[27/04/2012] News

Al Cipe si discute di investimenti sulla depurazione

In base ai dati di Legambiente (si tratta comunque di elaborazioni di numeri forniti dalle autorità di ambito), la copertura effettiva del servizio depurazione in Italia è circa del 70%, con ancora quasi 18 milioni di persone che non sono serviti da impianti. Ci sono poi i trattamenti delle acque che non sono adeguati alle caratteristiche dei corpi recettori ma in questo caso il discorso ci porterebbe lontano. Il nostro Paese, è chiaro, non ha investito per attuare una corretta gestione dei suoi scarichi e l'Europa ne è al corrente da tempo. Con le Procedure di infrazione comunitaria n°2034/2004 e 2009/2034 inerenti la mancata applicazione della direttiva 91/271/CE, Bruxelles ci tiene sotto scacco. La prima procedura di infrazione riguarda agglomerati urbani con carico generato maggiore di 15.000 abitanti equivalenti (a.e) che scaricano in aree non sensibili e la conformità da raggiungere era fissata al 31/12/2000.

Le contestazioni che sono state mosse al nostro Paese riguardano la dichiarazione di un carico inferiore a quello precedentemente dichiarato senza giustificarne la riduzione (violazione degli articoli 3 e 4); la cattiva applicazione dell'art. 3, ovvero l'insufficienza del sistema fognario e sistemi individuali non appropriati; la cattiva applicazione dell'art. 4 cioè la  mancanza di trattamento, la capacità organica di progetto insufficiente, il livello di trattamento non adeguato, valori allo scarico non conformi, assenza, insufficienza, non conformità dei controlli. Si tratta complessivamente di 159 agglomerati urbani deferiti  ma successivamente 55 sono stati ritenuti conformi.

Invece la procedura 2009/2034 riguarda agglomerati con carico generato maggiore di 10.000 a.e. che scaricano in aree "sensibili" ai sensi della Direttiva 91/271/CE. La conformità da raggiungere era fissata al 31/12/1998. Le contestazioni che sono state mosse dall'Europa sono: assenza di informazioni; variazione del carico generato, cioè  dichiarazione di un carico inferiore a quello precedentemente dichiarato senza giustificare la riduzione del carico (violazione artt. 3, 4 e 5); cattiva applicazione art. 3, ovvero insufficienza del grado di copertura del sistema fognario; cattiva applicazione artt. 4 e 5 cioè: mancanza di trattamento, capacità organica di progetto insufficiente, livello di trattamento non adeguato, valori allo scarico non conformi. Gli agglomerati interessati sono 143 situati soprattutto nel Nord Italia. Considerato il quadro e il ritardo accumulato (quasi tre lustri rispetto alle scadenze fissate), è necessario quindi che entro il 2015 il nostro paese risponda in modo debito a quanto contestato, altrimenti rischiamo di buttare via soldi in sanzioni invece di impiegarli in modo adeguato in investimenti per interventi infrastrutturali e per migliorare la gestione dell'intero ciclo dell'acqua. Tra l'altro questo tipo di investimenti servirebbero per dare una risposta nella direzione della sostenibilità alla tanto invocata necessità di crescita.

Nel Rapporto Ambiente Italia 2012, è stimato che «attraverso investimenti che graverebbero in minima parte (meno del 10%) sul bilancio pubblico (visto che i costi sarebbero coperti dalle tariffe idriche e da investimenti che beneficiano solo in parte di sostegno pubblico), a fronte di un investimento totale di poco più di 27 miliardi di euro in 10 anni, dei quali 16 miliardi di euro addizionali rispetto a quelli di spesa tendenziale, si avrebbe la creazione di poco meno di mezzo milione di unità di lavoro in 10 anni, tra occupazione diretta e indiretta (in altri termini 45.000 posti di lavoro l'anno per 10 anni), senza considerare l'occupazione indotta dalla spesa dei redditi da lavoro e capitale generati dalla nuova occupazione». Quindi sarebbe necessaria un'azione corale pubblico-privata (con l'apporto dei gestori del servizio idrico che dovrebbero  rinvestire gli utili di bilancio considerato lo stato delle casse pubbliche), per evitare le sanzioni che lo Stato farebbe poi rivalere su Regioni, ato...

Intanto proprio il prossimo lunedì, durante la seduta del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) si discuterà del Piano di interventi messo a punto dal ministero dello Sviluppo economico, che prevede un investimento complessivo di 1.961 milioni di euro in gran parte finanziati con risorse regionali e Fas. Verranno definiti i primi 233 interventi necessari per cercare di superare la situazione critica del settore della depurazione idrica ed evitare che le procedure di infrazione europea arrivino fino al termine dell'iter.

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