[26/03/2012] News

Come Roma uccide la creatività italiana

Il problema del traffico è certamente uno dei principali problemi della capitale. E la mobilità è strettamente connessa all'energia, sia essa fossile o elettrica. I due problemi non possono essere trattati separatamente, soprattutto se si tratta di favorire il passaggio dalle inquinanti auto a combustione interna a quelle elettriche.

E' anche ormai chiaro che il sistema di accumulo delle auto elettriche, ossia la loro batteria, assume un valore strategico anche nella gestione delle reti intelligenti, ossia quelle smart grid che permettono la realizzazione di un piano di energia distribuita. Il miglior utilizzo delle batterie, infatti, non è un contatto unidirezionale con la rete elettrica (utilizzata solo per la ricarica delle batterie stesse), ma una relazione bidirezionale in cui le batterie forniscono energie alla rete durante le ore di picco e per la gestione dei carichi distribuiti.

Oggi queste cose appaiono chiare, e alla recente Fiera di Tokyo c'erano almeno una ventina di sistemi di gestione dell'energia, domestica e per piccole comunità, che prevedevano proprio la capacità di interscambio di energia fra i diversi utilizzatori per aumentare l'efficienza generale del sistema. E anche grazie a questi sistemi il Giappone è stato in grado di ripartire dopo il disastro nucleare con un programma di riduzione dell'energia atomica.

Ma quando tre anni fa con un paio di altri esperti-visionari dicevamo queste cose all'interno del gruppo del Piano della Mobilità del Comune di Roma, le nostre parole erano considerate "rumore" e spesso venivano derise da coloro che avevano titoli accademici ed esperienza sicuramente maggiori delle nostre.

Il Piano della Mobilità finale che è scaturito da questo gruppo di esperti di trasporti in senso stretto (ossia in senso tradizionale) ma privi di una visione del futuro e del cambiamento, è stato un piano noioso, per certi aspetti irrealizzabile, e incapace di dare alla capitale quella spinta creativa che mettesse in moto imprese e nuove iniziative. Un tuffo nel passato senza la spinta di guidare un cambiamento.

Energia e mobilità sono state considerate separate e non è mai stata presa in considerazione una vera politica industriale a supporto del cambiamento che favorisse la crescita della città e dell'Italia. Esattamente il contrario di quanto è avvenuto in Francia con il sostegno governativo all'auto elettrica o a Pechino dove il piano della mobilità della capitale è stato elaborato assieme ad un piano industriale per far diventare l'industria dell'auto elettrica cinese la principale al mondo.

Ora la staticità di questo piano elaborato da anziani accademici e professionisti è stata evidente e poco dopo il sindaco ha lanciato un nuovo programma questa volta con un americano di chiara fama. Il sindaco ha chiamato direttamente Jeremy Rifkin per farsi dire quello che già noi dicevamo all'interno del gruppo di lavoro. Questa volta una persona con una visione del cambiamento, ma con un approccio concentrato sul consumatore e con poche connessioni con la politica industriale italiana. Ossia privo di quegli aspetti di geopolitica delle energie rinnovabili capaci di trasformare un piano energetico in una occasione di rilancio industriale di un intero paese in fase recessiva.

Ma andare da Accenture per farsi dire in modo annacquato quello che noi dicevamo tre anni fa gratuitamente in una commissione è un po' troppo!

Il sindaco di Roma non è stato differente da molti altri sindaci italiani ed è forse il rappresentante del fallimento italiano, di un paese che ha rinunciato a sognare ma che vorrebbe comprarsi i sogni degli altri. Un leader incapace di elaborare una vision e che si auto-relega (assieme ai suoi cittadini e al suo territorio) ad essere un follower.

Possibile che dobbiamo umiliare la creatività italiana fino a questo punto? Possibile che se ci si rivolge a italiani si debba andare da professori vicino alla pensione e che non si abbia il coraggio di accettare idee innovative da persone un po' più giovani?

E' socialmente accettabile per un amministratore pubblico, quale un sindaco, non riuscire ad ascoltare le tante voci di giovani intelligenti italiani? Ci stupiamo perché i cervelli sono in fuga?

Eppure in alcune recenti dichiarazioni, il sindaco Alemanno propone esattamente lo schema dei Beni Comuni elaborato nel nostro Manifesto (www.europeancommongoods.org) ma ancora una volta non ha il coraggio di andare a fondo sulle nostre idee.

Forse aspetta uno straniero che gli possa raccontare le stesse cose che potrebbe sentire da noi!

* Prima firmataria del Manifesto per i Beni comuni

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