
[06/04/2012] News
La seconda parte dell'intervista di greenreport Cuno Tarfusser, vicepresidente Corte penale internazionale
Gianfranco Bologna, direttore scientifico Wwf Italia, scrive su greenreport che, visto il continuo degrado ambientale nonostante gli «oltre 900 "trattati" ambientali che sono stati attivati negli ultimi 40 anni», è necessario «trasformare il Programma ambiente delle Nazioni unite (Unep) in una vera agenzia dell'Onu dedicata all'ambiente e alla sostenibilità, ai livelli di una Organizzazione mondiale della sanità e dell'Organizzazione mondiale del lavoro», nonché elevare di rango la Commissione Onu sullo Sviluppo sostenibile. Sono punti di vista sempre più condivisi dalla comunità scientifica e dall'opinione internazionale: li condivide, o immagina che interventi di questo tipo - di matrice più "politica" - saranno anticipati da alcuni di stampo più "giuridico", come può esserlo la creazione di una Corte internazionale per i crimini ecologici?
«Assolutamente no, sono molto più probabili interventi di tipo politico piuttosto che la creazione di una Corte per i crimini ecologici, in qualsiasi forma la si intenda. Una corte internazionale sottrae maggiore sovranità nazionale ai singoli Stati, mentre l'altra soluzione garantirebbe alla politica maggiore libertà di manovra in termini di compromessi e di gestione del potere.
Certamente, è comunque positivo che quei 900 trattati di cui parla esistano, come è positivo che esistano tribunali nazionali e internazionali, sebbene imperfetti: pensiamo a dove saremmo senza. Quel che la mia esperienza mi porta però a pensare è che questi potrebbero sicuramente funzionare già ora molto meglio di quanto non facciano. Alla radice, la domanda che mi pongo è se parte del potere politico voglia o meno che funzionino meglio. Finché noi giudici facciamo gli spazzini, togliamo dalle strade ladri e spacciatori va bene, ma quando capita di toccare interessi troppo alti o di trovare un politico con le mani nella marmellata si grida al complotto. Detto questo, non credo si debba scadere nel pessimismo; si tratta semplicemente di essere realisti e tirare fuori il meglio da quello che c'è senza però mai nemmeno accontentarsi».
I cambiamenti climatici accelerati dall'impronta antropica, un fallout radioattivo, ma anche e soprattutto la speculazione selvaggia e incontrollata sulle commodity (non solo alimentari), nonché lo sperpero delle risorse energetiche e materiali disponibili, rappresentano abusi su fette enormi della popolazione mondiale, e moralmente la coinvolgono per intero. Si avverte la necessità crescente di un intervento secondo giustizia, contro quelli che potrebbero ben essere definiti crimini contro l'umanità, sui quali proprio la Corte ha giurisdizione. Quali pensa siano gli ostacoli che impediscono di agire in questo senso?
«Si tratta di un problema di norme, circa il riformulare o l'aggiungere alla formulazione già esistente una condotta che possa ricomprendere i crimini ambientali: la questione gira attorno ad una loro precisa definizione, con la conseguente scrittura di una condotta penalmente rilevante e delle relative sanzioni. I crimini contro l'umanità, così come sono attualmente formulati, non ricomprendono al loro interno i crimini ecologici.
Se si avverte la necessità di procedere in questo senso, la direzione da imboccare è solo quella di sedersi ad un tavolo e definire la condotta che integra il "crimine contro l'umanità ambientale", ma al momento - come già accennavo prima - siamo molto lontani da tutto ciò».
Ed a chi immagina spetterebbe l'onere di prendere l'iniziativa, per procedere in tal senso?
«A chi ha la sensibilità per farlo e allo stesso tempo il potere politico di imporre che se ne discuta seriamente. Penso a questo riguardo all'Onu, che delegò l'Italia a organizzare una conferenza per la stesura di quello che poi diventò lo Statuto di Roma, portando quindi alla nascita della Corte penale internazionale. Ma anche l'Onu, comprensibilmente, si muove in una logica politica di consenso, e dunque solo se c'è uno spiraglio di successo concreto prenderà l'iniziativa. Prima di arrivare ad un passo vero e proprio in questa direzione vi sarà una lunga stagione di contatti politici e diplomatici preliminari. Basti pensare che per giungere a concretizzare l'idea di un "crimine ambientale contro l'umanità" è necessario che i singoli Stati antepongano l'interesse allo sviluppo interno lo sviluppo globale del pianeta. Questo purtroppo mi sembra una chimera considerato anche alcuni dei paesi più avanzati non si muovono in quest'ottica, privilegiando esclusivamente i vantaggi a loro interni ed immediati: è una logica che capisco, ma ovviamente non condivido. L'uomo non sembra fatto per anteporre gli interessi globali ai propri, ma la realtà catastrofica sotto il profilo ambientale che abbiamo davanti e la forza del dibattito, porteranno sicuramente ad un tribunale per i crimini ecologici internazionali: il problema è solo quando questo accadrà e speriamo che non sia già troppo tardi».
-2. Fine -