[23/03/2012] News

Storie di donne, d'arte e di cultura

Il lavoro non tutelato di chi tutela

Chi pensa a tutelare chi tutela la cultura nel paese in cui c'è più cultura al mondo?  E' questo il tema del seminario organizzato dalle Associazioni ‘Amici delle Biblioteche' e ‘Vento di Tramontana', in collaborazione con Fillea CGIL, Legambiente e il Coordinamento Donne in Bilico per la Cultura, che si terrà a Roma martedì 28 marzo presso la sala della Crociera, nella sede del Ministero dei beni culturali.

Conviene analizzare qualche dato per capire fino in fondo il senso di questa iniziativa che chiude il ciclo di seminari inserito nel progetto ‘L'unità delle donne: 150 anni di lavoro femminile in Italia', e sarà allora anche più facile intuire la provocazione che vedrà consegnare ai partecipanti bustine di citrosodina per buttare giù il boccone amaro che tutti i giorni gli addetti a vario titolo alla cultura nel nostro paese sono costretti ad ingoiare.

Il primo dato riguarda l'entità e la diffusione del patrimonio storico culturale nel nostro paese: sono 45 i siti patrimonio dell'Unesco, 911 quelli riconosciuti di "eccezionale valore universale"; 46025 monumenti soggetti a vincolo di tutela, 5668 beni immobili archeologici vincolati a cui si aggiungono 346 siti archeologici subacquei. E non è finita qui: abbiamo ben 15 milioni di oggetti conservati solo negli archivi di Stato, senza considerare quelli degli archivi degli enti pubblici territoriali (comuni) e non territoriali (università, istituzioni culturali, etc.) e degli archivi privati e gli oltre 35  milioni conservati nelle biblioteche pubbliche.

Sono 4340 gli istituti non statali e 420 quelli statali tra musei, monumenti, siti archeologici; 26 i musei d'arte contemporanea più le fondazioni private e a questa enorme mole vanno aggiunti migliaia di beni soggetti a verifica di interesse di cui solo 8.688 per i beni architettonici.

E qui siamo al primo paradosso: a fronte di questo patrimonio gli investimenti ad esso destinati sono stati ridotti in maniera progressiva nel decennio che va dal 2000 al 2010 passando da un già misero 0,37% del bilancio nel 2001 allo 0,19% nel 2011. Che in cifre significa essere passati da 2.241 milioni di euro nel 2001 a 1.425 milioni di euro previsti nel bilancio 2011. E non è certo consolatorio che nell'ultima manovra economico- finanziaria la quota destinata alla cultura non sia stata oggetto di ulteriori tagli, dato l'esiguo capitolo ad essa destinata. Come metro di paragone è illuminante il confronto tra quanto si spende in Francia solo per Louvre, 140 milioni l'anno, che corrisponde alla cifra complessiva destinata a tutti i musei del nostro paese. Che anche in questo settore ha agito in maniera diametralmente opposta al resto d'Europa che ha invece individuato nella cultura tout court il forte valore anticiclico nel periodo di crisi che stiamo attraversando.

Non è un caso allora che  proprio dal principale quotidiano economico del nostro paese sia partita una crociata per la cultura con un manifesto, cui anche la nostra testata ha aderito, in cui si dice che "Occorre una vera rivoluzione copernicana nel rapporto tra sviluppo e cultura. Da "giacimenti di un passato glorioso", ora considerati ingombranti beni improduttivi da mantenere, i beni culturali e l'intera sfera della conoscenza devono tornare a essere determinanti per il consolidamento di una sfera pubblica democratica, per la crescita reale e per la rinascita dell'occupazione."

Ma quanti sono gli addetti che a vario livello si occupano di questo patrimonio? I dati non sono completi poiché, a parte i dipendenti del Ministero e dei suoi uffici periferici, di  tutti gli altri, cioè di coloro che lavorano per gli enti locali e di tutto il mercato privato,  non si conosce il numero, se non in modo approssimativo e deduttivo.

I restauratori attivi nel settore- da dati desunti dalle recenti procedure di selezione per la qualifica professionale - sono circa 30.000 di cui  16.000 le domande effettivamente inviate ad oggi e risulterebbero almeno 5.551 gli archeologi, ma il numero effettivo è sicuramente di gran lunga maggiore.

E qui veniamo al secondo paradosso: a fine 2010 erano 269 i restauratori conservatori in organico al Ministero e 350 gli archeologi. Uno sguardo a come funziona il mondo che ruota attorno agli addetti alla conservazione del patrimonio culturale nel nostro paese può rendere ancora più evidente la stravaganza con cui si "gestisce" questo settore.

Va intanto detto che le gare d'appalto per l'aggiudicazione dei pochi lavori assegnati sono tutte al ribasso: solo nel 2010 un quarto dei bandi di gara aggiudicati sono stati con un ribasso medio intorno al 20% e oltre la metà (il 60%) con un ribasso medio del 24,4%.

Condizioni che rendono difficile garantire condizioni di sicurezza per chi lavora e assai meno per quanto riguarda gli adempimenti ambientali e non va dimenticato che gran parte delle sostanze impiegate nel campo del restauro sono tossiche per chi le usa e per l'ambiente in cui sono usate. In queste condizioni economiche al ribasso su tutti i fronti è anche molto difficile inserire le innovazioni nei prodotti e nelle tecniche che avrebbero il doppio vantaggio di tutelare la salute di chi le adopra e l'ambiente in cui si applicano.

Un tema questo su cui «Legambiente sta lavorando da anni, riscuotendo un notevole successo tra gli addetti ai lavori, tanto che ci dà il "diritto di cittadinanza" ad occuparci anche di questo ed ascolto riguardo alle ragioni di Legambiente che chiede di  investire in cultura come grande opera per il Paese» ci ha detto Federica Sacco che da anni si occupa di questi temi per l'associazione e che è tra i promotori dell'iniziativa di martedì prossimo.

Ma c'è anche un altro aspetto di cui tener conto, che si allaccia anche alla discussione in atto in questi giorni sulla riforma del lavoro.

Il settore di chi tutela il patrimonio storico culturale del nostro paese è a tutti gli effetti nella sfera del precariato, e lo è in particolare per quanto riguarda il mondo femminile, che rappresenta l'80% degli operatori con un'età media di 32 anni.

E', infatti, progressivamente calato il numero di assunzioni con contratti da lavoro dipendente (per la stragrande maggioranza contratti a tempo determinato) mentre è in forte aumento il lavoro autonomo e parasubordinato che ha raggiunto punte superiori al 52%: un dato che non stupisce se letto assieme alla modalità con cui si aggiudicano le gare ma che pone ancora di più la questione di come questo tipo di contratti rispondano alla logica di abbattere drasticamente il costo del lavoro ma non certo a garantire ai lavoratori diritti e tutela in termini di sicurezza e salute.  Così come non offre garanzie nella scelta di professionalità specializzate e della qualità del lavoro. E certo non garantisce neanche la tutela degli standard minimi ambientali riguardo, ad esempio, lo smaltimento dei rifiuti, le scelte di utilizzare materiali a basso impatto o tecnologie meno invasive a tutti i livelli.

Di tutto questo si parlerà nel seminario Storie di donne, d'arte e di cultura, attraverso testimonianze dirette, pièce teatrali, interventi e approfondimenti, per rilevare lo stato dell'arte delle professioni della cultura in Italia e per proporre nuove strade da intraprendere. Per evitare che l'unica soluzione per buttare giù il boccone indigesto della cultura rimanga la citrosodina.

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