[26/04/2012] News

Tra il rigore e la crescita, l'ottimismo della volontà (se c'è) per un'economia ecologica europea

Se c'è una speranza che l'economia ecologica faccia strada in Europa e ne diventi la cifra nei confronti del resto del pianeta, in modo da fare da apripista, questa non può non partire da una profonda revisione del modello di sviluppo e in particolare del ruolo che in esso hanno mercati finanziari.

Se Hollande vincerà le elezioni in Francia e, come sostiene in campagna elettorale, proprio dalla regolamentazione dei mercati finanziari e dalle modifiche del Fiscal Compact comincerà il suo lavoro trattando per prima con la Merkel, qualcosa non può non cambiare rispetto a quanto accadrebbe con una rielezione all'Eliseo di Sarkozy. Se poi non manterrà le promesse lo vedremo dopo, altrimenti si fanno i processi alle intenzioni di cui non c'è alcun bisogno. Esser critici e attenti è una cosa, sparare su tutto e tutti quelli che non la pensano come noi sempre e comunque è ottusità. Lo diciamo perché dal nostro punto di vista, lo sosteniamo da tempo, siamo esattamente nel momento più importante della storia recente dell'Ue.

La sopravvivenza dell'Ue è in gioco e con lei le speranze di un modello di sviluppo più sostenibile almeno in occidente. Perché deve essere chiaro che a noi i nazionalismi non interessano per niente, mentre siamo convinti che se ne esca solo con più Europa. Altra questione è capire come le rispettive peculiarità dei vari Stati possono contribuire al bene comune, di certo la storia ci insegna dove portano idee di superiorità di un Paese sull'altro e su questa strada non vogliamo nemmeno scendere a confrontarci. Il pianeta è uno e nessuno si salverà da solo.

Questo non vuol dire che si debba allora insistere sulla stessa strada perseguita finora, nel percorso di crescita (non parliamo di economia in questo caso) dell'Ue, sono normali fasi migliori e altre peggiori ora siamo ai minimi, ma l'obiettivo deve essere quello di tornare ai massimi dal punto di vista dell'integrazione. I mercati finanziari invece agiscono all'opposto, con la scusa di unire grazie alla loro "perfezione", dividono sempre più i ricchi dai poveri allargando durante la crisi la forbice come mai in passato.

La non regolamentazione dei mercati abbiamo visto dove ci ha portato, da una bolla immobiliare negli Usa siamo arrivati alla possibile smobilitazione dell'Ue sotto i colpi dei titoli di stato che da subprime sono diventati quasi carta straccia. Così ecco la strategia del rigore che tutto mette a posto e nulla in ordine, tanto che dopo mesi di impasse ora anche Mario Draghi si è permesso di dire che accanto al rigore servono politiche di crescita. Sulla declinazione della crescita, però, non c'è ancora "sostenibilità" che tenga.

Tanto che, nonostante la sua perfettibilità, la strada più chiaramente disegnata nel panorama dell'Ue per uno modello di sviluppo diverso, rimane quella della Commissione. Come ri-spiega oggi il Sole24Ore su «dibattito sulla necessità di trovare un nuovo mix di politica economica che dia spazio oltre all'austerità anche alla crescita è sempre più acceso. Anche in Germania c'è sensibilità, come ha notato Antonio Tajani, il vice presidente della Commissione, che ha concluso ieri a Berlino un tour europeo, incontrando tra gli altri anche il cancelliere Angela Merkel: "Ho percepito in Germania una evidente consapevolezza dell'urgenza di dare maggiore spazio al rilancio dell'economia"».

Proprio a Berlino Tajani ha illustrato la sua strategia per garantire materie prime all'industria europea, di cui greenreport ha parlato più volte soffermandosi su uno dei tasselli di questa strategia che è il riciclo dei rifiuti, ribadendo di essere «convinto che l'Europa abbia bisogno di una terza rivoluzione industriale che si basi sull'economia verde, l'innovazione tecnologica, l'industria spaziale. Si tratta dunque di capire dove l'Europa intenda andare e come vuole farlo e che ruolo vuole avere il nostro Paese in questa rivoluzione.

Se l'orizzonte comunque è quello di un modello di sviluppo diverso che vuol dire più sostenibile ambientalmente e socialmente, la strada da seguire è come minimo quella di Hollande per riportare i mercati al loro ruolo di subalternità rispetto alla democrazia piegandoli nel dare soluzioni che riducano i flussi di energia e di materia, promuovendo la rinnovabilità quando si può degli stessi (energia rinnovabile e materia rinnovabile, che non è solo la biomassa come normalmente si intende, ma il riciclo dei rifiuti per ottenere materia seconda) ed esaltino altresì la crescita dei servizi alla persona, della cultura, muovano insomma verso l'ecoefficienza come pietra angolare su cui costruire l'economia stessa.

Ovvio che un partito di sinistra come lo intendiamo noi non possa esimersi da avere questo come obiettivo, con un respiro almeno europeo e un'ambizione di sedere ai tavoli che necessariamente dovremmo avere a livello planetario. Serve cooperazione, condivisione, sacrificio e... coraggio. L'ottimismo della volontà non è mai stato tanto necessario come oggi.

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