[28/05/2012] News

Materie prime e riciclo: almeno per la Commissione Ue, il dado della sostenibilità è tratto

Piaccia o non piaccia, è sempre dalla Commissione Ue che arrivano le notizie più confortanti in chiave sostenibilità almeno sul piano delle intenzioni. L'evoluzione della strategia per le materie prime fondamentali per l'Unione Europa greenreport l'ha seguita e ne ha dato notizia fin quasi dagli albori. Domani a Bruxelles un nuovo passaggio, con la presentazione da parte del vicepresidente della Commissione Ue Antonio Tajani (Nella foto) del piano "Mission Growth. Europe at the Lead of the New Industrial Revolution" (leggi altro pezzo di greenreport di oggi). Missione dunque "crescita" con l'Europa alla guida della nuova rivoluzione industriale. E quale sarebbe l'anima della rivoluzione? «Un uso più efficiente e sostenibile delle nostre risorse. Più in generale, la nostra economia nel suo complesso sta vivendo grandi trasformazioni, con nuove tecniche di produzione basate su tecnologie digitali, materiali avanzati, tecnologie abilitanti fondamentali, spazio, robotica, energia rinnovabile, riciclo e riutilizzo di materie prime». Lasciando da parte la discussione sulla crescita - che per molti non può mai far rima con sostenibilità - dal nostro punto di vista qui almeno si cerca di indicare cosa deve crescere. E non ci pare poco visto che siamo nel pieno di un orizzonte di economia ecologica con una sorta di piano industriale - anche se ancora abbozzato - dove sono tante le cose discutibili ma moltissime quelle apprezzabili.

«Ogni anno - dirà Tajani secondo il Sole24Ore di fronte alla platea della conferenza dedicata alla "Missione crescita" a cui parteciperà anche il neo Presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi - la Ue spende circa 310 miliardi, pari al 2,5% del suo Pil, per importare oltre il 75% del gas e l'85% del petrolio che consumiamo. Ridurre la bolletta anche solo di un terzo porterebbe a un risparmio di circa 100 miliardi e consentirebbe di reperire risorse per investire in un'industria più competitiva, efficiente e sostenibile».

Tajani poi ne dice un'altra interessante: «non basteranno il rigore o le riforme strutturali a costo zero. Serviranno investimenti. È questa la via per risanare i conti. Altrimenti la recessione rischia di diventare - almeno in alcuni Paesi - ancora più dura». Ecco, questo è l'altro punto. Per sviluppare un'economia ecologica o sostenibile o più sostenibile che dir si voglia, non basta un richiamo all'austerità, che pure è comprensibile e auspicabile, non basta tantomeno invocare la decrescita o cullarsi su fantasiose negazioni del secondo principio della termodinamica in un mondo che sta divorando materie prime...Serve investire, serve ricerca, serve cooperazione, serve un piano industriale e servono anche tecnici preparati quindi formazione. Serve guardare alla green economy senza lo "strabismo energetico" bensì comprendendone la trasversalità del suo range e applicandola ai flussi di energia e ai flussi di materia. Queste due, oltre alla biodiversità, sono le gambe della sostenibilità. Che poi diventa sociale per le ricadute economiche della sua più o meno efficienza, dentro un mondo sempre più scarso di materie prime e sempre più densamente abitato. La Commissione Europea, pur non affondando ancora la lama sull'altro grande guaio che è la finanziarizzazione esasperata dell'economia,  almeno su questo piano sta un passo avanti a molti, soprattutto alla politica. Cerchiamo almeno di colmare questo gap.

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