
[22/05/2012] News
Seconda parte dell'intervista a Laura Cardinali, ricercatrice del Centro studi Safe
In Italia permane l'annoso vuoto lasciato dalla mancanza di un Piano energetico nazionale, che incide profondamente sullo sviluppo del settore Gnl sul nostro territorio: non esiste un filo conduttore che leghi e vincoli la presenza dei rigassificatori lungo le coste italiane. Dal vostro punto di vista, quali sono le principali ricadute di questa mancanza?
«La mancanza di un piano energetico organico, coerente e soprattutto di lungo periodo è la madre di tutti i nostri guai. Navigare senza rotta, applicando iniziative slegate tra loro e non coordinate da una visione chiara e condivisa è un ostacolo non solo per il settore del GNL ma in generale per tutto il comparto energetico e per l'intero sistema economico nazionale che su di esso si fonda. In questo senso l'attribuzione della delega alle Regioni sulla materia energetica, attuata con la riforma del Titolo V della Costituzione, non agevola affatto la definizione di una rotta comune in grado di dare continuità e stabilità al quadro normativo di riferimento.
Per quanto riguarda l'opzione GNL, a nostro parere costituisce una opportunità potenzialmente molto positiva di guadagnare flessibilità delle forniture, di aumentare la diversificazione dell'approvvigionamento, di reperire risorse a costi competitivi e di favorire un mercato più liquido. Riuscire a sfruttare questa opportunità è tutta un'altra storia. Servono infrastrutture, un mercato adeguato e liquido, serve che si realizzino condizioni favorevoli affinché anche i produttori realizzino infrastrutture di liquefazione, ecc. Non è una strada facile ma consentirebbe di creare anche quella capacità di back-up che in ogni caso ci sarà necessaria anche negli scenari più spinti di penetrazione delle rinnovabili. Certo è che se per la realizzazione del rigassificatore di Rovigo ci sono voluti più di dieci anni dalla prima richiesta autorizzativa all'entrata in funzione, le speranze che di questo passo si riesca a favorire flessibilità e diversificazione sono piuttosto modeste».
Le ventilate e auspicate politiche di risparmio ed efficienza energetica che ruolo avranno negli scenari futuri e con quali prospettive?
«L'efficienza energetica è la chiave della realizzazione di un futuro energetico migliore. Come abbiamo avuto modo di spiegare nel nostro ultimo libro "L'efficienza energetica come contributo alla sostenibilità ambientale ed economica" l'apporto dell'efficienza, nonostante ancora non completamente riconosciuto, è fondamentale. Non ne sembrava molto convinta l'UE quando, nel disegnare il famoso pacchetto 20-20-20 ha considerato quello dell'efficienza l'unico obiettivo non vincolante. Piuttosto che dare enfasi ad uno strumento che ha la potenzialità di rendere più agevole anche il raggiungimento degli altri due obiettivi vincolanti su FER ed emissioni (riducendo di fatto i consumi l'efficienza rende più facilmente raggiungibile l'obiettivo sulle FER calcolato come rapporto sui consumi finali lordi di energia, e quello di riduzione delle emissioni) l'Europa ha considerato di maggiore importanza incentivare la produzione da Fonti rinnovabili considerando di fatto equivalenti la produzione di un tep da rinnovabili e la riduzione di cinque tep dei consumi. Ciò ha in sostanza mal direzionato gli sforzi disaccoppiando due strumenti, FER ed efficienza, che avrebbero dovuto viaggiare parallelamente verso il comune obiettivo.
Più di recente, forse spinta anche dalle condizioni economiche che hanno rallentato anche gli investimenti in FER, l'Europa ha corretto il tiro dando maggiore impulso all'efficienza e riconoscendole il ruolo di strumento fondamentale (pur rimanendo non vincolante) per il raggiungimento dei propri obiettivi. Del resto le potenzialità sono note e i dati ci dimostrano che se a livello globale non si fosse realizzato la diminuzione dell'intensità energetica sperimentata tra il 1980 e il 2008, avremmo dovuto utilizzare ben 4 miliardi di tonnellate di petrolio equivalente in più ovvero un terzo in più dell'energia effettivamente consumata. È evidente che puntare sull'efficienza è fondamentale ed è una scelta di buon senso della quale non ci dovremo mai pentire».
Chi vorrebbe fare dell'Italia un hub europeo del gas, chi vuole evitare tale prospettiva e puntare esclusivamente sulle rinnovabili: in entrambi i casi l'Europa ed i Paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo rimangono l'orizzonte più esteso a cui guardare per orientarsi. Vede realistica la realizzazione a breve termine di un effettivo Piano energetico europeo che porti con sé infrastrutture comuni - dalle hyper grid per le rinnovabili ad accordi comuni per l'approvvigionamento gasiero - che unisca i Paesi all'insegna dell'interesse comune?
«Innanzitutto come già accennato non esiste una soluzione ottimale al problema energetico che comprenda una sola fonte, è piuttosto importante che tutte le possibilità siano sfruttate per massimizzare il risultato. Per quanto riguarda poi l'auspicio di realizzare un mercato comune europeo si tratta di una prospettiva che richiede uno sforzo considerevole non solo in termini di infrastrutture da realizzare e di mercati da correlare ma soprattutto di volontà politica. L'Unione europea si è plasmata storicamente sulla necessità di creare un fronte comune contro le insidie esterne che una volta erano di tipo militare ed oggi si configurano come ostacoli di tipo politico legati alle necessità di approvvigionamento sempre crescente di energia.
Va in questa direzione la recente proposta di legge approvata dalla Commissione Industria, Ricerca ed Energia (ITRE) del Parlamento europeo, per la cooperazione nel settore della politica energetica con partner al di là delle frontiere comunitarie, finalizzata a creare una strategia comune per un approvvigionamento sicuro, sostenibile e competitivo. La proposta punta da un lato al coordinamento tra le politiche degli Stati membri, in modo che la UE possa esprimere una posizione negoziale unitaria e forte verso i paesi fornitori e dall'altro alla creazione di nuovi corridoi di trasporto per una reale concorrenza tra le fonti di approvvigionamento di gas e ad aumentare la quota di GNL per raggiungere nuovi fornitori».
2. continua