[02/05/2012] News

Per agire in giudizio non basta la mera vicinanza a un futuro termovalorizzatore

Le persone che vivono vicine ad area destinata alla costruzione di un termovalorizzatore possono agire in giudizio per tutelare l'ambiente e la salute, ma devono dimostrare il pregiudizio effettivamente subito.
Lo ribadisce il Consiglio di Stato - con sentenza 27 aprile 2012, n. 2460 - che conferma la decisione presa dal Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia Romagna (Tar) sulla realizzazione della centrale di termoutilizzazione di rifiuti solidi urbani da parte di Hera a Forlì, in località Coriano.

Un'area situata nelle vicinanza di alcune abitazioni. Ma nessuno dei proprietari è stato in grado di precisare il concreto pregiudizio che deriverebbe alla propria sfera giuridica dalla realizzazione dell'impianto per il quale tutti gli accertamenti tecnici svolti dall'Arpa e dall'Asl hanno consentito di individuare "valori di emissioni inquinanti ampiamente inferiori ai limiti prescritti dalla legge."

In materia di legittimazione all'impugnazione di atti di localizzazione di discariche e di impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti solidi urbani, l'interesse sostanziale non può evincersi dalla mera appartenenza al territorio comunale, ma deve collegarsi a specifiche situazioni. Ossia l'immediata vicinanza all'impianto che riduca il valore economico del fondo limitrofo; l'inosservanza delle distanze minime di sicurezza dalla zona dell'intervento; la dimostrazione che le modalità di costruzione e di gestione dell'impianto non siano inidonee a salvaguardare la salute di chi vive nelle vicinanze dell'impianto. E la dimostrazione dell'esistenza del danno che il soggetto subisce nella sua sfera giuridica a causa del provvedimento di approvazione.

In altre parole la mera vicinanza di un'abitazione a un sito individuato per la realizzazione di impianti, aventi possibili impatti sull'ambiente, non legittima di per sé il proprietario a "insorgere avverso i relativi provvedimenti di approvazione".

Fra l'altro secondo alcune pronunce del Consiglio di Stato una distanza superiore al chilometro è tale da far seriamente dubitare, (specialmente in assenza di puntuali allegazioni ad opera della stessa parte) dell'esistenza del presupposto della vicinitas: e questo pur tenendo nel debito conto il principio per cui la vicinitas che legittima la proposizione di un'impugnativa non va necessariamente intesa come stretta contiguità, bensì nel senso di uno stabile e significativo collegamento del ricorrente, da verificare caso per caso, con la zona il cui ambiente s'intende proteggere.

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