[23/04/2012] News

Yemen: razzismo contro gli Akhdam. 3,75 dollari al giorno agli spazzini “neri” che raccolgono i rifiuti di Sana’a

Qualche giorno fa migliaia di "spazzini" hanno protestato nella capitale dello Yemen, Sana'a, a causa dei bassi salari e della mancanza di contratti di lavoro, ma il nuovo governo yemenmita, uscito dalla sanguinosa guerra civile che ha paralizzato il Paese, non ha ancora nemmeno tentato di risolvere la "marginalizzazione" della minoranza degli Akhdam, l'etnia che si occupa di raccogliere la spazzatura. 

«Gli Akhdam non sono semplicemente cittadini di serie B - ha detto all'Irin, l'agenzia stampa umanitaria dell'Onu, uno dei manifestanti che partecipa al presidio di Change Square - Sono più cittadini di quinta o sesta categoria, la classe più bassa in tutta la Repubblica».

Nonostante siano yemeniti da oltre 1.000 anni, parlino arabo e professino l'islam, gli Akhdam, che preferiscono essere chiamati Al Muhamasheen ("quelli emarginati"), non hanno mai fatto parte davvero della società yemenita e svolgono solo le occupazioni umili: gli uomini lavorano almeno 10 ore al giorno nelle strade nella raccolta dei rifiuti, mentre donne e bambini fanno la raccolta "differenziata" di bottiglie e lattine e chiedono l'elemosina. Il mito fa risalire il loro arrivo in Yemen nel V e VI secolo, quando i loro antenati etiopi attraversarono il Mar Rosso (come fanno oggi somali ed eritrei) nel tentativo fallito di conquistare l'Arabia Felix. Le credenze diffuse tra la maggioranza araba yemenita dicono che con la conversione all'islam i governanti musulmani sconfissero l'esercito etiope e mandarono in esilio gli invasori "neri" e cristiani discendenti della regina di Saba. Quelli che rimasero furono fatti chiavi e relegati ai margini della società, dove sono rimasti, diventando gli Akhdam. Solo l'abolizione delle caste nel 1962 da parte dell'Imamato e la promessa  di uno Stato egualitario e moderno li hanno sottratti da una schiavitù di fatto, ma il razzismo e la discriminazione non sono mai cessati. 

In Yemen ci sarebbero almeno un milione di Al Muhamasheen che vivono soprattutto nelle baraccopoli urbane a Sana'a e Taiz. Le riforme democratiche previste dal  piano del Gulf cooperation council (Gcc), che ha permesso allo Yemen di uscire dal baratro sanguinoso della guerra civile, avevano fatto sperare che la situazione sarebbe migliorata anche per l'etnia Akhdam, ma per loro è cambiato poco. 

All'inizio di aprile sono scesi in sciopero per la seconda volta in due mesi circa 4.000 spazzini della capitale, che protestano contro le promesse non mantenute dal governo di aumentare la loro paga ed estendere la durata del loro contratto, che spesso si limita a pochi giorni. Dopo pochi giorni di astensione dal lavoro dei netturbini Akhdam le strade di Sana'a si sono trasformate in una discarica urbana, costringendo il primo ministro ad interim Mohammed Basindawa ad aprire un negoziato con gli scioperanti. 

Dopo che il premier yemenita aveva promesso contratti a tempo indeterminato per gli spazzini precari, Irin ha intervistato Nabil Al Maktari, presidente della Yemeni Organization Against Slavery and Discrimination, un Al Muhamasheen trentenne che vive a Mukhayyim Aser, uno slum Akadam vicino al palazzo presidenziale:  «Con Basindawa non è cambiato nulla ... Un mio amico ha lavorato come spazzino per 35 anni e non ha ancora un contratto di lavoro. Ecco perché siamo in sciopero».

Nabil è un leader degli Akhdam e nel 2011 ha partecipato insieme a migliaia di altri yemeniti, studenti, professori, soldati e attivisti politici, alle manifestazioni per chiedere la fine del regime dell'ex presidente Ali Abdullah Saleh, ma secondo Al Maktari, «Il nuovo governo non ha fatto concessioni agli spazzini. Alla fine del 2011, l'ufficio del primo ministro ha dato 50.000 riyal ai capi locali Akhdam che rappresentano gli addetti alle pulizie per ottenere la loro protezione. Ma i lavoratori non hanno visto soldi».

Anche il dittatore Saleh aveva ceduto un anno fa alle richieste degli Akhdam, aumentando la loro paga giornaliera a 800 riyal (3,75 dollari) ma Al Maktari spiega che «Gli spazzini ancora non hanno ferie, nemmeno durante l'Eid. E se una persona uccide un tribale Khadem ( un membro della comunità Akhdam, come accaduto spesso durante gli scontri di piazza nello Yemen, ndr) non c'è modo per la sua famiglia di cercare giustizia. Anche se sono cittadini yemeniti e se esistono leggi per questi crimini». 

Molti Akhdam non si fidavano delle promesse di Saleh e non si fidano del suo successore Basindawa. Un anziano della baraccopoli di Al Hasaba di Sana'a, dove ci sono stati alcuni dei più aspri combattimenti  durante le rivolte dello scorso anno, ha detto ad Irin che i funzionari di regime di Saleh hanno pagato lui e i suoi vicini di casa di portare cartelli pro-Saleh all'inizio delle rivolte: «Non ci aiutano fino a quando non hanno bisogno di aiuto». 

Ma il governo assicura che non c'è alcuna discriminazione contro gli Akhdam e che sono trattati come tutti gli altri yemeniti di fronte alla legge. Il nuovo premier punta sulla costruzione di case popolari  per gli Akhdam nell'area di Sawan a Sana'a, ma Mohammed Al Eryani, vice-sindaco di Sana'a, ha  confermato all'Irin che  «gli Akhdam sono forse i soli dipendenti del governo centrale che non hanno benefici come contratti a tempo indeterminato e pensioni», ma, pur ammettendo che gli Akhdam sono il bersaglio del  peggior razzismo nel Paese, Eryani poi dice (con una buona dose di pregiudizio razzista) che «La ragione per cui non sono mai stati assegnati loro contratti o altri benefici è perché sono inaffidabili. Un giorno un Khadem può svegliarsi e scoprire che la sua auto non si avvia, così trascorrerà la giornata a sistemarla,  invece di andare al lavoro», rinunciando così ad incassare la stratosferica cifra di 3,75 dollari...

Infatti, un giovane spazzino di Mukhayyim Aser ha detto sconsolato all'Irin: «Finora non abbiamo visto alcun cambiamento. Le cose sono rimaste quasi la stessa di prima dell'inizio della rivoluzione». 

 

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