causato da ogni singolo impatto» e secondo la Hall, che ha curato capitolo sugli  "Impatti dei fattori di stress multipli", «Non possiamo più permetterci il lusso di affrontare un solo problema alla volta. Abbiamo urgente bisogno di immaginare un sistema di gestione che funzioni su scala locale e globale e che ci permetta di ottimizzare il nostro utilizzo delle risorse marine in modo sostenibile, alla luce delle minacce, simultanee e spesso sinergiche fra loro».

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