[30/04/2012] News

Nel mare c’è più pesce di quanto si creda? Studio Usa: «Guardare più alla biomassa che al prelievo»

Internazionale in edicola pubblica "Il saccheggio degli oceani", riprendendo i risultati del progetto "Looting the Seas" dell'International Consortium of Investigative Journalists, che indaga sulla rapidità del depauperamento delle risorse degli oceani e che sottolinea: «Dopo aver depredato i mari di tutto il mondo, i grandi pescherecci europei, asiatici e sudamericani hanno fatto rotta sul Pacifico del sud, ai confini con l'Antartide. E hanno prosciugato le ultime riserve di pesce del pianeta. La pesca illegale è un fiorente mercato nero globale che alimenta la criminalità organizzata e la scomparsa delle specie più preziose dei mari. L'Onu stima che l'85% degli stock ittici mondiali siano al limite, o oltre, dei livelli sostenibili». "Looting the Seas" si divide in tre parti: "Il mercato nero del tonno rosso"; "Spagna 8 miliardi di dollari di pesce"; "L'ultimo pesce -  Plunder in the South Pacific".

Anche il Wwf  ha recentemente lanciato un allarme sulla prossima "estinzione" del pesce nel Mediterraneo. Ma le cose stanno davvero così? Non proprio, a leggere il rapporto "Defining Trade-Offs among Conservation, Profitability, and Food Security in the California Current Bottom-Trawl Fishery" pubblicato da Conservation Biology, che spiega che «Un nuovo metodo di misurazione della biomassa rivela che gli stock ittici sono più stabili di quanto sia ampiamente creduto». Secondo  il team di ricercatori statunitensi, «Anche se è riconosciuto che la pesca marina che cattura organismi selvatici è una fonte importante di cibo per molta gente, il costo della pesca sostenibile per la biodiversità delle specie è incerto e attualmente si discute se i pescherecci industriali possano essere gestiti sostenibilmente».

Il team guidato da Trevor Branch, della Washington University di Seattle, ha esaminato gli stock "collassati" o "sovra-sfruttati" sulla base dei dati di cattura e della  biomassa. Il "collasso" viene definito come una biomassa inferiore al 10% dei livelli di "non pesca" mentre il sovra-sfruttamento è definito dai governi degli Usa e dell'Australia come biomassa al di sotto del 50% della biomassa che produrrebbe le massime catture sostenibili. Questi punti di riferimento sono ampiamente utilizzati nella gestione della pesca, sia come obiettivi di gestione o come limiti da non superare.

Lo studio valuta «Le compensazioni tra produzione sostenibile di alimenti, la redditività e gli obiettivi di conservazione della pesca a strascico sui fondali della costa occidentale Usa, dove desta particolare preoccupazione l'esaurimento e/o la riduzione di abbondanza di sei specie di pesci di scoglio (Sebastes). «Le compensazioni sono inerenti a questo tipo di pesca multi-specie - scrivono i ricercatori - perché ha una capacità limitata di catturare singole specie. A partire dai modelli delle popolazioni e dalla cattura di 34 stock di  pesce demersali, abbiamo calcolato la relazione tra il tasso di prelievo, la produttività a lungo termine  (per esempio il peso totale dei pesci catturati, i guadagni e la diminuzione di ogni specie).

Nei nostri modelli, la produttività annua dell'ecosistema nei 34 stock è massimizzata con un tasso di prelievo del 5.4%, però la redditività è stata massima quando il tasso di raccolta è stato del 2.8%. Quando si riduce il tasso di prelievo  al livello 2.2%, nel quale non collassa nessuno stock  (<10% dei livelli senza pesca), la biomasa prelevata è stata del 76% della massima produzione sostenibile e la redditività è stata dell'89% rispetto alla massima. Una tasso di prelievo al di sotto del quale nessuno stock che è andato al di sotto della biomassa che produce la massima produzione sostenibile (1% del tasso di prelievo) è risultato all'interno del 45% della produzione potenziale e del 67% della redditività potenziale. Le riduzioni drastiche delle catture a fine del decennio degli anni '90 hanno portato ad un incremento della biomassa negli stock più diminuiti, però questa ricostruzione ha dato come risultato la perdita di  >30% della produzione totale sostenibile, mentre la perdita di produzione per il decremento degli stock è stata il 3% della produzione totale sostenibile».

I ricercatori concludono che «Esistono chiari benefici di conservazione con il diminuire dei tassi di prelievo, però evitare la sovra-pesca di tutti gli stock in una pesca multi-specie comporta un costo sostanzialein termini di perdita di produzione e profitti». Branch, spiega che «Le stime dello stato della pesca sulla base delle catture indicano che circa il 30% delle attività della pesca sono crollate e il 70% è sovrasfruttato o al collasso. Dalla nostra valutazione risulta che i dati sono fortemente di parte e che invece dovremmo guardare ai dati della biomassa. I dati della biomassa delle valutazioni scientifiche degli stock indicano una percentuale molto più piccola in queste categorie (12% crollato, il 26% sovrasfruttato o collassato), e che le tendenze allo stato sono stabili». Secondo il rapporto «Nella maggior parte delle regioni la gestione della pesca ha portato alla stabilizzazione, e anche al recupero, delle popolazioni pescate».

Branch evidenzia che «Le specie target delle flotte di pesca sono suddivise in stock, una divisione di specie in unità basate su confini politici, divergenza genetica e caratteristiche biologiche. L'impoverimento degli stock ha importanti implicazioni per la biodiversità degli ecosistemi, ma i metodi di misurazione dell'esaurimento variano notevolmente. Il nostro studio ha trovato che lo stato degli stock a livello mondiale sulla base dei trend delle catture è quasi identico a quello che ci si aspetterebbe se le catture fossero state prodotte in modo casuale, senza qualsiasi trend. La maggior parte delle classificazioni del collasso sulla base dei dati sulle catture non sono veri e propri collassi, ma sono dovuti alla riclassificazione tassonomica, alle modifiche delle normative nel settore della pesca ed ai cambiamenti di mercato».

Quindi, secondo i ricercatori americani, i loro dati sulla biomassa potrebbero essere utilizzati per stabilire i veri trend dei prelievi di pesce e rivelano che i dati delle catture «Sovrastimano notevolmente la percentuale degli stock collassati e lo sfruttamento eccessivo».

 

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