[28/05/2012] News

Il Mali in frantumi: tuareg ed integralisti dichiarano lo “Stato islamico” dell’Azawad

Russi e occidentali temono che l’integralismo islamico si appropri di oro, gas e petrolio

Mentre la capitale del Mali Bamako continua a sprofondare nella confusione politica e nel disordine di quello che sembra destinato a diventare un nuovo Stato fantasma nel Sahel, i gruppi armati che - dopo il colpo di Stato  militare del 22 marzo - hanno conquistato con le armi il controllo della metà nord-orientale del Paese, più ricca di risorse minerarie, hanno proclamato lo "Stato islamico dell'Azawad". E pensare che subito dopo la "liberazione" dell'Azawad i ribelli tuareg del Mouvement national pour la libération de l'Azawad (Mnla), costituto soprattutto mercenari di Gheddafi rientrati dalla Libia carichi di armi, giurarono di non aver niente a che fare con l'integralismo islamico e di volere uno Stato democratico e laico. 

Dopo due mesi hanno invece sottoscritto a Gao un "accord de raison" con gli islamisti di Ansar Dine di Iyad Ag Ghali che prevede un Consiglio transitorio dello Stato islamico dell'Azawad con un accordo  per dividersi la gestione delle zone "liberate" che si basa sull'applicazione della legge islamica  e l'utilizzo del  Corano come «Fonte del diritto». I tuareg del Mnla hanno quindi scelto di allearsi con Ansar Dine per contrastare sia i gruppi legati ad Al Qaeda nel Maghreb Islamico, che puntano ad un califfato islamico che ignora le divisioni etniche. 

Il nuovo "Stato islamico" nel cuore del Sahel sanziona lo smembramento del Mali, ridotto ormai ad un terzo del suo territorio, e il traballante e screditato governo di transizione maliano non sembra in grado di far niente per impedire la secessione tuareg diventata improvvisamente islamista. Le tre regioni di Tibouctou, Gao e Kidal che formano l'Azawad hanno una popolazione di oltre un milione e 300mila abitanti (il 9% della popolazione del Mali) ma comprendono le più grosse riserve aurifere del Paese e una bella fetta del bacino petrolifero e gasiero di Tqoudeni, che si estende anche in Algeria e Mauritania e dove sono in corso ingenti  investimenti e prospezioni intense. Un nuovo Eldorado del gas che dovrebbe essere trasportato in Europa attraverso l'Algeria. Invece la federazione tra Mnla e gruppi integralisti islamici nello "Stato dell''Azawad" segna probabilmente un divorzio definitivo con Bamako, e la presenza di queste ambite risorse rischia di trasformarsi nell'ennesimo sanguinoso conflitto africano, il tutto mentre la gente dimenticata del Sahel muore letteralmente di fame e siccità.

Il rischio è che ora la Communauté économique des Etats de l'Afrique de l'Ouest (Cedao) si senta obbligata ad intervenire militarmente (e sia spinta a farlo dalla Francia e dagli altri Paesi occidentali) per puntellare il vacillante governo che ha installato a Bamako. La cosa non sembra affatto spaventare il Mnla ed Ansar Dine che sembrano alzano invece il tiro proclamando uno Stato islamico e dicendo di voler impadronirsi delle risorse negate ai tuareg ed alle altre etnie dell'Azawad.

Il  governo maliano, attraverso il ministro delle Comunicazioni Hammadoun Touré, ha annunciato: «Respingiamo la dichiarazione di fusione tra il Mnla ed Ançar Dine di Iyad Ag Ghali, perché è contraria al carattere unitario ed indivisibile del nostro Paese ed al carattere del Mali». I due movimenti armati rispondono che la loro fusione «Punta ad avere la parola intorno al tavolo dei negoziati con le autorità maliane e la comunità internazionale». E il portavoce del  governo ribatte: «Tutto può essere oggetto di discussioni e di negoziati, salvo il carattere unitario ed indivisibile del nostro Paese ed il carattere laico della Repubblica del Mali, conformemente alla nostra costituzione. Il Mali non negozierà con il coltello alla gola».

Sulla questione interviene anche un Paese che di secessionismo islamico se ne intende e che continua a farci i conti in Cecenia e in buona parte del Caucaso: la Russia. Mikail Marguelov, rappresentante speciale del presidente Vladimir Putin per la cooperazione con i Paesi africani, ha detto che «La proclamazione dello Stato islamico dell'Azawad nel nord del Mali rischia di destabilizzare l'insieme della regione. La proclamazione di un nuovo Stato presenta una seria minaccia non solo per l'integrità territoriale del Mali ma anche per quella del Niger e della Mauritania».

I russi vedono concretizzarsi l'incubo che condividono con gli occidentali e i governi arabi e del Sahel: la saldatura tra irredentismo tuareg e radicalismo islamico con la creazione di uno o più stati islamici nel cuore petrolifero ed uranifero dell'Africa, con un effetto a catena che destabilizzerebbe il continente dalla Nigeria fino alle rive del Mediterraneo e metterebbe materie prime importantissime nelle mani del radicalismo islamico che proprio in Mali sta dimostrando di essere politicamente egemone anche tra gli irredentisti tuareg. 

«Il radicalismo guadagna terreno - dichiara sconsolato a Ria Novosti  Marguelov  - e la comunità internazionale può già osservare la nascita di  un "arco verde", Paesi governati da regimi islamisti, che va dal Maghreb al Corno d'Africa. La situazione che si è creata nel nord del Mali rischia di ostacolare le prospettive di modernizzazione nella regione e di provocare così la sua "arcaizzazione"».

Mosca si prende anche una piccola e forse amara rivincita politica, dato che aveva avvertito la Nato e l'Onu che un intervento in Libia ed il conseguente crollo del regime di Gheddafi avrebbero avuto ricadute inaspettate sull'intera regione Saharo-Saheliana, e che avrebbe destabilizzato Stati già fragili come Mali, Niger e Mauritania, che con il dittatore libico avevano rapporti solidi quasi quanto con l'ex potenza coloniale francese e certamente più amichevoli e paritari.

Infatti il diplomatico russo è convinto che «I recenti avvenimenti in Mali costituiscono la conseguenza diretta della "Primavera araba" e soprattutto della guerra civile libica. Il rovesciamento del regime di Mouammar Geddafi ha avviato un'ondata di destabilizzazione nell'insieme dell'Africa del nord». Insomma, Russi ed occidentali cominciano già ad aver nostalgia della banda di dittatori e presidenti corrotti che governavano il Sahel dividendosi armi e bustarelle provenienti dal sacco delle risorse minerarie del Sahel, mentre i loro popoli non morivano di inedia solo grazie agli aiuti di una carità troppo spesso pelosa e dimentica delle vere ragioni della ribellione e dell'accecamento integralista, frutto della disperazione e del disincanto per la falsa democrazia predatoria. 

 

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