
[21/05/2012] News
La ricercatrice: «Energia infinita a impatti zero su portafoglio e ambiente non esiste»
Che siano in corso grandi cambiamenti per il settore energetico è un fatto incontrovertibile. Che con l'aumento della popolazione la richiesta di energia sarà in continuo aumento altrettanto. Così come è evidente che il gas abbia un ruolo fondamentale anche a causa della chiusura o almeno del forte ridimensionamento dell'energia nucleare, peraltro un bene almeno dal nostro punto di vista. Le energie rinnovabili, tuttavia, secondo molti studi e i programmi anche dell'Ue, possono sostituire le altre fonti in una prospettiva al 2050 e dunque perché ritenete che sia già superata l'idea che il gas non sia più una fonte di transizione ma addirittura di propulsione? E' la prima domanda che rivolgiamo a Laura Cardinali (Nella foto), del Centro studi Safe che ha organizzato un interessante worshop sul tema «Gas: ritorno dal futuro. I ripensamenti sul nucleare, i costi delle rinnovabili e la riduzione delle emissioni trasformano il gas da fonte di transizione a fonte di propulsione»
«Il motivo di questa nostra considerazione sul ruolo del gas - spiega Laura Cardinali - riguarda principalmente il cambiamento di prospettiva che ci sembra di registrare rispetto a quello che si dava per scontato solo poco tempo fa. E' indubbio che l'Unione europea, nella Roadmap che disegna un'economia al 2050 a basse emissioni di carbonio, punti considerevolmente su uno sviluppo delle fonti rinnovabili. È importante tuttavia precisare che, per raggiungere gli obiettivi sulle FER prefissati, la UE prevede l'implementazione di misure, tutt'altro che facilmente traguardabili nel breve termine quali, ad esempio: ancora più incisive politiche di promozione delle FER; sistemi di miglioramento dell'efficienza nel settore trasporti; fondi di garanzia per tutte le tecnologie low carbon; potenziamento della capacità di interconnessione e di stoccaggio (per l'eventuale energia in eccesso il documento indica come soluzione la trasformazione in idrogeno, senza specificare che la produzione di idrogeno richiede un consumo di energia da 2 a 3,5 volte l'energia che fornisce); sistemi di facilitazione dell'accesso alla rete; integrazione dei mercati; politiche più incisive nel settore della generazione elettrica, di calore e nei trasporti.
A noi appare evidente che, considerando lo stato attuale di tecnologie e infrastrutture, tutto questo richiederà parecchio tempo per realizzarsi. Esempio emblematico delle difficoltà che la crescita delle rinnovabili deve ancora affrontare è il caso della Germania che sta affidando la sostituzione della propria capacità nucleare in dismissione per lo più alle fonti fossili ed in particolare al gas, fonte di primaria importanza anche per il suo ruolo di back up delle FER.
Quanto alle previsioni sulle rinnovabili, l'Agenzia Internazionale dell'Energia stima che il contributo delle rinnovabili alla domanda di energia primaria, sarà, al 2035, pari al 18% su scala mondiale e al 23% nella UE nello scenario intermedio, mentre sale al 27% e 32% rispettivamente, nello scenario più "spinto" denominato "450 Scenario". Quest'ultimo prevede ulteriori politiche per limitare il cambiamento climatico e mantenere l'innalzamento della temperatura entro i 2 gradi centigradi. Tuttavia l'Agenzia stessa considera che, nonostante gli sforzi nella giusta direzione, la finestra dei 2°C sia ormai in chiusura, ridisegnando per il futuro una nuova traiettoria per le emissioni che contenga a 6°C l'aumento della temperatura.
In sostanza ci servirà altro tempo e sforzi più consistenti e costosi per il cambiamento proprio per dar modo alle rinnovabili di risolvere i problemi che ancora l'affliggono. L'intermittenza delle fonti rinnovabili ad esempio necessita di una adeguata riforma delle reti di distribuzione non è attuabile nel breve. Nel frattempo, secondo noi, sarà proprio il gas a soddisfare la crescente sete energetica mondiale soprattutto nei paesi in più rapido sviluppo, garantendo comunque un impatto ambientale inferiore rispetto alle altre fonti fossili».
Se è vero che la disponibilità di gas è ancora ampia, e pur riconoscendo una sua maggiore sostenibilità ambientale rispetto al petrolio e al carbone, per non dire del nucleare, un suo uso maggiore e una più ampia ricerca di quello "non convenzionale", che immaginiamo sia lo shale gas, ha comunque impatti notevoli sull'ambiente che aumenterebbero proporzionalmente con l'aumento della richiesta stessa. Avete già delle analisi su costi e benefici in questo senso? Come potrebbe infatti convivere un suo uso prevalente con l'esauribilità intrinseca della risorsa e con l'esigenza (non solo morale, quanto legislativa) di ridurre le emissioni di CO2?
«Le ragioni principali per cui in Europa non si sta sfruttando la fonte non convenzionale, tipicamente lo shale gas, sono proprio dettate dalle preoccupazioni circa gli impatti ambientali del suo sfruttamento. In Francia ciò ha portato addirittura al bando della tecnologia di fatturazione idraulica che permette l'estrazione di questa fonte. Viceversa, la Polonia ha invece deciso di proseguire nel suo piano di sfruttamento con l'intento di sostituire con il gas da shale il carbone sul quale attualmente si basa la sua economia. Questo è uno dei motivi, assieme alla maggiore e più stringente regolazione ambientale dell'Unione, che ci hanno fatto concludere, nella ricerca, che probabilmente la soluzione shale in Europa non sarà perseguita così come si sta facendo negli Stati Uniti e che piuttosto resterà legata a scelte nazionali di alcuni Paesi dettate da esigenze di diversificazione e di miglioramento della sicurezza.
Ad ogni modo la questione si riduce sempre alla ricerca di un equilibrio tra ciò che vorremmo si realizzasse immediatamente e ciò che ci possiamo permettere di realizzare alle condizioni attuali. Ad oggi non ha molto senso escludere alcuna delle possibilità energetiche senza averne calibrato pro e contro in termini economici, ambientali e di sviluppo. L'Europa possiede solo l'1,5% delle riserve mondiali di gas, non ha petrolio, ha poco carbone, non ama il nucleare eppure in qualche modo già domani avrà necessità di coprire una domanda energetica pari a circa 1.700 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio.
L'Europa ha certo sole e vento (non sempre e non ovunque) che però purtroppo non sono disponibili tutto l'anno, giorno e notte e in tutti gli angoli del nostro continente. Le strade sono allora due, o si scardina alla base il sistema economico e si ripensa il modo in cui si produce e si consuma energia, oppure per soddisfare la crescente domanda energetica dobbiamo piegarci all'amaro e se volete amorale, compromesso di sfruttare al meglio quello che abbiamo nella maniera più sostenibile possibile, puntando nel frattempo al sogno. Energia infinita a impatti zero su portafoglio e ambiente non esiste ancora, pensare di pretenderla domani è un'utopia».
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