
[30/03/2012] News
Mercati finanziari intossicati da petrolio e gas
Il rapporto "Carbon Unburnable" di Carbon Tracker rivela che «Già nel 2011, il mondo ha utilizzato più di un terzo del suo budget di 50 anni del carbonio di 886 Gigatonnellate di CO2 (GtCO2), lasciando 565GtCO2. Tutte le riserve provate di proprietà di aziende pubbliche e private e governi sono equivalenti a 2.795 GtCO2. Le riserve di combustibili fossili appartenenti alle top 100 del carbone quotate ed alle top 100 delle compagnie petrolifere e del gas quotate rappresentano emissioni totali per 745GtCO2».
Ma il rapporto dl Carbon Tracker, una Ong "investor watch" che vuole allineare i capital markets agli sforzi per affrontare i cambiamenti climatici, avverte che, «Se si vogliono scongiurare gli effetti dannosi del global warming, Solo il 20% di queste riserve totali può essere bruciato senza sosta, lasciando sotto terra fino al 80% degli assets technically». Il tutto per un valore stimato di 22 trilioni di dollari
Con l'allocazione delle riserve attraverso gli scambi, è stato possibile ricostruire un quadro di dove siano listate le riserve. La mappa che pubblichiamo mostra come siano distribuiti i listini di carbone, petrolio e riserve di gas e indicano che i capital markets stanno sostenendo lo sfruttamento continuo delle riserve di combustibili fossili in tutto il mondo.
L'Italia: ha riserve quotate per 8,04 GtCO2, delle quali 7,51 di petrolio, e 0,53 di gas. Se prendiamo la Gran Bretagna, dove hanno sede sia l'Ong Carbon Tracker che ha condotto lo studio che una delle più importanti Borse del mondo, si scopre che Londra ha attualmente 105,5 GtCO2 di riserve di combustibili fossili quotati nel suo exchange, oltre 10 volte il carbon budget interno della Gran Bretagna dal 2011 al 2050, che è di circa 10 GTCO2.
Un ammontare che può solo crescere se si aggiungono grandi aziende come Glencore, Vallar e Vallares, e la predominanza di imprese minerarie tra le nuove entrate nel listino: il 70% nel primo semestre del 2011.
Il rapporto "Carbon Unburnable" evidenzia che «I proprietari di asset in genere investono grandi quantità di passive funds che seguono il mercato, o active funds che sono rapportati ad indici di mercato. Questo significa che molti investitori stanno finanziando enormi riserve di combustibili fossili semplicemente come conseguenza della struttura dei prodotti finanziari in cui investono L'attenzione continua sul breve termine torna a perpetuare lo status quo».
Carbon Tracker sostiene che «Il nuovo Financial policy committee, istituito per monitorare i rischi e le bolle del sistema finanziario, deve urgentemente affrontare la "bolla del carbonio" e assicurare che i regolatori impongano una maggiore chiarezza sulle riserve e le emissioni di carbonio al fine di valutare questo rischio materiale per la stabilità finanziaria. Carbon Tracker raccomanda che tale fallimento del mercato venga preso in considerazione anche nella Kay review into the structure of Equity markets per fornire un sistema trasparente a più a lungo termine».
Secondo il climatologo Simon Gear «Anche ignorando la soglia dei 2° C, il mondo raggiungerà facilmente il pieno sfruttamento di petrolio, gas e carbone». Il colosso petrolifero BP prevede che il picco della produzione di petrolio sarà raggiunto nel 2056 e del gas nel 2068. Altre previsioni prevedono che la produzione di fosforo ha davanti a sé altri 100 anni e quella del carbone 188 anni.
Il rapporto "Carbon Unburnable" afferma che «Sono i mercati finanziari mondiali che portano ad una bolla del carbonio» e avverte che «Per ridurre al 20% la possibilità di superare dell'obiettivo dei 2° C, il mondo deve limitare le emissioni di gas serra per l'equivalente di 886 GtCO2». I calcoli delle emissioni globali pubblicati su "Nature" indicano che, nel primo decennio di questo secolo, il mondo ha già emesso l'equivalente di 321GtCO2. Questo ci lascia un "budget" di circa 565GtCO2. Invece, secondo il rapporto,«Il totale di CO2 equivalente potenziale delle riserve comprovate della terra arriva a 2795Gt, il 65% da carbone, il 22% da petrolio e il 13% da gas».
La posizione Carbon Tracker è sostenuta anche da Bill McKibben, dell'università Usa di Middlebury e fondatore della campagna climatica 350.org, «In termini ecologici sarebbe estremamente prudente scrivere "off" su 20 trilioni di dollari di tali riserve. In termini economici, ovviamente, sarebbe un disastro, in primo luogo per gli azionisti e gli executives delle companies».
Il principale autore del rapporto, James Leaton, sottolinea che «In questo modo si metterebbe portafogli di investimento, soprattutto quelli con una visione a lungo termine , che rischiano di perdere valore con una "bolla del carbonio" che d farebbe sembrare piccola la crisi dei subprime. Dato che solo un quinto delle riserve totali possono essere utilizzate (se non vogliamo aumentare la temperatura media del mondo) per rimanere sotto dei 2° C, se questo venisse applicato uniformemente, solo 149 delle 745Gt (di gas di anidride carbonica equivalente) potrebbero essere utilizzate senza limiti. E' qui che si colloca la "carbon-asset bubble". Se applicato agli stock markets mondiali, questo potrebbe comportare un "repricing" degli assets su una scala che farebbe impallidire il profit warning del passato e la rivalutazione delle riserve».
Leaton spiega anche che «Le compagnie petrolifere, del gas e del carbone sono in difficoltà perché il prezzo delle loro azioni è legato alle loro riserve conosciute». Da un'analisi di McKinsey e Carbon Trust, una società senza scopo di lucro istituita per aiutare le imprese e il settore pubblico a tagliare le emissioni, viene fuori che «Le riserve di una company contribuiscono per circa il 50% al valore finanziario attribuitole dagli investitori».
In un intervento sul giornale sudafricano Busines Day, il cosulente per investimenti sostenibili Graham Sinclair e il resource economist della Kpmg Rohitesh Dhawan, dicono che «Il rapporto Carbon Bubble è importante perché informa dibattito, aumentando la conoscenza sui prezzi delle commodities Nel lungo periodo, La nostra speranza e aspettativa è che i politici si allineino alle esigenze della scienza, nella forma del carbon budget, con politiche volte a promuovere un'azione che contenga le emissioni ai livelli richiesti».